Ottobre, mese del Santo Rosario...

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miriam bolfissimo
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Ottobre, mese del Santo Rosario...

Messaggio da miriam bolfissimo » ven set 30, 2011 9:51 am

ImmagineSabato, 1 ottobre 2011


  • Presenza di Maria all'origine della Chiesa
1. Dopo essermi soffermato nelle precedenti catechesi ad approfondire l'identità e la missione della Chiesa, avverto ora il bisogno di volgere lo sguardo verso la Beata Vergine, Colei che ne ha perfettamente realizzato la santità e ne costituisce il modello.

È quanto hanno fatto gli stessi Padri del Concilio Vaticano II: dopo aver esposto la dottrina sulla realtà storico-salvifica del Popolo di Dio, hanno voluto completarla con l'illustrazione del ruolo di Maria nell'opera della salvezza. Il capitolo VIII della Costituzione conciliare Lumen gentium, infatti, ha lo scopo non solo di sottolineare la valenza ecclesiologica della dottrina mariana, ma di mettere altresì in luce il contributo che la figura della Beata Vergine offre alla comprensione del mistero della Chiesa.

2. Prima di esporre l'itinerario mariano del Concilio, desidero rivolgere uno sguardo contemplativo a Maria, così come, all'origine della Chiesa, è descritta negli Atti degli Apostoli. Luca, all'inizio di questo scritto neotestamentario che presenta la vita della prima comunità cristiana, dopo aver ricordato singolarmente i nomi degli Apostoli (At 1,13), afferma: «Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui» (At 1,14). In questo quadro spicca la persona di Maria, la sola che viene ricordata con il proprio nome, oltre agli Apostoli: ella rappresenta un volto della Chiesa diverso e complementare rispetto a quello ministeriale o gerarchico.

3. La frase di Luca, infatti, riferisce la presenza, nel cenacolo, di alcune donne, manifestando così l'importanza del contributo femminile alla vita della Chiesa, sin dai primordi. Questa presenza viene messa in rapporto stretto con la perseveranza della comunità nella preghiera e con la concordia. Questi tratti esprimono perfettamente due aspetti fondamentali del contributo specifico delle donne alla vita ecclesiale. Più propensi all'attività esterna, gli uomini hanno bisogno dell'aiuto delle donne per essere riportati alle relazioni personali e per progredire verso l'unione dei cuori.

«Benedetta fra le donne» (Lc 1,42), Maria assolve in modo eminente questa missione femminile. Chi, meglio di Maria, favorisce in tutti i credenti la perseveranza nella preghiera? Chi promuove, meglio di lei, la concordia e l'amore?

Riconoscendo la missione pastorale affidata da Gesù agli Undici, le donne del cenacolo, con Maria in mezzo a loro, si uniscono alla loro preghiera e testimoniano, nello stesso tempo, la presenza nella Chiesa di persone che, pur non avendo ricevuto quella missione, sono ugualmente membri, a pieno titolo, della comunità radunata nella fede in Cristo.

4. La presenza di Maria nella comunità, che attende in preghiera l'effusione dello Spirito (cf At 1,14), evoca la parte da lei avuta nell'incarnazione del Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo (cf Lc 1,35). Il ruolo della Vergine in quella fase iniziale e il ruolo che essa svolge ora, nella manifestazione della Chiesa a Pentecoste, sono strettamente collegati.

La presenza di Maria nei primi momenti di vita della Chiesa è posta in singolare evidenza dal confronto con la partecipazione assai discreta che Ella ha avuto precedentemente, durante la vita pubblica di Gesù. Quando il Figlio inizia la sua missione, Maria resta a Nazaret, anche se tale separazione non esclude contatti significativi, come a Cana, e, soprattutto, non le impedisce di partecipare al sacrificio del Calvario.

Nella prima comunità, invece, il ruolo di Maria assume notevole rilevanza. Dopo l'Ascensione ed in attesa della Pentecoste, la Madre di Gesù è presente personalmente ai primi passi dell'opera avviata dal Figlio.

5. Gli Atti degli Apostoli sottolineano che Maria si trovava nel Cenacolo «con i fratelli di Gesù» (At 1,14), cioè con i suoi parenti, come ha sempre interpretato la tradizione ecclesiale: non si tratta tanto di un raduno di famiglia, quanto del fatto che, sotto la guida di Maria, la famiglia naturale di Gesù è venuta a far parte della famiglia spirituale del Cristo: «Chi compie la volontà di Dio, - aveva detto Gesù - costui è mio fratello, sorella e madre» (Mc 3,34).

Nella medesima circostanza Luca qualifica esplicitamente Maria come «la Madre di Gesù» (At 1,14), quasi a voler suggerire che qualcosa della presenza del Figlio asceso al cielo rimane nella presenza della madre. Ella ricorda ai discepoli il volto di Gesù ed è, con la sua presenza in mezzo alla Comunità, il segno della fedeltà della Chiesa a Cristo Signore.

Il titolo di «Madre», in questo contesto, annuncia l'atteggiamento di premurosa vicinanza con cui la Vergine seguirà la vita della Chiesa. Ad essa Maria aprirà il suo cuore per manifestare le meraviglie operate in lei da Dio onnipotente e misericordioso.

Sin dall'inizio Maria esercita il suo ruolo di «Madre della Chiesa»: la sua azione favorisce l'intesa fra gli Apostoli, che Luca presenta «concordi» e molto lontani dalle dispute che talvolta erano sorte tra loro.

Maria esercita, infine, la sua maternità verso la comunità dei credenti, non solo pregando per ottenere alla Chiesa i doni dello Spirito Santo, necessari per la sua formazione ed il suo futuro, ma educando, altresì, i discepoli del Signore alla costante comunione con Dio.

Ella si rende così educatrice del popolo cristiano alla preghiera, all'incontro con Dio, elemento centrale e indispensabile perché l'opera dei Pastori e dei fedeli abbia sempre nel Signore il suo inizio e la sua motivazione profonda.

6. Da queste brevi considerazioni emerge chiaramente come il rapporto tra Maria e la Chiesa costituisca un confronto affascinante tra due madri. Esso ci rivela chiaramente la missione materna di Maria e impegna la Chiesa a cercare sempre la sua vera identità nella contemplazione del volto della Theotokos.
  • Giovanni Paolo II, mercoledì 6 settembre 1995

      • ImmagineAve o Maria, piena di grazia:
        il Signore è con Te!

        • Tu sei benedetta fra tutte le donne
          e benedetto è il Figlio Tuo Gesù!


        Santa Maria, Madre di Dio:
        prega per noi, peccatori...
        adesso, e nell’ora della nostra morte. Amen.
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      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Grazia Cuffari
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Messaggio da Grazia Cuffari » ven set 30, 2011 11:23 am

La Madonna , Madre di Dio e Madre nostra, ci aiuti ad iniziare il mese dedicato alla nostra Madre celeste, come sempre, con fede e amore nel Signore, con preghiere vivificate dalla nostra semplice e costante testimonianza di vita quotidiana, aperta al bene del nostro prossimo, ovunque siamo, ovunque ci troviamo.

Immagine

A Maria, Madre nostra dolcissima

Mia dolcissima Maria, Madre del mio Gesù,
Regina dell' Amore, della Pace e di Misericordia,
Tu, sempre attenta ai bisogni di tutta l'Umanità,
che soffre e si dimena e che, per vie traverse,
cerca affannosamente la strada che conduce
al Tuo Divin Figlio Gesù, al Figlio accettato da Te,
per Amore di noi uomini che vaghiamo nel buio,
nella tiepidezza e nell'inerzia a volte totale,
che sempre più ci allontana da Dio Verità e Vita,
dalla Via che ci conduce a quel Bene, desiderato
da tempo e mai posseduto, aiutaci, Madre di Dio!

Sì, aiutaci a capire i tuoi messaggi, dolcissima
Madre Maria e Corredentrice Madre nostra,
aiutaci a incarnare i tuoi messaggi d'Amore
che vogliono istradarci in questa via che tutti
affannosamente cerchiamo e, che, presi da mille
affanni, da false luci che accecano, occhi,mente,
cuore e, immobilizzano la volontà, mai troviamo.
Aiutaci a testimonare L'Amore di Dio nel mondo,
lo stesso Amore che Tu hai sentito nel profondo,
fin dal momento del Tuo divin concepimento.

Aiutaci a mettere in pratica nel nostro quotidiano
i tuoi messaggi. per seguire il tuo Figliolo Gesù,
che per noi s'è immolato sulla Croce e, da Risorto,
vive accanto a noi, per amarci ed esortarci a vivere
come Lui ha vissuto, a nutrirci della sua Carne,
per essere forti come Lui, e ad accettare la vita
con serenità e confidando nella Sua Volontà.
Come hai fatto Tu dolcissima Mamma Maria
e continui a fare in questo nostro agitato mondo.

Fa o Maria che i tuoi messaggi di Madre d' Amore,
che ispirano fiducia e speranza in Dio Salvatore,
siano, non solo ascoltati a parole, ma vivificati,
nel nostro cuore e nella nostra vita, dal tuo stesso,
medesimo Amore, per renderci credibili, Signore !
In questo mese di ottobre dedicato a Te o Maria,
fa che la recita del santo rosario di ogni sera
diventi la nostra preghiera del cuore e produca
numerosi e benefici effetti nella vigna del Signore.
Dio mi ama e ama tutti nel presente e nell'eternità

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Stefania De Rienzo
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Messaggio da Stefania De Rienzo » ven set 30, 2011 6:33 pm

AVE MARIA ALLA MADONNA DI ANGUERA

Ave, o Maria,
piena di grazia:
il Signore è con Te!

Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del Tuo seno, Gesù.

Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori:
adesso e nell’ora della nostra morte.
Amen
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Ed anche in verità vi dico: Se due di voi sulla terra s’accordano a domandare una cosa qualsiasi, quella sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Poiché dovunque due o tre son radunati nel nome mio, quivi son io in mezzo a loro. - Matteo 18:19,20

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miriam bolfissimo
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Messaggio da miriam bolfissimo » sab ott 01, 2011 8:22 am

ImmagineDomenica, 2 ottobre 2011


  • Il ruolo materno di Maria nei primi secoli
1. Nella Costituzione Lumen Gentium il Concilio afferma che "i fedeli che aderiscono a Cristo capo e sono in comunione con tutti i suoi santi, devono pure venerare la memoria "innanzitutto della gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del Dio e Signore nostro Gesù Cristo"" (n. 52). La Costituzione conciliare utilizza i termini del Canone Romano della Messa, sottolineando così come la fede nella divina maternità di Maria sia presente nel pensiero cristiano sin dai primi secoli. Nella Chiesa nascente Maria è ricordata col titolo di "Madre di Gesù". E lo stesso Luca a tributarle negli Atti degli Apostoli questa qualifica, che corrisponde, del resto, a quanto è detto nei Vangeli: "Non è costui... il figlio di Maria?", si chiedono gli abitanti di Nazareth, secondo il racconto dell’evangelista Marco (6,3); "Sua madre non si chiama Maria", è la domanda registrata da Matteo (13,55).

2. Agli occhi dei discepoli, radunati dopo l’Ascensione, il titolo di "Madre di Gesù" assume tutto il suo significato. Maria è per loro una persona unica nel suo genere: ha ricevuto la grazia singolare di generare il Salvatore dell’umanità, è vissuta per lungo tempo accanto a lui e sul Calvario è stata chiamata dal Crocifisso ad esercitare una "nuova maternità", nei confronti del discepolo prediletto e, attraverso lui, di tutta la Chiesa. Per coloro che credono in Gesù e lo seguono, "Madre di Gesù" è un titolo di onore e di venerazione, che rimarrà tale per sempre nella vita e nella fede della Chiesa. In modo particolare, con questo titolo i cristiani intendono affermare che non ci si può riferire all’origine di Gesù, senza riconoscere il ruolo della donna che lo ha generato nello Spirito secondo la natura umana. La sua funzione materna interessa anche la nascita e lo sviluppo della Chiesa. Ricordando il posto di Maria nella vita di Gesù, i fedeli ne scoprono ogni giorno l’efficace presenza anche nel proprio itinerario spirituale.

3. Sin dall’inizio, la Chiesa ha riconosciuto a Maria la maternità verginale. Come fanno intuire i Vangeli dell’infanzia, le stesse prime comunità cristiane hanno raccolto i ricordi di Maria sulle circostanze misteriose del concepimento e della nascita del Salvatore. In particolare, il racconto dell’Annunciazione risponde al desiderio dei discepoli di conoscere in modo più approfondito gli avvenimenti legati agli inizi della vita terrena del Cristo risorto. Maria è, in ultima analisi, all’origine della rivelazione circa il mistero del concepimento verginale ad opera dello Spirito Santo. Tale verità, mostrando l’origine divina di Gesù, dai primi cristiani è stata subito colta nella sua significativa rilevanza ed annoverata tra le affermazioni cardine della loro fede. Figlio di Giuseppe secondo la legge, in realtà Gesù, per un intervento straordinario dello Spirito Santo, nella sua umanità è unicamente figlio di Maria, essendo nato senza intervento di uomo. La verginità di Maria, assume così un valore singolare, gettando nuova luce sulla nascita e sul mistero della filiazione di Gesù, essendo la generazione verginale il segno che Gesù ha come Padre Dio stesso. Riconosciuta e proclamata dalla fede dei Padri, la maternità verginale non potrà mai più essere separata dall’identità di Gesù, vero uomo e vero Dio, in quanto nato da Maria Vergine, come professiamo nel Simbolo Niceno-costantinopolitano. Maria è la sola Vergine che sia anche Madre. La compresenza straordinaria di questi due doni nella persona della fanciulla di Nazareth ha portato i cristiani a chiamare Maria semplicemente "la Vergine", anche quando celebrano la sua maternità. La verginità di Maria inaugura così nella comunità cristiana la diffusione della vita verginale, abbracciata da quanti ad essa sono chiamati dal Signore. Tale speciale vocazione, che raggiunge il suo vertice nell’esempio di Cristo, costituisce per la Chiesa di tutti i tempi, che trova in Maria l’ispirazione e il modello, una ricchezza spirituale incommensurabile.

4. L’asserzione: "Gesù è nato da Maria Vergine" implica già la presenza in questo evento di un mistero trascendente, che soltanto nella verità della figliolanza divina di Gesù può trovare la sua espressione più completa. A tale formulazione centrale della fede cristiana è strettamente legata la verità della maternità divina di Maria: ella infatti è Madre del Verbo incarnato, il quale è "Dio da Dio... Dio vero da Dio vero". Il titolo di Madre di Dio, già testimoniato da Matteo nella formula equivalente di Madre dell’Emmanuele, Dio con noi (cfr. Mt 1,23), è stato attribuito esplicitamente a Maria solo dopo una riflessione che ha abbracciato circa due secoli. Sono i cristiani del terzo secolo che, in Egitto, iniziano ad invocare Maria come "Theotokos", Madre di Dio. Con questo titolo, che trova ampia eco nella devozione del popolo cristiano, Maria appare nella vera dimensione della sua maternità: è Madre del Figlio di Dio, che ha generato verginalmente secondo la natura umana e con il suo amore materno ha educato, contribuendo alla crescita umana della persona divina, venuta a trasformare il destino dell’umanità.

5. In maniera quanto mai significativa, la più antica preghiera a Maria ("Sub tuum praesidium..." "Sotto la tua protezione...") contiene l’invocazione: "Theotokos, Madre di Dio". Questo titolo non proviene anzitutto da una riflessione dei teologi, ma da un’intuizione di fede del popolo cristiano. Coloro che riconoscono Gesù come Dio si rivolgono a Maria come Madre di Dio e sperano di ottenere il suo potente soccorso nelle prove della vita. Il Concilio di Efeso, nell’anno 431, definisce il dogma della divina maternità, attribuendo ufficialmente a Maria il titolo di "Theotokos", in riferimento all’unica persona di Cristo, vero Dio e vero Uomo. Le tre espressioni con le quali la Chiesa ha illustrato lungo i secoli la sua fede nella maternità di Maria: "Madre di Gesù", "Madre verginale" e "Madre di Dio", manifestano dunque che la maternità di Maria appartiene intimamente al mistero dell’Incarnazione. Sono affermazioni dottrinali, connesse pure alla pietà popolare, che contribuiscono a definire l’identità stessa di Cristo.
  • Giovanni Paolo II, mercoledì 13 settembre 1995

      • ImmagineAve o Maria, piena di grazia:
        il Signore è con Te!

        • Tu sei benedetta fra tutte le donne
          e benedetto è il Figlio Tuo Gesù!


        Santa Maria, Madre di Dio:
        prega per noi, peccatori...
        adesso, e nell’ora della nostra morte. Amen.
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Salve Regina

Messaggio da Grazia Cuffari » dom ott 02, 2011 5:14 pm



Salve Regina

"Salve, Regina, madre di misericordia;
vita, dolcezza e speranza nostra, salve.
A Te ricorriamo, esuli figli di Eva;
a Te sospiriamo, gementi e piangenti
in questa valle di lacrime.
Orsù dunque, avvocata nostra,
rivolgi a noi gli occhi
tuoi misericordiosi.
E mostraci, dopo questo esilio, Gesù,
il frutto benedetto del tuo Seno
O clemente, o pia,
o dolce Vergine Maria!"
Dio mi ama e ama tutti nel presente e nell'eternità

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ott 03, 2011 8:30 am

ImmagineLunedì, 3 ottobre 2011


  • Il ruolo della Madre del Redentore
1. Dicendo che «Maria Vergine è riconosciuta e onorata come vera Madre di Dio, Madre del Redentore», il Concilio attira l'attenzione sul legame esistente tra la maternità di Maria e la redenzione. Dopo aver preso coscienza del ruolo materno di Maria, venerata nella dottrina e nel culto dei primi secoli quale Madre verginale di Gesù Cristo e quindi Madre di Dio, nel Medioevo la pietà e la riflessione teologica della Chiesa approfondiscono la sua collaborazione all'opera del Salvatore. Questo ritardo si spiega con il. fatto che lo sforzo dei Padri della Chiesa e dei primi Concili ecumenici, incentrato com'era sul mistero dell'identità di Cristo, lasciò necessariamente nell'ombra altri aspetti del dogma. Sarà solo progressivamente che la verità rivelata potrà essere esplicitata in tutta la sua ricchezza. Nel corso dei secoli la Mariologia si orienterà sempre in funzione della Cristologia. La stessa divina maternità di Maria viene proclamata nel Concilio di Efeso soprattutto per affermare l'unità personale di Cristo. Analogamente avviene per l'approfondimento della presenza di Maria nella storia della salvezza.

2. Alla fine del secondo secolo sant'Ireneo, discepolo di Policarpo, pone già in evidenza il contributo di Maria all'opera della salvezza. Egli ha compreso il valore del consenso di Maria al momento dell'Annunciazione, riconoscendo nell'obbedienza e nella fede della Vergine di Nazaret al messaggio dell'angelo l'antitesi perfetta della disobbedienza e dell'incredulità di Eva, con effetto benefico sul destino dell'umanità. Infatti, come Eva ha causato la morte, così Maria, col suo «sì», è divenuta «causa di salvezza» per se stessa e per tutti gli uomini. Ma si tratta di un'affermazione non sviluppata in modo organico e abituale dagli altri Padri della Chiesa. Tale dottrina, invece, viene sistematicamente elaborata per la prima volta, alla fine dei decimo secolo, nella «Vita di Maria» di un monaco bizantino, Giovanni il Geometra. Maria è qui unita a Cristo in tutta l'opera redentrice partecipando, secondo il piano divino, alla Croce e soffrendo per la nostra salvezza. Ella è rimasta unita al Figlio «in ogni azione, atteggiamento e volontà». L'associazione di Maria all'opera salvifica di Gesù avviene mediante il suo amore di Madre, un amore animato dalla grazia, che le conferisce una forza superiore: la più esente da passione si mostra la più compassionevole.

3. In Occidente san Bernardo, morto nel 1153, rivolgendosi a Maria, così commenta la presentazione di Gesù al tempio: «Offri tuo Figlio, sacrosanta Vergine, e presenta al Signore il frutto del tuo seno. Per la nostra riconciliazione con tutti offri l'ostia santa, gradita a Dio». Un discepolo ed amico di san Bemardo, Amaldo di Chartres, mette in luce in particolare l'offerta di Maria nel sacrificio del Calvario. Egli distingue nella Croce «due altari: uno nel cuore di Maria, l'altro nel corpo di Cristo. Il Cristo immolava la sua carne, Maria la sua anima». Maria s'immola spiritualmente in profonda comunione con Cristo e supplica per la salvezza del mondo: «Quello che la madre chiede il Figlio lo approva, il Padre lo dona». Da questa epoca in poi altri autori espongono la dottrina della speciale cooperazione di Maria al sacrificio redentore.

4. Contemporaneamente, nel culto e nella pietà cristiana, si sviluppa lo sguardo contemplativo sulla «compassione» di Maria, significativamente rappresentata nelle immagini della Pietà. La partecipazione di Maria al dramma della Croce rende questo evento più profondamente umano ed aiuta i fedeli ad entrare nel mistero: la compassione della Madre fa scoprire meglio la Passione del Figlio. Con la partecipazione all'opera redentrice di Cristo, viene anche riconosciuta la maternità spirituale ed universale di Maria. In Oriente, Giovanni il Geometra dice di Maria: «Tu sei nostra madre». Rendendo grazie a Maria «per le pene e le sofferenze sopportate per noi», egli ne mette in luce l'affetto materno e la qualità di madre nei confronti di tutti coloro che ricevono la salvezza. Anche in Occidente la dottrina della maternità spirituale si sviluppa con sant'Anselmo, che afferma: «Tu sei la madre... della riconciliazione e dei riconciliati, la madre della salvezza e dei salvati». Maria non cessa di essere venerata come Madre di Dio, ma il fatto di essere nostra Madre conferisce alla sua maternità divina un nuovo volto ed apre a noi la via per una più intima comunione con lei.

5. La maternità di Maria nei nostri confronti non consiste soltanto in un legarne affettivo: per i suoi meriti e la sua intercessione ella contribuisce efficacemente alla nostra nascita spirituale e allo sviluppo della vita della grazia in noi. Per questo motivo Maria viene chiamata «Madre della grazia», «Madre della vita». Il titolo «Madre della vita», usato già da Gregorio Nisseno, è stato spiegato così da Guerrico d'Igny, morto nel 1157: «Ella è la Madre della Vita, di cui vivono tutti gli uomini: generando da se stessa questa vita, in un certo modo ha rigenerato tutti quelli che l'avrebbero vissuta. Uno solo fu generato, ma noi tutti fummo rigenerati». Un testo del tredicesimo secolo, il «Mariale», usando un'immagine ardita, attribuisce questa rigenerazione al «parto doloroso» del Calvario, con il quale «è diventata madre spirituale di tutto il genere umano»; infatti «nelle sue caste viscere ella concepì, per compassione, i figli della Chiesa».

6. Il Concilio Vaticano II, dopo aver affermato che Maria «cooperò in modo tutto speciale all'opera del Salvatore...», così conclude: «Per questo diventò per noi Madre nell'ordine della grazia», confermando, in tal modo, il sentire ecclesiale che vede Maria accanto al Figlio come Madre spirituale dell'intera umanità. Maria è nostra Madre: questa consolante verità, offertaci in modo sempre più chiaro e profondo dall'amore e dalla fede della Chiesa, ha sostenuto e sostiene la vita spirituale di noi tutti e ci incoraggia, anche nella sofferenza, alla fiducia ed alla speranza.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 25 ottobre 1995

      • ImmagineAve o Maria, piena di grazia:
        il Signore è con Te!

        • Tu sei benedetta fra tutte le donne
          e benedetto è il Figlio Tuo Gesù!


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        adesso, e nell’ora della nostra morte. Amen.
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar ott 04, 2011 8:12 am

ImmagineMartedì, 4 ottobre 2011


  • Maria nella Sacra Scrittura e nella riflessione teologica
1. Nelle precedenti catechesi abbiamo visto come la dottrina della maternità di Maria dalla prima formulazione, «la Madre di Gesù», sia poi passata a quella più completa ed esplicita di «Madre di Dio», fino all'affermazione del suo coinvolgimento materno nella redenzione dell'umanità. Anche per altri aspetti della dottrina mariana, sono stati necessari molti secoli per giungere alla definizione esplicita di verità rivelate riguardanti Maria. Casi tipici di questo cammino di fede per scoprire sempre più profondamente il ruolo di Maria nella storia della salvezza, sono i dogmi dell'Immacolata Concezione e dell'Assunzione, proclamati, com'è noto, da due miei venerati predecessori, rispettivamente dal Servo di Dio Pio IX nel 1854, e dal Servo di Dio Pio XII nel corso del Giubileo dell'anno 1950. La Mariologia è un campo di ricerca teologica particolare: in essa l'amore del popolo cristiano per Maria ha intuito non di rado con anticipo alcuni aspetti del mistero della Vergine, richiamando su di essi l'attenzione dei teologi e dei pastori.

2. Dobbiamo riconoscere che, a prima vista, i Vangeli offrono una scarsa informazione sulla persona e sulla vita di Maria. Avremmo certo desiderato al riguardo indicazioni più abbondanti, che ci avrebbero permesso di conoscere meglio la Madre di Gesù. Aspettativa, questa, che resta inappagata anche da parte degli altri scritti del Nuovo Testamento, dove manca uno sviluppo dottrinale esplicito su Maria. Le stesse lettere di san Paolo, che ci offrono un pensiero ricco su Cristo e sulla sua opera, si limitano a dire, in un passo molto significativo, che Dio ha mandato il suo Figlio, «nato da donna» (Gal 4,4). Ben poco viene riferito sulla famiglia di Maria. Se escludiamo i racconti dell'infanzia, nei Vangeli sinottici troviamo solo due affermazioni che gettano qualche luce su Maria: una a proposito del tentativo dei «fratelli» o parenti che avrebbero voluto ricondurre Gesù a Nazareth (cf. Mc 3,21; Mt 12,48); l'altra, in risposta all'esclamazione di una donna sulla beatitudine della Madre di Gesù (Lc 11,27). Tuttavia, Luca nel Vangelo dell'infanzia, con gli episodi dell'Annunciazione, della Visitazione, della nascita di Gesù, della presentazione del Bambino al tempio, e del suo ritrovamento tra i Dottori all'età di dodici anni, non solo fornisce alcuni importanti dati, ma presenta una sorta di «protomariologia» di fondamentale interesse. I suoi dati vengono completati indirettamente da Matteo nel racconto sull'annuncio a Giuseppe (Mt 1,18-25), ma solo in relazione al concepimento verginale di Gesù. Il Vangelo di Giovanni, inoltre, approfondisce il valore storico-salvifico del ruolo svolto dalla Madre di Gesù, quando registra la presenza di lei all'inizio ed alla fine della vita pubblica. Particolarmente significativo è l'intervento di Maria presso la Croce, dove riceve dal Figlio morente il compito di fare da madre del discepolo amato e, in lui, di tutti i cristiani (cf. Gv 2,1-12 e Gv 19,25-27). Gli Atti degli Apostoli, infine, ricordano espressamente la Madre di Gesù fra le donne della prima comunità, in attesa della Pentecoste (cf. At 1,14). Nulla sappiamo, invece, in assenza di altre testimonianze neotestamentarie e di sicure notizie provenienti da fonti storiche, della vita di Maria dopo l'evento pentecostale, né della data e delle circostanze della sua morte. Possiamo solamente supporre che abbia continuato ad abitare con l'Apostolo Giovanni e che sia stata molto vicina allo sviluppo della prima comunità cristiana.

3. La scarsità dei dati sulla vicenda terrena di Maria è compensata dalla loro qualità e ricchezza teologica, che l'esegesi attuale pone attentamente in rilievo. Del resto, dobbiamo ricordare che la prospettiva degli evangelisti è totalmente cristologica e intende interessarsi della Madre solo in relazione al lieto annuncio del Figlio. Come osserva già sant'Ambrogio, l'evangelista esponendo il mistero dell'Incarnazione «credette bene di non cercare ulteriori testimonianze sulla verginità di Maria, per non sembrare piuttosto il difensore della Vergine che il banditore del mistero». Possiamo riconoscere in questo fatto un'intenzione speciale dello Spirito Santo, il quale ha voluto suscitare nella Chiesa uno sforzo di ricerca che, conservando la centralità del mistero di Cristo, non si disperdesse sui particolari dell'esistenza di Maria, ma mirasse a scoprire soprattutto il suo ruolo nell'opera di salvezza, la sua santità personale e la sua missione materna nella vita cristiana.

4. Lo Spirito Santo guida lo sforzo della Chiesa, impegnandola ad assumere gli stessi atteggiamenti di Maria. Nel racconto della nascita di Gesù, Luca nota come sua madre serbasse tutte le cose «meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19), sforzandosi cioè di «mettere insieme» (symballousa) con uno sguardo p iù profondo, tutti gli eventi di cui era stata testimone privilegiata. Analogamente, anche il popolo di Dio è spinto dallo stesso Spirito a capire in profondità tutto ciò che è stato detto di Maria, per progredire nell'intelligenza della sua missione, intimamente legata al mistero di Cristo. Emerge, nello sviluppo della Mariologia, un ruolo particolare del popolo cristiano. Esso coopera, con l'affermazione e la testimonianza della sua fede, al progresso della dottrina mariana, che normalmente non è solo opera dei teologi, anche se il loro compito rimane indispensabile per l'approfondimento e la chiara esposizione del dato di fede e della stessa esperienza cristiana. La fede dei semplici è ammirata e lodata da Gesù, che vi riconosce una manifestazione meravigliosa della benevolenza del Padre (cf. Mt 11,25; Lc 10,21). Essa continua nel corso dei secoli a proclamare le meraviglie della storia della salvezza, nascoste ai sapienti. Questa fede, in armonia con la semplicità della Vergine, ha fatto progredire il riconoscimento della sua santità personale e del valore trascendente della sua maternità. Il mistero di Maria impegna ogni cristiano, in comunione con la Chiesa, a «meditare nel suo cuore» ciò che la rivelazione evangelica afferma della Madre di Cristo. Nella logica del Magnificat, ciascuno sperimenterà su di sé, al seguito di Maria, l'amore di Dio e scoprirà nelle meraviglie compiute dalla Santissima Trinità nella «Piena di grazia» un segno della tenerezza di Dio per l'uomo.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 8 novembre 1995

      • ImmagineAve o Maria, piena di grazia:
        il Signore è con Te!

        • Tu sei benedetta fra tutte le donne
          e benedetto è il Figlio Tuo Gesù!


        Santa Maria, Madre di Dio:
        prega per noi, peccatori...
        adesso, e nell’ora della nostra morte. Amen.
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Messaggio da miriam bolfissimo » mer ott 05, 2011 1:38 pm

ImmagineMercoledì, 5 ottobre 2011


  • Maria nell'esperienza spirituale della Chiesa
1. Dopo aver seguito nelle catechesi precedenti il consolidarsi della riflessione della Comunità cristiana sin dalle origini sulla figura e sul ruolo della Vergine nella storia della salvezza, ci soffermiamo oggi a meditare sull'esperienza mariana della Chiesa. Lo sviluppo della riflessione mariologica e del culto alla Vergine nel corso dei secoli ha contribuito a far apparire sempre meglio il volto mariano della Chiesa. Certamente, la Vergine Santissima è interamente riferita a Cristo, fondamento della fede e dell'esperienza ecclesiale, ed a lui conduce. Perciò obbedendo a Gesù, che ha riservato alla Madre un ruolo del tutto speciale nell'economia della salvezza, i cristiani hanno venerato, amato e pregato Maria in maniera particolarissima ed intensa. Essi le hanno attribuito una posizione di rilievo nella fede e nella pietà, riconoscendola via privilegiata verso Cristo, supremo Mediatore. La dimensione mariana della Chiesa costituisce così un elemento innegabile nell'esperienza del popolo cristiano. Essa si rivela in numerose manifestazioni della vita dei credenti, testimoniando il posto assunto da Maria nel loro cuore. Non si tratta di un sentimento superficiale, ma di un vincolo affettivo profondo e consapevole, radicato nella fede, che spinge i cristiani di ieri e di oggi a ricorrere abitualmente a Maria, per entrare in più intima comunione con Cristo.

2. Dopo la più antica preghiera, formulata in Egitto dalle comunità cristiane del III secolo per implorare dalla «Madre di Dio» protezione nel pericolo, si sono moltiplicate le invocazioni rivolte a Colei che i battezzati ritengono molto potente nella sua intercessione presso il Signore. Oggi, la preghiera più comune è l'Ave Maria, la cui prima parte è composta di parole tratte dal Vangelo (cf. Lc 1,28.42). I cristiani imparano a recitarla tra le mura domestiche, sin dai teneri anni, ricevendola come un dono prezioso da custodire per tutta la vita. Questa stessa preghiera, ripetuta decine di volte nel Rosario, aiuta molti fedeli ad entrare nella contemplazione orante dei misteri evangelici e a rimanere talvolta per molto tempo in contatto intimo con la Madre di Gesù. Sin dal Medio Evo, l'Ave Maria è la preghiera più comune di tutti i credenti, che chiedono alla Santa Madre del Signore di accompagnarli e di proteggerli nel cammino della quotidiana esistenza. Il popolo cristiano ha, inoltre, manifestato il suo amore a Maria moltiplicando le espressioni della sua devozione: inni, preghiere e composizioni poetiche, semplici o talora di grande pregio, pervase dal medesimo amore per Colei che dal Crocifisso è stata donata agli uomini come Madre. Tra queste talune, come l'inno «Akathistos» e la «Salve Regina», hanno profondamente contrassegnato la vita di fede del popolo credente. Alla pietà mariana fa poi riscontro una ricchissima produzione artistica in Oriente e in Occidente, che ha fatto apprezzare ad intere generazioni la bellezza spirituale di Maria. Pittori, scultori, musicisti e poeti hanno lasciato dei capolavori che, mettendo in luce i diversi aspetti della grandezza della Vergine, aiutano a meglio capire il senso ed il valore del suo alto contributo all'opera della redenzione. L'arte cristiana ha ravvisato in Maria la realizzazione di un'umanità nuova, rispondente al progetto di Dio e, perciò, un sublime segno di speranza per l'intera umanità.

3. Tale messaggio non poteva non essere colto dai cristiani chiamati ad una vocazione di speciale consacrazione. Infatti, negli ordini e nelle congregazioni religiose, negli istituti o associazioni di vita consacrata, Maria è particolarmente venerata. Numerosi istituti, soprattutto, ma non soltanto, femminili, portano nel loro titolo il nome di Maria. Al di là tuttavia delle manifestazioni esterne, la spiritualità delle famiglie religiose, nonché di molti movimenti ecclesiali, alcuni dei quali specificamente mariani, pone in luce un loro legame speciale con Maria, a garanzia di un carisma vissuto in autenticità e pienezza. Tale riferimento mariano nella vita di persone particolarmente favorite dallo Spirito Santo ha sviluppato anche la dimensione mistica, che mostra come il cristiano possa sperimentare nel più profondo del suo essere l'intervento di Maria. Il riferimento a Maria accomuna non solo i cristiani impegnati, ma anche i credenti della fede semplice e persino i «lontani» per i quali, spesso, esso costituisce forse l'unico legame con la vita ecclesiale. Segno di questo comune sentire del popolo cristiano verso la Madre del Signore sono i pellegrinaggi ai santuari mariani, che attirano, durante tutto l'arco dell'anno, numerose folle di fedeli. Alcuni di questi baluardi della pietà mariana sono molto conosciuti, come Lourdes, Fatima, Loreto, Pompei, Guadalupe, Czestochowa! Altri sono noti solo a livello nazionale o locale. In tutti la memoria di eventi legati al ricorso a Maria trasmette il messaggio della sua materna tenerezza, aprendo il cuore alla grazia divina. Questi luoghi di preghiera mariana sono testimonianza stupenda della misericordia di Dio, che arriva all'uomo per intercessione di Maria. Miracoli di guarigione corporale, di riscatto spirituale e di conversione, sono il segno evidente che Maria continua, con Cristo e nello Spirito, la sua opera di soccorritrice e di madre.

4. Spesso i santuari mariani diventano centri di evangelizzazione: infatti, anche nella Chiesa di oggi, come nella comunità in attesa della Pentecoste, la preghiera con Maria spinge molti cristiani all'apostolato ed al servizio dei fratelli. Desidero qui ricordare, in special modo, il grande influsso della pietà mariana sull'esercizio della carità e delle opere di misericordia. Incoraggiati dalla presenza di Maria, i credenti hanno spesso sentito il bisogno di dedicarsi ai poveri, ai diseredati, ai malati per essere per gli ultimi della terra il segno della materna protezione della Vergine, icona viva della misericordia del Padre. Da tutto ciò appare con evidenza come la dimensione mariana attraversi l'intera vita della Chiesa. L'annuncio della Parola, la liturgia, le varie espressioni caritative e cultuali trovano nel riferimento a Maria un'occasione di arricchimento e di rinnovamento. Il Popolo di Dio, sotto la guida dei suoi Pastori, è chiamato a discernere in questo fatto l'azione dello Spirito Santo, che ha spinto la fede cristiana sulla via della scoperta del volto di Maria. È lui che opera meraviglie nei luoghi di pietà mariana. È lui che, stimolando la conoscenza e l'amore per Maria, conduce i fedeli a porsi alla scuola della Vergine del Magnificat, per imparare a leggere i segni di Dio nella storia e ad acquisire la sapienza che rende ogni uomo e ogni donna costruttori di una nuova umanità.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 15 novembre 1995

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Messaggio da miriam bolfissimo » gio ott 06, 2011 9:17 am

ImmagineGiovedì, 6 ottobre 2011


  • Influsso di Maria nella vita della Chiesa
1. Dopo aver riflettuto sulla dimensione mariana della vita ecclesiale, ci accingiamo ora a mettere in luce l'immensa ricchezza spirituale che Maria comunica alla Chiesa con il suo esempio e la sua intercessione. Desideriamo innanzitutto fermarci a considerare brevemente alcuni aspetti significativi della personalità di Maria, che offrono a ciascun fedele indicazioni preziose per accogliere e realizzare pienamente la propria vocazione. Maria ci ha preceduto sulla via della fede: credendo al messaggio dell'angelo, ella accoglie per prima e in modo perfetto il mistero dell'Incarnazione. Il suo itinerario di credente inizia ancor prima dell'avvio della maternità divina e si sviluppa ed approfondisce durante tutta la sua esperienza terrena. La sua è una fede audace che nell'Annunciazione crede all'umanamente impossibile e a Cana spinge Gesù a compiere il primo miracolo provocando la manifestazione dei suoi poteri messianici (cf. Gv 2,1-5). Maria educa i cristiani a vivere la fede come cammino impegnativo e coinvolgente, che, in tutte le età e le situazioni della vita, richiede audacia e perseveranza costante.

2. Alla fede di Maria è legata la sua docilità alla volontà divina. Credendo alla Parola di Dio, ha potuto accoglierla pienamente nella sua esistenza e, mostrandosi disponibile al sovrano disegno divino, ha accettato tutto ciò che le era richiesto dall'Alto. La presenza della Vergine nella Chiesa incoraggia così i cristiani a mettersi ogni giorno in ascolto della Parola del Signore, per comprenderne nelle diverse vicende quotidiane A disegno di amore, cooperando fedelmente alla sua realizzazione.

3. Maria educa in tal modo la comunità dei credenti a guardare verso il futuro con pieno abbandono in Dio. Nell'esperienza personale della Vergine, la speranza si arricchisce di motivazioni sempre nuove. Sin dalla Annunciazione, Maria concentra nel Figlio di Dio incarnato nel suo seno verginale le attese dell'antico Israele. La sua speranza si rafforza nelle fasi successive della vita nascosta di Nazareth e del ministero pubblico di Gesù. La sua grande fede nella parola di Cristo, che aveva annunciato la sua risurrezione il terzo giorno, non l'ha fatta vacillare neppure di fronte al dramma della Croce: ella ha conservato la speranza nel compimento dell'opera messianica, attendendo senza tentennamenti, dopo le tenebre del Venerdì santo, il mattino della risurrezione. Nel suo faticoso incedere nella storia, tra il «già» della salvezza ricevuta e il «non ancora» della sua piena realizzazione, la comunità dei credenti sa di poter contare sull'aiuto della «Madre della Speranza» che, avendo sperimentato la vittoria di Cristo sulle potenze della morte, le comunica una capacità sempre nuova di attesa del futuro di Dio e di abbandono alle promesse del Signore.

4. L'esempio di Maria fa meglio apprezzare alla Chiesa il valore del silenzio. Il silenzio di Maria non è solo sobrietà nel parlare, ma soprattutto capacità sapienziale di fare memoria e di raccogliere in uno sguardo di fede il mistero del Verbo fatto uomo e gli eventi della sua esistenza terrena. È questo silenzio-accoglienza della Parola, questa capacità di meditare sul mistero di Cristo, che Maria trasmette al popolo credente. In un mondo pieno di frastuono e di messaggi d'ogni genere, la sua testimonianza fa apprezzare un silenzio spiritualmente ricco e promuove lo spirito contemplativo. Maria testimonia il valore di un'esistenza umile e nascosta. Tutti esigono normalmente, e quasi talora pretendono, di poter valorizzare appieno la propria persona e le proprie qualità. Tutti sono sensibili alla stima e all'onore. I Vangeli riferiscono a più riprese che gli Apostoli ambivano i primi posti nel regno, discutevano tra loro chi fosse il più grande e che Gesù dovette dar loro in proposito lezioni sulla necessità dell'umiltà e del servizio (cf. Mt 18,1-5; 20,20-28; Mc 9,33-37; 10,35-45; Lc 9,46-48; 22,24-27). Maria, al contrario, non ha mai desiderato gli onori e i vantaggi di una posizione privilegiata; ha sempre cercato di compiere la volontà divina conducendo un'esistenza secondo il piano salvifico del Padre. A quanti non di rado sentono il peso di un'esistenza apparentemente insignificante Maria svela quanto possa essere preziosa la vita, se vissuta per amore di Cristo e dei fratelli.

5. Maria, inoltre, testimonia il valore di una vita pura e piena di tenerezza per tutti gli uomini. La bellezza della sua anima, totalmente donata al Signore, è oggetto di ammirazione per il popolo cristiano. In Maria la comunità cristiana ha sempre visto un ideale di donna, piena di amore e di tenerezza, perché ha vissuto nella purezza del cuore e della carne. Di fronte al cinismo di una certa cultura contemporanea che, troppo spesso, sembra non riconoscere il valore della castità e banalizza la sessualità separandola dalla dignità della persona e dal progetto di Dio, la Vergine Maria propone la testimonianza di una purezza che illumina la coscienza e conduce ad un amore più grande per le creature e per il Signore.

6. E ancora: ai cristiani di tutti i tempi, Maria appare come colei che prova per le sofferenze dell'umanità una viva compassione. Tale compassione non consiste soltanto in una partecipazione affettiva, ma si traduce in un aiuto efficace e concreto di fronte alle miserie materiali e morali dell'umanità. La Chiesa, seguendo Maria, è chiamata ad assumere un identico atteggiamento verso i poveri e tutti i sofferenti della terra. L'attenzione materna della Madre del Signore alle lacrime, ai dolori ed alle difficoltà degli uomini e delle donne di tutti i tempi, deve stimolare i cristiani, in particolar modo all'avvicinarsi del terzo millennio, a moltiplicare i segni concreti e visibili di un amore che faccia partecipare gli umili e i sofferenti di oggi alle promesse e alle speranze del mondo nuovo che nasce dalla Pasqua.

7. L'affetto e la devozione degli uomini per la Madre di Gesù travalicano i confini visibili della Chiesa e spingono gli animi a sentimenti di riconciliazione. Come una madre, Maria vuole l'unione di tutti i suoi figli. La sua presenza nella Chiesa costituisce un invito a conservare l'unanimità di cuore che regnava nella prima comunità (cf. At 1,14) e, iri conseguenza, a cercare anche le vie dell'unità e della pace tra tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Nella sua intercessione presso il Figlio, Maria chiede la grazia dell'unità del genere umano, in vista della costruzione della civiltà dell'amore, superando le tendenze alla divisione, le tentazioni della vendetta e dell'odio, e il fascino perverso della violenza.

8. Il sorriso materno della Vergine, riprodotto in tanta parte dell'iconografia mariana, manifesta una pienezza di grazia e di pace che vuole comunicarsi. Tale manifestazione di serenità dello spirito contribuisce efficacemente a conferire un volto gioioso alla Chiesa. Accogliendo nell'Annunciazione l'invito dell'angelo a rallegrarsi, (chàire = rallegrati: Lc 1,28), Maria partecipa per prima alla gioia messianica, già predetta dai profeti per la «figlia di Sion» (cf. Is 12,6; Sof 3,14-15; Zac 9,8) e la trasmette all'umanità di ogni tempo. Il popolo cristiano, invocandola come «causa nostrae laetitiae», scopre in lei la capacità di comunicare la gioia che nasce dalla speranza, anche in mezzo alle prove della vita, e di guidare chi a lei si affida alla letizia che non avrà fine.
  • Giovanni Paolo II, mercoledì 22 novembre 1995

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Il Rosario è una catena che ci collega al Cielo

Messaggio da Don Armando Maria » gio ott 06, 2011 8:27 pm

Il Rosaro è una preghiera semplice,
umile così come Maria.

E' una preghiera che facciamo
insieme a Lei, la Madre di Dio.

Quando con l'Ave Maria
la invitiamo a pregare per noi,
la Madonna esaudisce sempre
la nostra domanda, unisce
la sua preghiera alla nostra.

Essa diventa perciò sempre
più efficace, perché quando
Maria domanda, sempre ottiene:
Gesù non può mai dire di no
a quanto gli chiede sua Madre.
(da: Siate santi)
Gesù e la Mamma Celeste vi amano assai e vi benedicono; e anche io, nel loro Santissimo Amore vi voglio bene e vi benedico per intercessione del Cuore Immacolato di Maria: nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Don Armando Maria

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Esortazione di San Bernardo

Messaggio da Grazia Cuffari » gio ott 06, 2011 9:08 pm

Ho pensato in questi giorni che ci sono tanti modi per fare apostolato: con la preghiera. con il Santo Rosario, con il regalare un abbonamento a una rivista cattolica, o missionaria, col dare soccorso a persona che ha bisogno, col dare amicizia a chi è solo, col consolare chi è afflitto, o semplicemente col dare un sorriso specialmente a chi non ce lo sa dare.

Mi è venuta sotto mano, credo per un piano preciso di Dio, questa semplice e ancora attualissima preghiera-esortazione di San Bernardo che ho letta volentieri e, mentre le sue parole trovavano riscontro nel mio animo, mi è venuta l'idea di scriverla nel forum per offrirla in lettura anche a voi:


Chiunque tu sia

Chiunque tu sia che nel mare del mondo
ti senti piuttosto sballottare tra marosi
e tempeste che camminare sulla terra,
non distogliere gli occhi dal fulgore
di quella stella, se non vuoi essere
sommerso dai flutti.

Se insorgono i venti delle tentazioni,
se urti negli scogli delle tribolazioni,
guarda la stella, invoca Maria.

Se, turbato dal pensiero della gravità
delle tue colpe, confuso dal deplorevole
stato della tua coscienza, atterrito dalla
severità del giudizio, tu stia per farti
abbattere dalla tristezza e cadere
nell'abisso della disperazione
pensa a Maria.
Nei pericoli, nelle angustie, nei dubbi,
pensa a Maria, invoca Maria.

Seguendo Lei non devierai, invocandola
non dispererai, tenendoti stretto a Lei
non cadrai.
Se l'avrai come protettrice, non avrai
di che temere; sotto la sua guida,
ti sarà lieve ogni fatica;
avendola propizia, giungerai facilmente
alla patria beata,

Esortazione di San Bernardo
Dio mi ama e ama tutti nel presente e nell'eternità

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La corona del Rosario

Messaggio da Grazia Cuffari » gio ott 06, 2011 11:25 pm

Immagine

Strumento tradizionale per la recita del Rosario è la corona, a prima vista un semplice strumento di conteggio delle preghiere. Non è però difficile scorgere alcuni simboli spirituali: la corona converge verso il Crocifisso, inizio e termine della preghiera, ma anche centro della vita cristiana;

lo scorrere dei grani della corona scandisce la preghiera, ma allude anche allo scorrere della vita, al cammino spirituale del cristiano; la corona assomiglia ad una catena e può essere vista come il simbolo di un forte legame spirituale, di un vincolo che unisce il cristiano alla Madonna e a Cristo.

Il Santo Rosario ci offre in sintesi la meditazione della vita di Gesù e invita chi lo prega con l'anima ad essere e vivere come il Cristo, nel suo Amore, amore inteso sempre come accoglienza del nostro simile che ci è fratello.

La Madonna nelle sue apparizioni ha sempre la corona del Rosario tra le mani.


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Cara mamma celeste...

Messaggio da Grazia Cuffari » ven ott 07, 2011 7:59 am

Mamma celeste carissima,

fammi pregare, senza mai stancarmi, il rosario, ogni sera, perché possa addormentarmi serena e offrirti questo serto di Ave Maria per la pace, nelle famiglie, nella società e nel mondo.


Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con Te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.

Ave, Maria, gratia plena, Dominus tecum, Benedicta tu in mulieribus, et benedictus fructus ventris tui, Jesus. Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nume et in hora mortis nostrae. Amen.


Fa' o Maria che io m'innamori sempre più del Santo Rosario, di questa preghiera che piace tanto a te e la raccomandi sempre a tutti di fare.


Immagine

Perdonatemi Madre celeste, perdonatemi Geaù e perdonatemi voi del Forum per questa mia insistente ricorrenza di messaggi :

E' UN' EUREKA di irrefrenabile esclamazione di gioia per aver trovato, mediante Gesù e Maria, e sperimentato nel mio cuore, l' importanza di questa preghiera. il Rosario, e del pregare in genere, perché la nostra pace interiore, vissuta e testimoniata con amore, possa riflettersi come luce nel mondo.
Dio mi ama e ama tutti nel presente e nell'eternità

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven ott 07, 2011 9:20 am

Mia carissima maria grazia, pace e bene! grazie, grazie con tutto il mio piccolo cuore di ogni carezza che con il tuo grande lasci nel nostro angolo di cielo: quanto bene ne deriva!

Unabbraccissimodolcissimo&ringraziosissimo, miriam bolfissimo ;)
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven ott 07, 2011 9:21 am

ImmagineVenerdì, 7 ottobre 2011


  • Maria e il valore della donna
1. La dottrina mariana, ampiamente sviluppata nel nostro secolo sotto l'aspetto teologico e spirituale, ha assunto recentemente nuova importanza sotto l'aspetto sociologico e pastorale, anche per la miglior comprensione del ruolo della donna nella comunità cristiana e nella società, come emerge da non pochi, significativi interventi del Magistero. Sono note le parole del messaggio che, a conclusione dei Concilio Vaticano II, l'8 dicembre 1965, i Padri indirizzarono alle donne di tutto il mondo: «Viene l'ora, l'ora è venuta, in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l'ora in cui la donna acquista nella società un'influenza, un irradiamento, un potere finora mai registrato». Ho ribadito tali affermazioni, qualche anno più tardi, nell'Enciclica Mulieris dignitatem: «La dignità della donna e la sua vocazione – oggetto costante della riflessione umana e cristiana – hanno assunto un rilievo tutto particolare negli anni più recenti». Il ruolo e la dignità della donna sono stati particolarmente rivendicati, in questo secolo, dal movimento femminista, che ha inteso reagire, talora in forme vibrate, contro tutto ciò che, nel passato e nel presente, ha ostacolato la valorizzazione e il pieno sviluppo della personalità femminile, nonché la sua partecipazione alle molteplici manifestazioni della vita sociale e politica. Si tratta di istanze, in gran parte legittime, che hanno contribuito ad una più equilibrata visione della questione femminile nel mondo contemporaneo. Verso tali istanze la Chiesa, soprattutto in epoca recente, ha mostrato singolare attenzione, incoraggiata anche dal fatto che la figura di Maria, se letta alla luce della sua vicenda evangelica, costituisce una valida risposta al desiderio di emancipazione della donna: Maria è l'unica persona umana che realizza in maniera eminente il progetto d'amore divino riguardo all'umanità.

2. Tale progetto si manifesta già nell'Antico Testamento, con il racconto della creazione, che presenta la prima coppia creata ad immagine di Dio stesso: «Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò» (Gn 1,27). La donna, quindi, non meno dell'uomo, porta in sé la somiglianza con Dio. Vale anche per lei, dal suo apparire sulla terra come risultato dell'opera divina, l'apprezzamento: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gn 1,31). Secondo tale prospettiva, la diversità fra l'uomo e la donna non implica inferiorità di questa, né ineguaglianza, ma costituisce un elemento di novità che arricchisce il disegno divino, manifestandosi come cosa «molto buona». Eppure l'intento divino va ben al di là di quello che rivela il Libro della Genesi. In Maria, infatti, Dio ha fatto sorgere una personalità femminile che supera di molto la condizione ordinaria della donna, cosi come emerge nella creazione di Eva. L'eccellenza unica di Maria nel mondo della grazia e la sua perfezione sono frutti della particolare benevolenza divina che vuole elevare tutti, uomini e donne, alla perfezione morale ed alla santità proprie dei figli adottivi di Dio. Maria è la «benedetta fra tutte le donne»; tuttavia, della sua sublime dignità nel piano divino partecipa, in qualche modo, ogni donna.

3. Il dono singolare fatto alla Madre del Signore non soltanto testimonia quello che potremmo chiamare il rispetto di Dio per la donna, ma evidenzia, altresì, la considerazione profonda che vi è nei disegni divini per il suo ruolo insostituibile nella storia dell'umanità. Le donne hanno bisogno di scoprire questa stima divina per prendere sempre più coscienza della loro elevata dignità. La situazione storica e sociale che ha provocato la reazione del femminismo era caratterizzata da una mancanza di apprezzamento per il valore della donna, costretta spesso ad un ruolo di secondo piano o addirittura marginale. Questo non le ha permesso di esprimere pienamente le ricchezze di intelligenza e di saggezza che racchiude la femminilità. Nel corso della storia, infatti, le donne non di rado hanno sofferto di scarsa considerazione per quanto concerne le loro capacità e, talora, persino di disprezzo e di ingiusti pregiudizi. Si tratta di uno stato di cose che, nonostante significative modifiche, permane purtroppo anche oggi in non poche Nazioni e in non pochi ambienti dei mondo.

4. La figura di Maria manifesta una tale stima di Dio per la donna da privare di fondamento teoretico ogni forma di discriminazione. L'opera mirabile compiuta dal Creatore in Maria offre agli uomini ed alle donne la possibilità di scoprire dimensioni prima non abbastanza percepite della loro condizione. Guardando alla Madre del Signore, le donne potranno meglio comprendere la loro dignità e la grandezza della loro missione. Ma anche gli uomini, alla luce della Vergine Madre, potranno avere una visione più completa ed equilibrata della loro identità, della famiglia e della società. L'attenta considerazione della figura di Maria, così come ce la presenta la Sacra Scrittura letta nella fede dalla Chiesa, è ancora più necessaria di fronte alla svalutazione che, talora, ne è stata fatta da alcune correnti femministe. La Vergine di Nazareth è stata presentata, in alcuni casi, come il simbolo della personalità femminile racchiusa in un orizzonte domestico ristretto ed angusto. Maria, al contrario, costituisce il modello del pieno sviluppo della vocazione della donna, avendo esercitato, nonostante i limiti oggettivi posti dalla sua condizione sociale, un influsso immenso sul destino dell'umanità e sulla trasformazione della società.

5. La dottrina mariana, inoltre, può mettere in luce i molteplici modi con cui la vita della grazia promuove la bellezza spirituale della donna. Dinanzi al vergognoso sfruttamento di chi talvolta rende la donna oggetto senza dignità, destinato alla soddisfazione di turpi passioni, Maria riafferma il senso sublime della bellezza femminile, dono e riflesso della bellezza di Dio. È vero che la perfezione della donna, così come si è realizzata appieno in Maria, può sembrare a prima vista un caso eccezionale, senza possibilità d'imitazione, un modello troppo alto per essere imitato. Di fatto, la santità unica di Colei che dal primo istante ha ricevuto il privilegio della concezione immacolata, è stata considerata talvolta come segno di una distanza invalicabile. Ma, al contrario, l'eccelsa santità di Maria, lungi dall'essere un freno sulla via della sequela del Signore, è destinata, nel disegno divino, a incoraggiare tutti i cristiani ad aprirsi alla potenza santificatrice della grazia di Dio, cui nulla è impossibile. In Maria, pertanto, tutti sono chiamati a una fiducia totale nell'onnipotenza divina, che trasforma i cuori, guidandoli verso una disponibilità piena al suo provvidenziale progetto d'amore.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 29 novembre 1995

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Messaggio da miriam bolfissimo » sab ott 08, 2011 8:56 am

ImmagineSabato, 8 ottobre 2011


  • Ruolo della donna alla luce di Maria
1. Come ho già avuto modo di illustrare nelle precedenti catechesi, il ruolo affidato dal disegno divino di salvezza a Maria illumina la vocazione della donna nella vita della Chiesa e della società, definendone la differenza rispetto all'uomo. Il modello costituito in Maria, infatti, mostra chiaramente ciò che è specifico della personalità femminile. In tempi recenti, alcune correnti del movimento femminista, nell'intento di favorire l'emancipazione della donna. hanno mirato ad assimilarla in tutto all'uomo. Ma l'intenzione divina manifestata nella creazione, pur volendo la donna uguale all'uomo per dignità e valore, ne afferma nel contempo con chiarezza la diversità e la specificità. L'identità della donna non può consistere nell'essere una copia dell'uomo, essendo dotata di qualità e prerogative proprie, che le conferiscono una sua autonoma peculiarità, sempre da promuovere e da incoraggiare. Queste prerogative e peculiarità della personalità femminile hanno raggiunto in Maria il pieno sviluppo. La pienezza della grazia divina infatti favoriva in lei ogni capacità naturale tipica della donna. Il ruolo di Maria nell'opera della salvezza è totalmente dipendente da quello di Cristo. Si tratta di una funzione unica, richiesta dal compimento del mistero della Incarnazione: la maternità di Maria era necessaria per dare al mondo il Salvatore, vero Figlio di Dio, ma anche perfettamente uomo. L'importanza della cooperazione della donna alla venuta di Cristo viene posta in evidenza nell'iniziativa di Dio che, mediante l'angelo, comunica alla Vergine di Nazaret il suo disegno di salvezza, affinché essa vi possa cooperare in modo consapevole e libero, esprimendo il proprio consenso generoso. Si realizza qui il modello più alto della collaborazione responsabile della donna alla redenzione dell'uomo - di tutto l'uomo -, che costituisce il riferimento trascendente per ogni affermazione sul ruolo e la funzione della donna nella storia.

2. Nel realizzare tale sublime forma di cooperazione, Maria indica anche lo stile attraverso il quale la donna deve concretizzare la sua missione. Di fronte all'annuncio dell'angelo, la Vergine non manifesta alcun atteggiamento di orgogliosa rivendicazione, né intende soddisfare personali ambizioni. Luca ce la presenta desiderosa soltanto di offrire il suo umile servizio con totale e fiduciosa disponibilità al disegno divino di salvezza. È questo il senso della risposta: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). Non si tratta infatti di un'accoglienza, puramente passiva, dal momento che il suo consenso viene dato solo dopo aver manifestato la difficoltà che nasce dal suo proposito di verginità, ispirato dalla volontà di appartenere più integralmente al Signore. Ricevuta la risposta dell'angelo, Maria esprime immediatamente la sua disponibilità, conservando un atteggiamento di umile servizio. È l'umile, prezioso servizio che tante donne, sull'esempio di Maria, hanno offerto e continuano ad offrire nella Chiesa per lo sviluppo del regno di Cristo.

3. La figura di Maria ricorda alle donne di oggi il valore della maternità. Non sempre nel mondo contemporaneo si dà a tale valore l'opportuno ed equilibrato rilievo. In alcuni casi, la necessità del lavoro femminile per provvedere alle accresciute esigenze della famiglia e un erroneo concetto di libertà, che vede nella cura dei figli un ostacolo alla autonomia ed alle possibilità di affermazione della donna, hanno offuscato il significato della maternità per lo sviluppo della personalità femminile. In altri casi, al contrario, l'aspetto della generazione biologica diventa talmente rilevante da porre in ombra le altre significative possibilità che la donna ha di esprimere la sua innata vocazione ad essere madre. In Maria, ci è dato di capire il vero significato della maternità che, all'interno del disegno divino di salvezza, raggiunge la sua dimensione più alta. Per lei l'essere madre non solo dona alla personalità femminile, fondamentalmente orientata verso il dono della vita, il suo pieno sviluppo, ma costituisce, altresì, una risposta di fede alla vocazione propria della donna, che assume il suo valore più vero solo alla luce dell'alleanza con Dio.

4. Guardando attentamente a Maria, noi scopriamo in lei anche il modello della verginità vissuta per il Regno. Vergine per eccellenza, nel suo cuore ella ha maturato il desiderio di vivere in tale stato per raggiungere una intimità sempre più profonda con Dio. Per le donne chiamate alla castità verginale, Maria, rivelando l'alto significato di così speciale vocazione, attira l'attenzione sulla fecondità spirituale che essa comporta nel piano divino: una maternità di ordine superiore, una maternità secondo lo Spirito. Il cuore materno di Maria, aperto a tutte le miserie umane, ricorda altresì alle donne che lo sviluppo della personalità femminile richiede l'impegno nella carità. Più sensibile ai valori del cuore, la donna mostra un'alta capacità di dono personale. A quanti, nella nostra epoca, propongono modelli egoistici per l'affermazione della personalità femminile, la figura luminosa e santa della Madre del Signore mostra come solo nel donarsi e nel dimenticarsi per gli altri è possibile raggiungere la realizzazione autentica del progetto divino sulla propria vita. La presenza di Maria, pertanto, incoraggia nelle donne i sentimenti di misericordia e di solidarietà per le situazioni umane dolorose, e suscita la volontà di alleviare le pene di coloro che soffrono: i poveri, gli infermi e quanti hanno bisogno di soccorso. In virtù del particolare legame con Maria, la donna nel corso della storia ha rappresentato spesso la vicinanza di Dio alle attese di bontà e di tenerezza dell'umanità ferita dall'odio e dal peccato, seminando nel mondo i germi di una civiltà che sa rispondere alla violenza con l'amore.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 6 dicembre 1995

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Messaggio da miriam bolfissimo » sab ott 08, 2011 9:00 am

ImmagineDomenica, 9 ottobre 2011



  • Presenza di Maria nel Concilio Vaticano II
1. Vorrei oggi soffermarmi a riflettere sulla particolare presenza della Madre della Chiesa in un evento ecclesiale che è sicuramente il più importante del nostro secolo: il Concilio Ecumenico Vaticano II, iniziato da Papa Giovanni XXIII, la mattina dell'11 ottobre 1962, e concluso da Paolo VI, l'8 dicembre 1965. Una singolare intonazione mariana caratterizza in effetti l'Assise conciliare, sin dalla sua indizione. Già nella Lettera Apostolica «Celebrandi Concilii Oecumenici», il mio venerato predecessore, il Servo di Dio Giovanni XXIII aveva raccomandato il ricorso alla potente intercessione di Maria, «Madre della grazia e patrona celeste del Concilio». Successivamente, nel 1962, nella festa della Purificazione di Maria, Papa Giovanni fissava l'apertura del Concilio all'11 ottobre, spiegando di aver scelto questa data in ricordo del grande Concilio di Efeso, che, proprio in tale data, aveva proclamato Maria «Theotokos», Madre di Dio. Alla «Soccorritrice dei Cristiani, Soccorritrice dei Vescovi» il Papa affidava poi, nel discorso di apertura, il Concilio stesso implorando la sua materna assistenza per il felice compimento dei lavori conciliari. A Maria rivolgono espressamente il loro pensiero anche i Padri del Concilio che, nel messaggio al mondo, all'apertura delle sessioni conciliari, affermano: «Noi, successori degli Apostoli, tutti quanti uniti in preghiera con Maria, Madre di Gesù, formiamo un solo corpo apostolico», ricollegandosi in tal modo, nella comunione con Maria, alla Chiesa primitiva in attesa dello Spirito Santo (cf. At 1,14).

2. Nella seconda sessione del Concilio fu proposto di introdurre la trattazione sulla beata Vergine Maria nella Costituzione sulla Chiesa. Iniziativa che, anche se espressamente raccomandata dalla Commissione teologica, suscitò diversità di pareri. Alcuni, considerandola insufficiente per evidenziare la specialissima missione della Madre di Gesù nella Chiesa, sostenevano che solo un documento separato avrebbe potuto esprimerne la dignità, la preminenza, l'eccezionale santità e il ruolo singolare di Maria nella Redenzione operata dal Figlio. Ritenendo, inoltre, Maria in un certo modo al di sopra della Chiesa, manifestavano il timore che la scelta di inserire la dottrina mariana nella trattazione sulla Chiesa non mettesse sufficientemente in evidenza i privilegi di Maria, riducendo la sua funzione al livello degli altri membri della Chiesa. Altri, invece, si esprimevano in favore della proposta della Commissione teologica, mirante ad inserire in un unico documento l'esposizione dottrinale su Maria e sulla Chiesa. Secondo questi ultimi, tali realtà non potevano essere separate in un Concilio che, prefiggendosi la riscoperta della identità e della missione del Popolo di Dio, doveva mostrarne la connessione intima con Colei che è tipo ed esempio della Chiesa nella verginità e nella maternità. La Beata Vergine, infatti, nella sua qualità di membro eminente della Comunità ecclesiale, occupa un posto speciale nella dottrina della Chiesa. Inoltre, ponendo l'accento sul nesso fra Maria e la Chiesa, si rendeva più comprensibile ai cristiani della Riforma la dottrina mariana proposta dal Concilio. I Padri conciliari, animati dal medesimo amore per Maria, tendevano così a privilegiare, esprimendo posizioni dottrinali differenti, aspetti diversi della sua figura. Gli uni contemplavano Maria principalmente nel suo rapporto a Cristo, gli altri la consideravano piuttosto in quanto membro della Chiesa.

3. Dopo un confronto denso di dottrina e attento alla dignità della Madre di Dio ed alla sua particolare presenza nella vita della Chiesa, si decise di inserire la trattazione mariana all'interno del documento conciliare sulla Chiesa. Il nuovo schema sulla Beata Vergine, elaborato per essere integrato nella Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, manifesta un reale progresso dottrinale. L'accento posto sulla fede di Maria e una preoccupazione più sistematica di fondare la dottrina mariana sulla Scrittura costituiscono elementi significativi ed utili ad arricchire la pietà e la considerazione del popolo cristiano per la benedetta Madre di Dio. Col passare del tempo, inoltre, i pericoli di riduzionismo, paventati da alcuni Padri, si sono rivelati infondati: la missione e i privilegi di Maria sono stati ampiamente riaffermati; la sua cooperazione al piano divino di salvezza è stata posta in rilievo; l'armonia di tale cooperazione con l'unica mediazione di Cristo è apparsa più evidente. Per la prima volta, inoltre, il Magistero conciliare proponeva alla Chiesa una esposizione dottrinale sul ruolo di Maria nell'opera redentiva di Cristo e nella vita della Chiesa. Dobbiamo, quindi, ritenere l'opzione dei Padri conciliari, rivelatasi molto feconda per il successivo lavoro dottrinale, una decisione veramente provvidenziale.

4. Nel corso delle sessioni conciliari, emerse il voto di molti Padri di arricchire ulteriormente la dottrina mariana con altre affermazioni sul ruolo di Maria nell'opera della salvezza. Il particolare contesto in cui si svolse il dibattito mariologico del Vaticano II non permise l'accoglienza di tali desideri, pur consistenti e diffusi, ma il complesso della elaborazione conciliare su Maria rimane vigorosa ed equilibrata e gli stessi temi, non pienamente definiti, hanno ottenuto significativi spazi nella trattazione complessiva. Così, le esitazioni di alcuni Padri dinanzi al titolo di Mediatrice non hanno impedito al Concilio di usare una volta tale titolo, e di affermare in altri termini la funzione mediatrice di Maria dal consenso all'annuncio dell'angelo alla maternità nell'ordine della grazia. Inoltre, il Concilio afferma la sua cooperazione «in modo tutto speciale» all'opera che restaura la vita soprannaturale delle anime. Infine, anche se evita di usare il titolo di «Madre della Chiesa», il testo della Lumen gentium chiaramente sottolinea la venerazione della Chiesa verso Maria come Madre amantissima. Dall'intera esposizione del Capitolo VIII della Costituzione dogmatica sulla Chiesa risulta chiaro che le cautele terminologiche non hanno intralciato l'esposizione di una dottrina di fondo molto ricca e positiva, espressione della fede e dell'amore per Colei che la Chiesa riconosce Madre e Modello della sua vita. D'altro canto, i differenti punti di vista dei Padri, emersi nel corso del dibattito conciliare, si sono rivelati provvidenziali, perché fondendosi in armonica composizione hanno offerto alla fede ed alla devozione del Popolo cristiano una presentazione più completa ed equilibrata della mirabile identità della Madre del Signore e del suo ruolo eccezionale nell'opera della redenzione.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 13 dicembre 1995

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ott 10, 2011 9:13 am

ImmagineLunedì, 10 ottobre 2011


  • Scopo e metodo dell'esposizione della dottrina mariana
1. Seguendo la Costituzione dogmatica Lumen gentium che, nel capitolo VIII, ha inteso «illustrare attentamente sia la funzione della beata Vergine nel mistero del Verbo Incarnato e del Corpo mistico, sia i doveri degli uomini redenti verso la Madre di Dio», vorrei offrire in queste mie catechesi una sintesi essenziale della fede della Chiesa su Maria, pur riaffermando col Concilio di non volere «proporre una dottrina esauriente», né «dirimere questioni dai teologi non ancora pienamente illustrate». È mio intento descrivere, innanzitutto, «la funzione della beata Vergine nel mistero del Verbo Incarnato e del Corpo Mistico», ricorrendo ai dati della Scrittura e della Tradizione apostolica e tenendo conto dello sviluppo dottrinale che si è prodotto nella Chiesa fino ai nostri giorni. Essendo, inoltre, il ruolo di Maria nella storia della salvezza strettamente collegato al mistero di Cristo e della Chiesa, non perderò di vista tali riferimenti essenziali che, offrendo alla dottrina mariana la giusta collocazione, permettono di scoprirne la vasta ed inesauribile ricchezza. L'esplorazione del mistero della Madre del Signore è veramente molto ampia ed ha impegnato nel corso dei secoli molti pastori e teologi. Alcuni, nel tentativo di mettere in risalto gli aspetti centrali della mariologia, l'hanno talvolta trattata insieme alla cristologia o alla ecclesiologia. Ma, pur tenendo conto della sua relazione con tutti i misteri della fede, Maria merita una trattazione specifica che ne metta in evidenza la persona e la funzione nella storia della salvezza alla luce della Bibbia e della Tradizione ecclesiale.

2. Sembra inoltre utile, seguendo le indicazioni conciliari, esporre accuratamente «i doveri degli uomini redenti verso la Madre di Dio, Madre di Cristo e Madre degli uomini, specialmente dei fedeli». Il ruolo assegnato a Maria dal disegno divino di salvezza richiede, infatti, ai cristiani non solo accoglienza ed attenzione, ma anche scelte concrete che traducano nella vita gli atteggiamenti evangelici di Colei che precede la Chiesa nella fede e nella santità. La Madre del Signore è destinata così ad esercitare un influsso speciale sul modo di pregare dei fedeli. La stessa liturgia della Chiesa ne riconosce il posto sin nella devozione e nell'esistenza di ogni credente. Occorre sottolineare che la dottrina e il culto mariano non sono frutti del sentimentalismo. Il mistero di Maria è una verità rivelata che s'impone all'intelligenza dei credenti ed esige da coloro che nella Chiesa hanno il compito dello studio e dell'insegnamento un metodo di riflessione dottrinale non meno rigoroso di quello usato in tutta la teologia. Del resto, Gesù stesso aveva invitato i suoi contemporanei a non lasciarsi guidare dall'entusiasmo nel considerare sua madre, riconoscendo in Maria soprattutto colei che è beata perché ascolta la parola di Dio e la mette in pratica (cf. Lc 11,28). Non solo l'affetto, ma soprattutto la luce dello Spirito deve guidare a capire la Madre di Gesù e il suo contributo all'opera di salvezza.

3. Sulla misura e sull'equilibrio da salvaguardare nella dottrina comune nel culto mariano, il Concilio esorta caldamente i teologi ed i predicatori della parola divina, «ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione...». Queste provengono da quanti incorrono in un atteggiamento massimalistico, che pretende di estendere sistematicamente a Maria le prerogative di Cristo e tutti i carismi della Chiesa. È necessario, invece, salvaguardare sempre, nella dottrina mariana, l'infinita differenza esistente fra la persona umana di Maria e la persona divina di Gesù. Attribuire a Maria il «massimo» non può diventare norma della mariologia, che deve fare costante riferimento a quanto la Rivelazione testimonia circa i doni fatti da Dio alla Vergine a motivo della sua eccelsa missione. Analogamente, il Concilio esorta teologi e predicatori ad «astenersi dalla grettezza di mente», cioè dal pericolo del minimalismo che può manifestarsi in posizioni dottrinali, in interpretazioni esegetiche e in atti di culto, tendenti a ridurre e quasi a vanificare l'importanza di Maria nella storia della salvezza, la sua verginità perpetua e la sua santità. Conviene sempre evitare simili posizioni estreme in virtù di una coerente e sincera fedeltà alla verità rivelata, così come è espressa nella Scrittura e nella Tradizione apostolica.

4. Lo stesso Concilio ci offre un criterio che permette di discernere l'autentica dottrina mariana: «Nella Chiesa, Maria occupa, dopo Cristo, il posto più alto e il più vicino a noi». Il posto più alto: dobbiamo scoprire questa altezza conferita a Maria nel mistero della salvezza. Si tratta, però, di una vocazione totalmente riferita a Cristo. Il posto più vicino a noi: la nostra vita è profondamente influenzata dall'esempio e dall'intercessione di Maria. Dobbiamo però interrogarci sul nostro sforzo di essere vicini a lei. L'intera pedagogia della storia della salvezza ci invita a guardare alla Vergine. L'ascesi cristiana di ogni epoca invita a pensare a lei come a modello di perfetta adesione alla volontà del Signore. Modello eletto di santità, Maria guida i passi dei credenti nel cammino verso il Paradiso. Mediante la sua prossimità alle vicende della nostra storia quotidiana Maria ci sostiene nelle prove, ci incoraggia nelle difficoltà, sempre additandoci la meta dell'eterna salvezza. Emerge in tal modo sempre più evidente il suo ruolo di Madre: Madre del suo Figlio Gesù, Madre tenera e vigile per ognuno di noi, ai quali dalla Croce il Redentore l'ha affidata perché l'accogliessimo come figli nella fede.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 3 gennaio 1996

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar ott 11, 2011 7:54 am

ImmagineMartedì, 11 ottobre 2011


  • Maria in prospettiva trinitaria
1. Il Capitolo VIII della Costituzione Lumen gentium indica nel mistero di Cristo il riferimento necessario e imprescindibile della dottrina mariana. Significative sono, in proposito, le prime parole del Proemio: «Volendo Dio misericordiosissimo e sapientissimo compiere la redenzione del mondo, quando venne la pienezza del tempo, mandò il suo Figlio, nato da donna... affinché ricevessimo l'adozione in figliuoli (Gal 4,4-5)». Questo Figlio è il Messia, atteso dal popolo dell'Antica Alleanza, mandato dal Padre in un momento decisivo della storia, la «pienezza del tempo» (Gal 4,4), che coincide con la sua nascita nel nostro mondo da una donna. Colei che ha introdotto nell'umanità il Figlio eterno di Dio non potrà mai essere separata da Colui che si trova al centro del disegno divino attuato nella storia. Il primato di Cristo è manifestato nella Chiesa, suo mistico Corpo: in essa infatti «i fedeli aderiscono a Cristo Capo e sono in comunione con tutti i suoi santi». È Cristo che attrae a sé tutti gli uomini. Essendo, nel suo ruolo materno, intimamente unita a suo Figlio, Maria contribuisce ad orientare verso di lui lo sguardo e il cuore dei credenti. Ella è la via che conduce a Cristo: infatti, Colei che «all'annuncio dell'angelo accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio» ci mostra come accogliere nella nostra esistenza il Figlio disceso dal cielo, educandoci a fare di Gesù il centro e la «legge» suprema della nostra esistenza.

2. Maria ci aiuta, altresì, a scoprire, all'origine di tutta l'opera della salvezza, l'azione sovrana del Padre che chiama gli uomini a diventare figli nell'unico Figlio. Evocando le bellissime espressioni della Lettera agli Efesini: «Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo» (Ef 2,4), il Concilio attribuisce a Dio il titolo di «misericordiosissimo»: il Figlio «nato da donna» appare, così, come frutto della misericordia del Padre, e fa capire meglio come questa Donna sia «madre di misericordia». Nel medesimo contesto, il Concilio chiama pure Dio «sapientissimo», suggerendo una particolare attenzione allo stretto legame esistente fra Maria e la sapienza divina che, nel suo arcano disegno, ha voluto la maternità della Vergine.

3. Il testo conciliare ci ricorda altresì il singolare vincolo che unisce Maria allo Spirito Santo, con le parole del Simbolo Niceno-costantinopolitano che recitiamo nella Liturgia eucaristica: «Egli per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo, e si incarnò per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine». Esprimendo l'immutata fede della Chiesa, il Concilio ci ricorda che la prodigiosa incarnazione del Figlio è avvenuta nel seno della Vergine Maria senza concorso di uomo, per opera dello Spirito Santo. Il Proemio del capitolo VIII della Lumen gentium indica, così, nella prospettiva trinitaria una dimensione essenziale della dottrina mariana. Tutto, infatti, viene dalla volontà del Padre, che ha inviato il Figlio nel mondo, manifestandolo agli uomini e costituendolo Capo della Chiesa e centro della storia. Si tratta di un disegno che si è compiuto con l'Incarnazione, opera dello Spirito Santo, ma con il concorso essenziale di una donna, Maria Vergine, entrata così ad essere parte integrante nella economia della comunicazione della Trinità al genere umano.

4. La triplice relazione di Maria con le Persone divine è ribadita con parole precise anche nella illustrazione, del tipico rapporto che lega la Madre del Signore alla Chiesa: «È insignita del sommo officio e dignità di Madre del Figlio di Dio, e perciò figlia prediletta del Padre e tempio dello Spirito Santo». La dignità fondamentale di Maria è quella di «Madre del Figlio», che viene espressa nella dottrina e nel culto cristiano con il titolo di «Madre di Dio». Si tratta di una qualifica sorprendente, che manifesta l'umiltà del Figlio unigenito di Dio nella sua Incarnazione, e, in connessione con questa, il sommo privilegio concesso alla creatura chiamata a generarlo nella carne. Madre del Figlio, Maria è «figlia prediletta del Padre» in modo unico. A lei è concessa una somiglianza del tutto speciale tra la sua maternità e la paternità divina. E ancora: ogni cristiano è «Tempio dello Spirito Santo», secondo l'espressione dell'apostolo Paolo (1Cor 6,19). Ma questa affermazione assume un significato eccezionale in Maria: in lei, infatti, la relazione con lo Spirito Santo si arricchisce della dimensione sponsale. L'ho ricordato nella Enciclica Redemptoris Mater: «Lo Spirito Santo è già sceso su di lei, che è diventata la fedele sua sposa nella annunciazione, accogliendo il Verbo di Dio vero...».

5. La relazione privilegiata di Maria con la Trinità le conferisce pertanto una dignità che supera di molto quella di tutte le altre creature. Lo ricorda espressamente il Concilio: per questo «dono di grazia esimia» Maria «precede di gran lunga tutte le altre creature». Eppure, tale dignità altissima non impedisce che Maria sia solidale con ciascuno di noi. Prosegue infatti la Costituzione Lumen gentium: «Insieme però è congiunta nella stirpe di Adamo con tutti gli uomini bisognosi di salvezza» ed è stata «redenta in modo sublime in considerazione dei meriti del Figlio suo». Emerge qui il significato autentico dei privilegi di Maria e dei suoi rapporti eccezionali con la Trinità: essi hanno lo scopo di renderla idonea a cooperare alla salvezza del genere umano. La grandezza incommensurabile della Madre del Signore rimane, pertanto, un dono dell'amore di Dio a tutti gli uomini. Proclamandola «beata» (Lc 1,48), le generazioni esaltano le «grandi cose» (Lc 1,49) che l'Onnipotente ha fatto in lei per l'umanità «ricordandosi della sua misericordia (Lc 1,54)».


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 10 gennaio 1996

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Messaggio da miriam bolfissimo » mer ott 12, 2011 8:45 am

ImmagineMercoledì, 12 ottobre 2011


  • Maria nel Protovangelo
1. «I libri dell'Antico Testamento descrivono la storia della salvezza, nella quale lentamente viene preparandosi la venuta di Cristo nel mondo. E questi primi documenti, come sono letti nella Chiesa e sono capiti alla luce dell'ulteriore e piena rivelazione, passo passo mettono sempre più chiaramente in luce la figura di una donna: la madre del Redentore». Con queste affermazioni il Concilio Vaticano II ci ricorda come la figura di Maria si sia venuta delineando fin dagli inizi della storia della salvezza. Essa si intravede già nei testi dell'Antico Testamento, ma si comprende pienamente solo quando questi «sono letti nella Chiesa» e capiti alla luce del Nuovo Testamento. Lo Spirito Santo, infatti, ispirando i diversi autori umani, ha orientato la Rivelazione anticotestamentaria verso Cristo, che sarebbe venuto al mondo dal grembo della Vergine Maria.

2. Fra le parole bibliche che hanno preannunziato la Madre del Redentore, il Concilio cita anzitutto quelle con le quali Dio, dopo la caduta di Adamo ed Eva, rivela il suo piano di salvezza. Il Signore dice al serpente, figura dello spirito del male: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe; questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,15). Tali espressioni, denominate dalla tradizione cristiana, fin dal secolo XVI, «Protovangelo», cioè prima Buona Novella, lasciano intuire la volontà salvifica di Dio sin dalle origini dell'umanità. Infatti, di fronte al peccato, secondo la narrazione dell'autore sacro, la prima reazione del Signore non è quella di castigare i colpevoli, ma di aprire loro una prospettiva di salvezza e di coinvolgerli attivamente nell'opera redentrice, mostrando la sua grande generosità anche verso chi lo aveva offeso. Le parole del Protovangelo rivelano, inoltre, il singolare destino della donna che, pur avendo preceduto l'uomo nel cedere alla tentazione del serpente, diventa poi, in virtù del piano divino, la prima alleata di Dio. Eva era stata l'alleata del serpente per trascinare l'uomo nel peccato. Dio annuncia che, capovolgendo questa situazione, Egli farà della donna la nemica del serpente.

3. Gli esegeti sono ormai concordi nel riconoscere che il testo della Genesi, secondo l'originale ebraico, attribuisce l'azione contro il serpente non direttamente alla donna, ma alla stirpe di lei. Il testo dà comunque un grande risalto al ruolo che ella svolgerà nella lotta contro il tentatore: il vincitore del serpente sarà, infatti, sua progenie. Chi è questa donna? Il testo biblico non riferisce il suo nome personale, ma lascia intravedere una donna nuova, voluta da Dio per riparare la caduta di Eva: ella è chiamata, infatti, a restaurare il ruolo e la dignità della donna e a contribuire al cambiamento del destino dell'umanità, collaborando mediante la sua missione materna alla vittoria divina su satana.

4. Alla luce del Nuovo Testamento e della tradizione della Chiesa, sappiamo che la donna nuova annunciata dal Protovangelo è Maria, e riconosciamo nella «sua stirpe» (Gen 3,15), il figlio, Gesù, trionfatore nel mistero della Pasqua sul potere di satana. Osserviamo altresì che l'inimicizia, posta da Dio fra il serpente e la donna, si realizza in Maria in duplice modo. Alleata perfetta di Dio e nemica del diavolo, ella fu sottratta completamente al dominio di satana nell'immacolato concepimento, quando fu plasmata nella grazia dallo Spirito Santo e preservata da ogni macchia di peccato. Inoltre, associata all'opera salvifica del Figlio, Maria è stata pienamente coinvolta nella lotta contro lo spirito del male. Così, i titoli di Immacolata Concezione e di Cooperatrice del Redentore, attribuiti dalla fede della Chiesa a Maria per proclamare la sua bellezza spirituale e la sua intima partecipazione all'opera mirabile della redenzione, manifestano l'opposizione irriducibile fra il serpente e la nuova Eva.

5. Esegeti e teologi ritengono che la luce della nuova Eva, Maria, dalle pagine della Genesi si proietti su tutta l'economia della salvezza, e vedono già in quel testo il legame tra Maria e la Chiesa. Noi qui rileviamo con gioia che il termine «donna», usato in forma generica dal testo della Genesi, spinge ad associare alla Vergine di Nazaret e al suo compito nell'opera della salvezza specialmente le donne, chiamate, secondo il disegno divino, ad impegnarsi nella lotta contro lo spirito del male. Le donne che, come Eva, potrebbero cedere alla seduzione di satana, dalla solidarietà con Maria ricevono una forza superiore per combattere il nemico, diventando le prime alleate di Dio sulla via della salvezza. Questa alleanza misteriosa di Dio con la donna si manifesta in forme molteplici anche ai nostri giorni: nell'assiduità delle donne alla preghiera personale e al culto liturgico, nel servizio della catechesi e nella testimonianza della carità, nelle numerose vocazioni femminili alla vita consacrata, nell'educazione religiosa in famiglia... Tutti questi segni costituiscono un'attuazione molto concreta dell'oracolo del Protovangelo. Esso, infatti, suggerendo un'estensione universale del vocabolo «donna», entro e oltre i confini visibili della Chiesa, mostra che la vocazione unica di Maria è inseparabile dalla vocazione dell'umanità e, in particolare, da quella di ogni donna, che s'illumina alla missione di Maria, proclamata prima alleata di Dio contro satana e il male.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 24 gennaio 1996

      • ImmagineAve o Maria, piena di grazia:
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        • Tu sei benedetta fra tutte le donne
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Serenella
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Messaggio da Serenella » mer ott 12, 2011 3:13 pm

Ave o Maria, piena di grazia:
il Signore è con Te!

Tu sei benedetta fra tutte le donne
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Messaggio da miriam bolfissimo » gio ott 13, 2011 8:12 am

ImmagineGiovedì, 13 ottobre 2011


  • Annuncio della maternità messianica
1. Trattando della figura di Maria nell'Antico Testamento, il Concilio fa riferimento al noto testo di Isaia, che ha attirato in maniera particolare l'attenzione dei primi cristiani: «Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14). Nel contesto dell'annuncio dell'angelo che invita Giuseppe a prendere con sé Maria, sua sposa, «perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo», Matteo attribuisce un significato cristologico e mariano all'oracolo. Infatti aggiunge: «Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt 1,22-23).

2. Tale profezia nel testo ebraico non annuncia esplicitamente la nascita verginale dell'Emmanuele: il vocabolo usato (almah), infatti, significa semplicemente «una giovane donna», non necessariamente una vergine. Inoltre, è noto che la tradizione giudaica non proponeva l'ideale della verginità perpetua, né aveva mai espresso l'idea di una maternità verginale. Nella traduzione greca, invece, il vocabolo ebraico fu reso col termine «parthenos», «vergine». In questo fatto, che potrebbe apparire semplicemente una particolarità di traduzione, dobbiamo riconoscere un misterioso orientamento dato dallo Spirito Santo alle parole di Isaia, per preparare la comprensione della nascita straordinaria del Messia. La traduzione col termine «vergine» si spiega in base al fatto che il testo di Isaia prepara con grande solennità l'annuncio del concepimento e lo presenta come un segno divino (Is 7,10-14), suscitando l'attesa di un concepimento straordinario. Orbene, che una giovane donna concepisca un figlio dopo essersi unita al marito non costituisce un fatto straordinario. D'altra parte, l'oracolo non accenna per niente al marito. Una simile formulazione suggeriva quindi l'interpretazione data poi nella versione greca.

3. Nel contesto originale, l'oracolo di Isaia 7,14 costituiva la risposta divina a una mancanza di fede del re Achaz, il quale, dinanzi alla minaccia di una invasione degli eserciti dei re vicini, cercava la salvezza sua e del suo regno nella protezione dell'Assiria. Nel consigliargli di riporre la fiducia soltanto in Dio, rinunciando al temibile intervento assiro, il profeta Isaia lo invita da parte del Signore a un atto di fede nella potenza divina: «Chiedi un segno dal Signore tuo Dio...». Al rifiuto del re, che preferisce cercare la salvezza nei soccorsi umani, il profeta pronuncia il celebre oracolo: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,13-14). L'annuncio del segno dell'Emmanuele, «Dio-con-noi», implica la promessa della presenza divina nella storia che troverà pienezza di significato nel mistero dell'Incarnazione del Verbo.

4. Nell'annuncio della nascita prodigiosa dell'Emmanuele, l'indicazione della donna che concepisce e partorisce mostra una certa intenzione di associare la madre al destino del figlio – un principe destinato a stabilire un regno ideale, il regno «messianico» – e fa intravedere un disegno divino particolare, che pone in evidenza il ruolo della donna. Il segno, infatti, non è soltanto il bambino, ma il concepimento straordinario, rivelato poi nel parto stesso, evento pieno di speranza, che sottolinea il ruolo centrale della madre. L'oracolo dell'Emmanuele va compreso, inoltre, nella prospettiva aperta dalla promessa rivolta a David, promessa che si legge nel secondo Libro di Samuele. Qui il profeta Natan promette al re il favore divino per il suo discendente: «Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile per sempre il trono del suo regno. Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio» (2Sam 7,13-14). Nei confronti della stirpe davidica, Dio vuole assumere un ruolo paterno, che manifesterà il suo pieno ed autentico significato nel Nuovo Testamento, con l'incarnazione del Figlio di Dio nella famiglia di Davide (cf. Rm 1,3).

5. Lo stesso profeta Isaia, in un altro testo molto conosciuto, ribadisce il carattere eccezionale della nascita dell'Emmanuele. Ecco le sue parole: «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace» (Is 9,5). Il profeta esprime così, nella serie di nomi dati al bambino, le qualità del suo compito regale: sapienza, potenza, benevolenza paterna, azione pacificatrice. La madre qui non è più indicata, ma l'esaltazione del figlio, che porta al popolo tutto ciò che può essere sperato nel regno messianico, si riversa anche sulla donna che lo ha concepito e partorito.

6. Anche un famoso oracolo di Michea allude alla nascita dell'Emmanuele. Dice il profeta: «E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà...» (Mic 5,1-2). In queste parole risuona l'attesa di un parto ricolmo di speranza messianica, nel quale si evidenzia, ancora una volta, il ruolo della madre, esplicitamente ricordata e nobilitata dal mirabile evento che reca gioia e salvezza.

7. La maternità verginale di Maria è stata preparata in un modo più generale dal favore concesso da Dio agli umili e ai poveri. Questi, ponendo ogni loro fiducia nel Signore, anticipano col loro atteggiamento il significato profondo della verginità di Maria, che, rinunciando alla ricchezza della maternità umana, ha atteso da Dio tutta la fecondità della propria vita. L'Antico Testamento non contiene, dunque, un annuncio formale della maternità verginale, rivelata pienamente solo dal Nuovo Testamento. Tuttavia l'oracolo di Isaia (Is 7,14) prepara la rivelazione di questo mistero ed è stato precisato in questo senso nella traduzione greca dell'Antico Testamento. Citando l'oracolo così tradotto, il Vangelo di Matteo ne proclama il perfetto adempimento per mezzo del concepimento di Gesù nel grembo verginale di Maria.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 31 gennaio 1996

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven ott 14, 2011 9:55 am

ImmagineVenerdì, 14 ottobre 2011


  • La maternità viene da Dio
1. La maternità è un dono di Dio. «Ho acquistato un uomo dal Signore» (Gn 4, 1), esclama Eva dopo aver partorito Caino, il suo primogenito. Con queste parole il libro della Genesi presenta la prima maternità della storia dell'umanità come grazia e gioia che scaturiscono dalla bontà del Creatore.

2. Analogamente viene illustrata la nascita di Isacco, all'origine del popolo eletto. Ad Abramo, privo di discendenza e ormai avanzato negli anni, Dio promette una posterità numerosa come le stelle del cielo (cf. Gn 15,5). La promessa è accolta dal patriarca con la fede che dischiude all'uomo il disegno di Dio: «Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia» (Gn 15,6). Tale promessa è confermata dalle parole pronunciate dal Signore in occasione del Patto stabilito con Abramo: «Eccomi: la mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli» (Gn 17,4). Eventi straordinari e misteriosi sottolineano come la maternità di Sara sia soprattutto frutto della misericordia di Dio, che dona la vita al di là di ogni umana previsione: «Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni e re di popoli nasceranno da lei» (Gn 17,15-16). La maternità è presentata come un dono decisivo del Signore: il patriarca e sua moglie riceveranno un nome nuovo per significare l'inattesa e meravigliosa trasformazione che Dio opererà nella loro vita.

3. La visita di tre misteriosi personaggi, nei quali i Padri della Chiesa hanno visto una prefigurazione della Trinità, annuncia in modo più concreto ad Abramo il compimento della promessa: «Il Signore apparve [ad Abramo] alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui» (Gn 18,1-2). Abramo obietta: «Ad uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all'età di novanta anni potrà partorire?» (Gn 17,17; cf. 18,11-13). L'ospite divino risponde: «C'è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio» (Gn 18,14; cf. Lc 1,37). Il racconto sottolinea l'effetto della visita divina che rende feconda un'unione coniugale, rimasta fino a quel momento sterile. Credendo nella promessa, Abramo diviene padre contro ogni speranza, e «padre nella fede» perché dalla sua fede «discende» quella del popolo eletto.

4. La Bibbia riporta altri racconti di donne liberate dalla sterilità e allietate dal Signore col dono della maternità. Si tratta di situazioni spesso angosciose, che l'intervento di Dio trasforma in esperienze di gioia accogliendo la preghiera accorata di chi umanamente è senza speranza. Rachele, ad esempio, «vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella Lia e disse a Giacobbe: "Dammi dei figli, se no io muoio!". Giacobbe s'irritò contro di lei e disse: "Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?"» (Gn 30,1-2). Ma il testo biblico aggiunge subito che «Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda. Essa concepì e partorì un figlio» (Gn 30,22-23). Questo figlio, Giuseppe, svolgerà un ruolo molto importante per Israele al momento della trasmigrazione in Egitto.
In questo come in altri racconti, sottolineando la condizione di sterilità iniziale della donna, la Bibbia intende porre in risalto il carattere meraviglioso dell'intervento divino in questi casi particolari, ma lascia al tempo stesso intendere la dimensione di gratuità insita in ogni maternità.

5. Analogo procedimento troviamo nel racconto della nascita di Sansone. La moglie di Manoach, che non aveva mai potuto generare figli, riceve l'annuncio dall'angelo del Signore: «Ecco, tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio» (Gdc 13,3). Il concepimento, inatteso e prodigioso, annuncia le grandi cose che il Signore compirà per mezzo di Sansone. Nel caso di Anna, la madre di Samuele, viene sottolineato il ruolo particolare della preghiera. Anna vive l'umiliazione della sterilità, ma è animata da una grande fiducia in Dio, al quale si rivolge con insistenza perché l'aiuti a superare quella prova. Un giorno, recatasi al Tempio, esprime un voto: «Signore degli eserciti,... se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita...» (1Sam 1,11). La sua preghiera venne esaudita: «Il Signore si ricordò di lei», che «concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele» (1Sam 1,19-20). Adempiendo il suo voto, Anna offrì suo figlio al Signore: «Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Perciò anch'io lo do in cambio al Signore: per tutti i giorni della sua vita egli è ceduto al Signore» (1Sam 1,27-28). Dato da Dio ad Anna e poi dato da Anna a Dio, il piccolo Samuele diventa un legame vivo di comunione tra Anna e Dio. La nascita di Samuele è quindi esperienza di gioia e occasione di rendimento di grazie. Il primo Libro di Samuele riporta un inno, detto il «Magnificat» di Anna, che sembra anticipare quello di Maria: «Il mio cuore esulta nel Signore, la mia fronte s'innalza grazie al mio Dio...» (1Sam 2,1). La grazia della maternità concessa ad Anna da Dio per la sua incessante preghiera, provoca in lei nuova generosità. La consacrazione di Samuele è la risposta riconoscente di una madre che, ravvisando nel suo bambino il frutto della misericordia divina, ricambia il dono affidando quel figlio tanto atteso al Signore.

6. Nel racconto delle maternità straordinarie che abbiamo rievocato è facile scoprire il posto importante che la Bibbia assegna alle madri nella missione dei figli. Nel caso di Samuele, Anna svolge un ruolo determinante con la decisione di donarlo al Signore. Una funzione ugualmente decisiva è svolta da un'altra madre, Rebecca, che procura l'eredità a Giacobbe (Gn 27). In quell'intervento materno, descritto dalla Bibbia, si può leggere il segno di una elezione a strumento del disegno sovrano di Dio. È Lui che sceglie il figlio più giovane, Giacobbe, come portatore della benedizione e dell'eredità paterna, e quindi come pastore e guida del suo popolo. È Lui che con decisione gratuita e sapiente fissa e regge il destino di ogni uomo (Sap 10,10-12). Il messaggio della Bibbia sulla maternità rivela aspetti importanti e sempre attuali: ne mette in luce, infatti, la dimensione di gratuità, che si manifesta soprattutto nel caso delle sterili, la particolare alleanza di Dio con la donna e il legame speciale fra il destino della madre e quello del figlio. Al tempo stesso, l'intervento di Dio che, in momenti importanti della storia del suo popolo, rende feconde alcune donne sterili, prepara la fede nell'intervento di Dio che, nella pienezza dei tempi, renderà feconda una Vergine per l'incarnazione del suo Figlio.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 6 marzo 1996

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Messaggio da miriam bolfissimo » sab ott 15, 2011 8:21 am

ImmagineSabato, 15 ottobre 2011


  • Donne impegnate nella salvezza del popolo
1. L'Antico Testamento ci fa ammirare alcune donne straordinarie che, sotto l'impulso dello Spirito di Dio, partecipano alle lotte e ai trionfi d'Israele o contribuiscono alla sua salvezza. La loro presenza nelle vicende del popolo non è né marginale né passiva: esse appaiono come autentiche protagoniste della storia della salvezza. Ecco gli esempi più significativi. Dopo il passaggio del mar Rosso, il testo sacro mette in rilievo l'iniziativa di una donna ispirata per celebrare festosamente questo evento decisivo: «Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze. Maria fece loro cantare il ritornello: Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere» (Es 15,20-21). Questa menzione della intraprendenza femminile in un contesto celebrativo pone in risalto non solo la rilevanza del ruolo della donna, ma anche la sua particolare attitudine a lodare e ringraziare Dio.

2. Un'azione ancora più importante svolge, al tempo dei Giudici, la profetessa Debora. Dopo aver ordinato al capo dell'esercito di radunare degli uomini e di scendere in campo, ella con la sua presenza assicura il successo dell'esercito di Israele, annunciando che un'altra donna, Giaele, ucciderà il capo dei nemici. Inoltre, per celebrare la grande vittoria, Debora intona un lungo cantico con il quale loda l'azione di Giaele: «Sia benedetta fra le donne Giaele,... benedetta fra le donne della tenda!» (Gdc 5,24). A questa lode fanno eco, nel Nuovo Testamento, le parole che, nel giorno della Visitazione, Elisabetta rivolge a Maria: Tu sei benedetta fra le donne... (cf. Lc 1,42). Il ruolo significativo delle donne nella salvezza del popolo, messo in luce dalle figure di Debora e di Giaele, è riproposto nella vicenda di un'altra profetessa di nome Culda, vissuta al tempo dei re Giosia. Interrogata dal sacerdote Chelkia, essa pronuncia degli oracoli che annunciano una manifestazione d'indulgenza per il re che temeva l'ira divina. Culda diventa così messaggera di misericordia e di pace (cf. 2Re 22,14-20).

3. I libri di Giuditta e di Ester, che hanno lo scopo di esaltare, in modo ideale, l'apporto positivo della donna nella storia del popolo eletto, presentano - in un contesto culturale di violenza - due figure di donne che procurano vittoria e salvezza agli Israeliti. Il libro di Giuditta, in particolare, riferisce di un temibile esercito inviato da Nabucodonosor a conquistare Israele. Guidata da Oloferne, l'armata nemica è pronta ad impadronirsi della città di Betulia, tra la disperazione degli abitanti che, ritenendo inutile ogni resistenza, chiedono ai capi di arrendersi. Ma agli anziani della città, che, in assenza di aiuti immediati, si dichiarano pronti a consegnare Betulia al nemico, Giuditta rimprovera la mancanza di fede, professando piena fiducia nella salvezza che viene dal Signore. Dopo aver a lungo invocato Dio, lei che è simbolo della fedeltà al Signore, dell'umile preghiera e della volontà di mantenersi casta, si reca presso Oloferne, il generale nemico, orgoglioso, idolatra e dissoluto. Rimasta sola con lui, Giuditta, prima di colpirlo, si rivolge a Iahvè dicendo: «Dammi forza, Signore Dio d'Israele, in questo momento» (Gdt 13,7). Poi, presa la scimitarra di Oloferne, gli taglia la testa. Anche qui, come nel caso di Davide di fronte a Golia, il Signore si serve della debolezza per trionfare sulla forza. In questa circostanza, però, a riportare la vittoria è una donna: Giuditta, senza farsi frenare dalla pusillanimità e dall'incredulità dei capi del popolo, raggiunge ed uccide Oloferne, meritando il ringraziamento e la lode del Sommo Sacerdote e degli anziani di Gerusalemme. Questi, rivolti alla donna che ha vinto il nemico, esclamano: «Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu magnifico vanto d'Israele, tu splendido onore della nostra gente. Tutto questo hai compiuto con la tua mano, egregie cose hai operato per Israele, di esse Dio si è compiaciuto. Sii sempre benedetta dall'onnipotente Signore» (Gdt 15,9-10).

4. In un'altra situazione di grave difficoltà per gli Ebrei si svolge la vicenda narrata dal Libro di Ester. Nel regno di Persia, Amàn, l'intendente del re, decreta lo sterminio degli Ebrei. Per allontanare il pericolo, Mardocheo, un giudeo che vive nella cittadella di Susa, ricorre alla nipote Ester, che vive nel palazzo del re dove ha raggiunto il rango di regina. Essa, contro la legge vigente, presentandosi al re senza essere stata convocata, e rischiando la pena di morte, ottiene la revoca del decreto di sterminio. Amàn viene giustiziato, Mardocheo accede al potere, e i giudei, liberati dalla minaccia, hanno così ragione dei loro nemici. Giuditta ed Ester mettono ambedue a repentaglio la vita per procurare la salvezza al loro popolo. I due interventi però sono molto diversi: Ester non uccide il nemico, ma, fungendo da mediatrice, intercede in favore di coloro che sono minacciati di sterminio.

5. Questa funzione di intercessione è attribuita poi ad un'altra figura di donna, Abigail, moglie di Nabal, dal primo Libro di Samuele. Anche qui, è grazie al suo intervento che si realizza un altro caso di salvezza. Ella va incontro a Davide, che ha deciso di annientare la famiglia di Nabal, chiedendo perdono per le colpe di suo marito, e libera così la sua casa da sicura sciagura (cf. 1Sam 25). Come è facile notare, la tradizione veterotestamentaria pone in evidenza più volte, soprattutto negli scritti più vicini all'avvento di Cristo, l'azione determinante della donna per la salvezza di Israele. In tal modo lo Spirito Santo, attraverso le vicende delle donne dell'Antico Testamento, tratteggiava con sempre maggiore precisione le caratteristiche della missione di Maria nell'opera della salvezza dell'intera umanità.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 27 marzo 1996

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Messaggio da miriam bolfissimo » sab ott 15, 2011 8:22 am

ImmagineDomenica, 16 ottobre 2011


  • Nobiltà morale della donna
1. L'Antico Testamento e la tradizione giudaica sono pieni di riconoscimenti per la nobiltà morale della donna, che si manifesta soprattutto nell'atteggiamento di fiducia verso il Signore, nella preghiera per ottenere il dono della maternità, nella supplica a Dio per la salvezza d'Israele dagli assalti dei suoi nemici. Talora, come nel caso di Giuditta, queste qualità vengono celebrate dall'intera comunità, divenendo oggetto di ammirazione per tutti. Accanto agli esempi luminosi delle eroine bibliche, non mancano le testimonianze negative di alcune donne, quali Dalila, la seduttrice che rovina l'attività profetica di Sansone (Gdc 16,4-21), le donne straniere che, nella vecchiaia di Salomone, allontanano il cuore del re dal Signore e gli fanno venerare altri dèi (1Re 11,1-8), Gezabele che stermina «tutti i profeti dei Signore» (1Re 18,13) e fa uccidere Nabot per dare la sua vigna ad Acab (1Re 2 1), la moglie di Giobbe che lo insulta nella sua sfortuna, spingendolo alla ribellione (Gb 2,9). In questi casi, il comportamento della donna ricorda quello di Eva. La prospettiva predominante nella Bibbia rimane però quella ispirata al Protovangelo che vede nella donna l'alleata di Dio.

2. Infatti, se le donne straniere sono accusate di avere allontanato Salomone dal culto del vero Dio, nel Libro di Rut ci viene proposta invece una figura molto nobile di donna straniera: Rut, la Moabita, esempio di pietà per i parenti e di umiltà sincera e generosa. Condividendo la vita e la fede di Israele, ella diventerà la bisnonna di Davide e l'antenata del Messia. Matteo, inserendola nella genealogia di Gesù (Mt 1,5), ne fa un segno di universalismo e un annuncio della misericordia di Dio che si estende a tutti gli uomini. Tra le antenate di Gesù, il primo evangelista ricorda anche Tamar, Racab e la moglie di Uria, tre donne peccatrici, ma non perfide, annoverate tra le progenitrici del Messia per proclamare la bontà divina più grande del peccato. Dio, mediante la sua grazia, fa contribuire ai suoi disegni di salvezza la loro situazione matrimoniale irregolare, preparando anche in questo modo il futuro. Un altro modello di umile dedizione, diverso da quello di Rut, è rappresentato dalla figlia di Iefte, che accetta di pagare con la propria morte la vittoria del padre sugli Ammoniti (Gdc 11,34-40). Piangendo il suo crudele destino, non si ribella, ma si consegna alla morte in adempimento del voto sconsiderato fatto dal genitore nel contesto di costumi ancora primitivi (cf. Ger 7,31; Mic 6,6-8).

3. La letteratura sapienziale, anche se spesso allude ai difetti della donna, vede in lei un tesoro nascosto: «Chi ha trovato una moglie ha trovato una fortuna, ha ottenuto il favore del Signore» (Prv 18,22), dice il Libro dei Proverbi esprimendo apprezzamento convinto per la figura femminile, prezioso dono del Signore. Alla fine dello stesso Libro, viene tracciato il ritratto della donna ideale che, lungi dal rappresentare un modello irraggiungibile, costituisce una proposta concreta, nata dall'esperienza di donne di grande valore: «Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore...» (Prv 31,10). La letteratura sapienziale indica nella fedeltà della donna all'alleanza divina il culmine delle sue possibilità e la fonte più grande di ammirazione. Infatti, se talora può deludere, la donna supera tutte le attese quando il suo cuore è fedele a Dio: «Fallace è la grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare» (Prv 31,30).

4. In tale contesto, il Libro dei Maccabei, nella vicenda della madre dei sette fratelli martirizzati nella persecuzione di Antioco Epifane, ci presenta l'esempio più mirabile di nobiltà nella prova. Dopo aver descritto la morte dei sette fratelli, l'autore sacro aggiunge: «La madre era soprattutto ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché, vedendo morire sette figli in un sol giorno, sopportava tutto serenamente per le speranze poste nel Signore. Esortava ciascuno di essi nella lingua patema, piena di nobili sentimenti, e sostenendo la tenerezza femminile con un coraggio virile», così esprimeva la sua speranza in una futura risurrezione: «Senza dubbio il creatore del mondo, che ha plasmato all'origine l'uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di voi stessi» (2Mac 7,20-23). La madre, esortando il settimo figlio ad accettare di essere ucciso piuttosto che trasgredire la legge divina, esprime la sua fede nell'opera di Dio che crea dal nulla tutte le cose: «Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l'origine del genere umano. Non temere questo carnefice ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia» (2Mac 7,28-29). Si avvia, infine, anch'essa alla morte cruenta, dopo aver subito sette volte il martirio del cuore, testimoniando una fede incrollabile, una speranza senza limiti ed un coraggio eroico. In queste figure di donna, nelle quali si manifestano le meraviglie della grazia divina, si intravvede Colei che sarà la donna più grande: Maria, la Madre del Signore.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 10 aprile 1996

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun ott 17, 2011 9:07 am

ImmagineLunedì, 17 ottobre 2011


  • La figlia di Sion
1. La Bibbia usa spesso l'espressione «figlia di Sion», per indicare gli abitanti della città di Gerusalemme, della quale il monte Sion costituisce la parte storicamente e religiosamente più significativa (cf. Mic 4,10-13; Sof 3,14-18; Zc 2,14; 9,9-10). Questa personalizzazione al femminile rende più agevole l'interpretazione sponsale delle relazioni d'amore tra Dio e Israele, indicato spesso con i termini dì «fidanzata» o di «sposa». La storia della salvezza è la storia dell'amore di Dio, ma spesso anche dell'infedeltà dell'essere umano. La Parola del Signore rimprovera sovente la sposa-popolo che infrange l'alleanza nuziale stabilita con Dio: «Come una donna è infedele al suo amante, così voi, casa di Israele, siete stati infedeli a me» (Ger 3,20), e invita i figli d'Israele ad accusare la loro madre: «Accusate vostra madre, accusatela, perché essa non è più mia moglie e io non sono più suo marito!» (Os 2,4). In che cosa consiste il peccato di infedeltà di cui si macchia Israele, la «sposa» di Iahvè? Esso consiste soprattutto nell'idolatria: secondo il testo sacro, per il Signore, il ricorso agli idoli da parte del popolo eletto equivale ad un adulterio.

2. È il profeta Osea che sviluppa, con immagini forti e drammatiche, il tema dell'alleanza sponsale tra Dio e il suo popolo e del tradimento da parte di quest'ultimo: la sua stessa vicenda personale ne diventa simbolo eloquente. Alla nascita della prole, infatti, egli riceve l'ordine: «Chiamala Non-amata, perché non amerò più la casa d'Israele, non ne avrò più compassione», e ancora: «Chiamalo Non-mio-popolo, perché voi non siete mio popolo e io non esisto per voi» (Os 1,6.9). Il richiamo del Signore e la deludente esperienza del culto agli idoli faranno rinsavire la sposa infedele che, pentita, dirà: «Ritornerò al mio marito di prima, perché ero più felice di ora» (Os 2,9). Ma Dio stesso desidera ristabilire l'alleanza, e allora la sua Parola si fa memoria, misericordia e tenerezza: «Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrà nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16). Il deserto, infatti, è il luogo in cui Dio, dopo la liberazione dalla schiavitù, ha stabilito l'alleanza definitiva con il suo popolo. Attraverso queste immagini di amore, che ripropongono il difficile rapporto tra Dio e Israele, il profeta illustra il grande dramma del peccato, l'infelicità della via dell'infedeltà e gli sforzi dell'amore divino per parlare al cuore degli uomini e riportarli all'alleanza.

3. Nonostante le difficoltà del presente, Dio annuncia, per bocca dei profeta, un'alleanza più perfetta per il futuro: «E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone... Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (Os 2,18.21-22). Il Signore non si scoraggia di fronte alle debolezze umane, ma risponde alle infedeltà degli uomini proponendo una unione più stabile e più intima: «Io li seminerò di nuovo per me nel paese e amerò Non-amata; e a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio, ed egli mi dirà: Mio Dio» (Os 2,25). La stessa prospettiva di una nuova alleanza viene riproposta da Geremia al popolo in esilio: «In quel tempo - oracolo del Signore - io sarò Dio per tutte le tribù d'Israele ed esse saranno il mio popolo». Così dice il Signore: «Ha trovato grazia nel deserto un popolo di scampati alla spada; Israele si avvia a una quieta dimora». Da lontano gli è apparso il Signore: «Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine di Israele» (Ger 31,1-4). Nonostante le infedeltà del popolo, l'amore eterno di Dio è sempre pronto a ristabilire il patto d'amore e a donare una salvezza che supera ogni attesa.

4. Anche Ezechiele ed Isaia fanno riferimento all'immagine della donna infedele perdonata. Attraverso Ezechiele il Signore dice alla sposa: «Ma io mi ricorderò dell'alleanza conclusa con te al tempo della tua giovinezza e stabilirò con te un'alleanza eterna» (Ez 16,60). Il Libro di Isaia riporta un oracolo pieno di tenerezza: «Tuo Sposo è il tuo Creatore... Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti riprenderò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore» (Is 54,5.7-8). Quello promesso alla figlia di Sion è un amore nuovo e fedele, una magnifica speranza che supera l'abbandono della sposa infedele: «Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco ha con sé la sua mercede, la sua ricompensa è davanti a lui. Li chiameranno popolo santo, redenti dal Signore. E tu sarai chiamata Ricercata, Città non abbandonata» (Is 62,11-12). Il profeta precisa: «Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra, Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo creatore; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,4-5). Immagini e atteggiamenti d'amore che il Cantico dei Cantici sintetizza nell'espressione: «Io sono per il mio diletto, e il mio diletto è per me» (Ct 6,3). È così riproposto in termini ideali il rapporto tra Iahvè e il suo popolo.

5. Quando ascoltava la lettura degli oracoli profetici, Maria doveva far riferimento a questa prospettiva, che alimentava nel suo cuore la speranza messianica. I rimproveri rivolti al popolo infedele dovevano suscitare in lei un impegno più ardente di fedeltà all'alleanza, aprendo il suo spirito alla proposta di una definitiva comunione sponsale con il Signore nella grazia e nell'amore. Da quella nuova alleanza sarebbe venuta la salvezza del mondo intero.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 24 aprile 1996

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar ott 18, 2011 9:21 am

ImmagineMartedì, 18 ottobre 2011


  • La nuova «Figlia di Sion»
1. Al momento dell'Annunciazione, Maria, «eccelsa figlia di Sion», viene salutata dall'angelo come la rappresentante dell'umanità, chiamata a dare il proprio consenso all'Incarnazione del Figlio di Dio. La prima parola che l'angelo le rivolge è un invito alla gioia: chaire, cioè «rallegrati». Il termine greco è stato tradotto in latino con «Ave», una semplice espressione di saluto, che non sembra corrispondere pienamente alle intenzioni del divino messaggero e al contesto in cui l'incontro si svolge. Certo, chaire era anche una formula di saluto, usata spesso dai Greci, ma le circostanze straordinarie in cui viene qui pronunciata esulano dal clima di un incontro abituale. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che l'angelo è consapevole di recare un annuncio unico nella storia dell'umanità: un saluto semplice e usuale, pertanto, sarebbe fuori luogo. Più confacente alla circostanza eccezionale sembra, invece, il riferimento all'originario significato dell'espressione chaire, che è «rallegrati». Come hanno costantemente rilevato soprattutto i Padri greci citando diversi oracoli profetici, l'invito alla gioia conviene particolarmente all'annuncio della venuta del Messia.

2. Il pensiero va innanzitutto al profeta Sofonia. Con il suo oracolo il testo dell'Annunciazione presenta un significativo parallelismo: «Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il tuo cuore figlia di Gerusalemme!...» (Sof 3,14). Vi è l'invito alla gioia: «Rallegrati con tutto il cuore» (v. 14). Vi è l'accenno alla presenza del Signore: «Re d'Israele è il Signore in mezzo a te» (v. 15). Vi è l'esortazione a non aver paura: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia» (v. 16). Vi è infine la promessa dell'intervento salvifico di Dio: «Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente» (v. 17). I riscontri sono tanto numerosi e puntuali da indurre a riconoscere in Maria la nuova «figlia di Sion», che ha pieno motivo di rallegrarsi perché Dio ha deciso di realizzare il suo piano di salvezza. Un analogo invito alla gioia, anche se in un contesto diverso, viene dalla profezia di Gioele: «Non temere, terra, ma rallegrati e gioisci, poiché cose grandi ha fatto il Signore... Voi riconoscerete che io sono in mezzo ad Israele ...» (Gl 2,21.27).

3. Significativo è inoltre l'oracolo di Zaccaria, citato a proposito dell'ingresso di Gesù in Gerusalemme (cf. Mt 21,5; Gv 12,15). In esso il motivo della gioia è visto nella venuta del re messianico: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile... annunzierà la pace alle genti» (Zc 9,9-10). Infine, dalla numerosa posterità, segno di benedizione divina, il libro di Isaia fa scaturire l'annuncio di gioia per la nuova Sion: «Esulta, o sterile che non hai partorito, prorompi in grida di giubilo e di gioia, tu che non hai provato i dolori, perché più numerosi sono i figli dell'abbandonata che i figli della maritata, dice il Signore» (Is 54,1). I tre motivi dell'invito alla gioia: la presenza salvifica di Dio in mezzo al suo popolo, la venuta del re messianico e la fecondità gratuita e sovrabbondante, trovano in Maria la loro piena attuazione. Essi legittimano il significato pregnante, attribuito dalla tradizione al saluto dell'angelo. Questi, invitandola a dare il suo assenso alla realizzazione della promessa messianica e annunciandole l'altissima dignità di Madre del Signore, non poteva non esortarla a rallegrarsi. Infatti, come ci ricorda il Concilio, «con lei, la eccelsa figlia di Sion, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova Economia, quando il Figlio di Dio assunse da Lei la natura umana, per liberare coi misteri della sua carne l'uomo dal peccato».

4. Il racconto dell'Annunciazione ci consente di riconoscere in Maria la nuova «figlia di Sion», invitata da Dio a una grande gioia. Esprime il suo ruolo straordinario di madre del Messia, anzi, di madre del Figlio di Dio. La Vergine accoglie il messaggio a nome del popolo di Davide, ma possiamo dire che l'accoglie a nome dell'intera umanità, perché l'Antico Testamento estendeva a tutte le nazioni il ruolo del Messia davidico (cf. Sal 2,8; 71(72),8). Nell'intenzione divina, l'annuncio a lei rivolto mira alla salvezza universale. A conferma di tale prospettiva universale del disegno divino, possiamo ricordare alcuni testi dell'Antico e del Nuovo Testamento che paragonano la salvezza a un grande banchetto di tutti i popoli sul monte Sion (cf. Is 25,6 s.), e che annunciano il convito finale del Regno di Dio (cf. Mt 22,1-10). Come «figlia di Sion», Maria è la Vergine dell'alleanza che Dio stabilisce con l'intera umanità. È chiaro il ruolo rappresentativo di Maria in tale evento. Ed è significativo che sia una donna a svolgere una tale funzione.

5. Come nuova «figlia di Sion», Maria è, infatti, particolarmente idonea ad entrare nell'alleanza sponsale con Dio. Più e meglio di qualsiasi membro del Popolo eletto, ella può offrire al Signore un vero cuore di Sposa. Con Maria, la «figlia di Sion» non è più semplicemente un soggetto collettivo, ma una persona che rappresenta l'umanità e, al momento dell'Annunciazione, risponde alla proposta dell'amore divino con il proprio amore sponsale. Ella accoglie, così, in modo tutto particolare, la gioia preannunciata dagli oracoli profetici, una gioia che qui, nel compimento del disegno divino, tocca il suo vertice.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 1 maggio 1996

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Messaggio da miriam bolfissimo » mer ott 19, 2011 8:35 am

ImmagineMercoledì, 19 ottobre 2011


  • La «Piena di grazia»
1. Nel racconto dell'Annunciazione, la prima parola del saluto angelico: «Rallegrati», costituisce un invito alla gioia che richiama gli oracoli dell'Antico Testamento rivolti alla «figlia di Sion». Lo abbiamo rilevato nella precedente catechesi, enucleando anche i motivi su cui tale invito si fonda: la presenza di Dio in mezzo al suo popolo, la venuta del re messianico e la fecondità materna. Questi motivi trovano in Maria pieno compimento. L'angelo Gabriele, rivolgendosi alla Vergine di Nazaret, dopo il saluto chaire, «rallegrati», la chiama kecharitoméne, «piena di grazia». Le parole del testo greco chaire e keckaritoméne presentano tra loro una profonda connessione; Maria è invitata a gioire soprattutto perché Dio l'ama e l'ha colmata di grazia in vista della divina maternità! La fede della Chiesa e l'esperienza dei santi insegnano che la grazia è fonte di gioia e che la vera gioia viene da Dio. In Maria, come nei cristiani, il dono divino genera una profonda letizia.

2. Kecharitoméne: questo termine rivolto a Maria appare come una qualifica propria della donna destinata a diventare la madre di Gesù. Lo ricorda opportunamente la Lumen gentium, quando afferma: «La Vergine di Nazareth è, per ordine di Dio, salutata dall'angelo nunziante quale "piena di grazia"». Il fatto che il messaggero celeste la chiami così conferisce al saluto angelico un valore più alto: è manifestazione del misterioso piano salvifico di Dio nei riguardi di Maria. Come ho scritto nell'Enciclica Redemptoris Mater: «La pienezza di grazia indica tutta l'elargizione soprannaturale, di cui Maria beneficia in relazione al fatto che è stata scelta e destinata ad essere Madre di Cristo». «Piena di grazia» , è il nome che Maria possiede agli occhi di Dio. L'angelo, infatti, secondo il racconto dell'evangelista Luca, lo usa ancor prima di pronunciare il nome di «Maria», ponendo così in evidenza l'aspetto prevalente che il Signore coglie nella personalità della Vergine di Nazaret. L'espressione «piena di grazia» traduce la parola greca kecharitoméne, la quale è un participio passivo. Per rendere con più esattezza la sfumatura del termine greco, non si dovrebbe quindi dire semplicemente «piena di grazia» , bensì «resa piena di grazia» oppure «colmata di grazia» , il che indicherebbe chiaramente che si tratta di un dono fatto da Dio alla Vergine. Il termine, nella forma di participio perfetto, accredita l'immagine di una grazia perfetta e duratura che implica pienezza. Lo stesso verbo, nel significato di «dotare di grazia» , è adoperato nella Lettera agli Efesini per indicare l'abbondanza di grazia, concessa a noi dal Padre nel suo Figlio diletto (Ef 1,6). Maria la riceve come primizia della redenzione.

3. Nel caso della Vergine l'azione di Dio appare certo sorprendente. Maria non possiede alcun titolo umano per ricevere l'annuncio della venuta del Messia. Ella non è il sommo sacerdote, rappresentante ufficiale della religione ebraica, e neppure un uomo, ma una giovane donna priva d'influsso nella società del suo tempo. Per di più, è originaria di Nazareth, villaggio mai citato nell'Antico Testamento. Esso non doveva godere di buona fama, come traspare dalle parole di Natanaele riportate dal vangelo di Giovanni: «Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46). Il carattere straordinario e gratuito dell'intervento di Dio risulta ancora più evidente dal raffronto con il testo lucano, che riferisce la vicenda di Zaccaria. Di questi è messa infatti in evidenza la condizione sacerdotale, come pure l'esemplarità della vita che rende lui e la moglie Elisabetta, modelli dei giusti dell'Antico Testamento: essi «osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore» (Lc 1,6). L'origine di Maria, invece, non viene neppure indicata: l'espressione «della casa di Davide» (Lc 1,27) si riferisce, infatti, soltanto a Giuseppe. Non si fa cenno poi del comportamento di Maria. Con tale scelta letteraria, Luca evidenzia che in lei tutto deriva da una grazia sovrana. Quanto le è concesso non proviene da nessun titolo di merito, ma unicamente dalla libera e gratuita predilezione divina.

4. Così facendo, l'evangelista non intende certo ridimensionare l'eccelso valore personale della Santa Vergine. Vuole piuttosto presentare Maria come puro frutto della benevolenza di Dio, il quale ha preso talmente possesso di lei da renderla, secondo l'appellativo usato dall'Angelo, «piena di grazia». Proprio l'abbondanza di grazia fonda la nascosta ricchezza spirituale in Maria. Nell'Antico Testamento Jahweh manifesta la sovrabbondanza del suo amore in molti modi e in tante circostanze. In Maria, all'alba del Nuovo Testamento, la gratuità della divina misericordia raggiunge il grado supremo. In lei la predilezione di Dio testimoniata al popolo eletto, ed in particolare agli umili e ai poveri, raggiunge il suo culmine. Alimentata dalla Parola del Signore e dall'esperienza dei santi, la Chiesa esorta i credenti a tenere lo sguardo rivolto verso la Madre del Redentore e a sentirsi come lei amati da Dio. Li invita a condividerne l'umiltà e la povertà affinché, seguendo il suo esempio e grazie alla sua intercessione, possano perseverare nella grazia divina che santifica e trasforma i cuori.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 8 maggio 1996

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Messaggio da miriam bolfissimo » gio ott 20, 2011 8:54 am

ImmagineGiovedì, 20 ottobre 2011


  • La perfetta santità di Maria
1. In Maria «piena di grazia», la Chiesa ha riconosciuto «la tutta santa e immune da ogni macchia di peccato», «adornata fin dal primo istante della sua concezione dagli splendori di una santità del tutto singolare». Questo riconoscimento ha richiesto un lungo itinerario di riflessione dottrinale, che ha portato infine alla proclamazione solenne del dogma dell'Immacolata Concezione. L'appellativo «resa piena di grazia», rivolto dall'angelo a Maria nell'Annunciazione, accenna all'eccezionale favore divino concesso alla giovane di Nazaret in vista della maternità annunciata, ma indica più direttamente l'effetto in Maria della grazia divina; Maria è stata intimamente e stabilmente permeata dalla grazia e dunque santificata. La qualifica kecharitoméne ha un significato densissimo, che lo Spirito Santo non ha mai smesso di far approfondire dalla Chiesa.

2. Nella precedente catechesi ho rilevato che nel saluto dell'angelo l'espressione «piena di grazia» ha quasi valore di nome: è il nome di Maria agli occhi di Dio. Nell'uso semitico, il nome esprime la realtà delle persone e delle cose cui si riferisce. Di conseguenza, il titolo «piena di grazia» manifesta la dimensione più profonda della personalità della giovane donna di Nazareth: a tal punto plasmata dalla grazia e oggetto del favore divino, da poter essere definita da questa speciale predilezione. Il Concilio ricorda che a tale verità alludevano i Padri della Chiesa quando chiamavano Maria «la tutta santa», affermando nel contempo che ella era stata «dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa nuova creatura». La grazia, intesa nel significato di «grazia santificante» che opera la santità personale, ha realizzato in Maria la nuova creazione, rendendola pienamente conforme al progetto di Dio.

3. Così la riflessione dottrinale ha potuto attribuire a Maria una perfezione di santità che, per essere completa, doveva necessariamente investire l'origine della sua vita. Nella direzione di questa purezza originale sembra essersi mosso un vescovo della Palestina, vissuto tra il 550 e il 650, Theoteknos di Livias. Egli, presentando Maria come «santa e tutta bella», «pura e senza macchia», allude alla sua nascita in questi termini: «Nasce come i cherubini, colei che è di un'argilla pura e immacolata». Quest'ultima espressione, ricordando la creazione del primo uomo, plasmato da un'argilla non macchiata dal peccato, attribuisce alla nascita di Maria le stesse caratteristiche: anche l'origine della Vergine è stata «pura e immacolata», cioè senza nessun peccato. Il paragone con i cherubini, inoltre, ribadisce l'eccellenza della santità che ha caratterizzato la vita di Maria sin dai primordi della sua esistenza. L'affermazione di Theoteknos segna una tappa significativa della riflessione teologica sul mistero della Madre del Signore. I Padri greci ed orientali avevano ammesso una purificazione operata dalla grazia in Maria sia prima dell'Incarnazione, sia al momento stesso dell'Incarnazione. Theoteknos di Livias sembra richiedere per Maria una purezza assoluta fin dall'inizio della sua vita. Infatti, Colei che è stata destinata a diventare la Madre del Salvatore non poteva non avere un'origine perfettamente santa, senza macchia alcuna.

4. Nell'VIII secolo, Andrea di Creta, è il primo teologo che vede nella natività di Maria una nuova creazione. Egli così argomenta: «Oggi l'umanità, in tutto il fulgore della sua nobiltà immacolata, riceve la sua antica bellezza. Le vergogne del peccato avevano oscurato lo splendore e il fascino della natura umana; ma quando nasce la Madre del Bello per eccellenza, questa natura recupera, nella sua persona, i suoi antichi privilegi ed è plasmata secondo un modello perfetto e veramente degno di Dio... Oggi la riforma della nostra natura comincia e il mondo invecchiato, sottomesso a una trasformazione tutta divina, riceve le primizie della seconda creazione». Riprendendo poi l'immagine dell'argilla primitiva, egli afferma: «Il corpo della Vergine è una terra che Dio ha lavorato, le primizie della massa adamitica divinizzata nel Cristo, l'immagine veramente somigliante alla bellezza primitiva, l'argilla impastata dalle mani dell'Artista divino». La Concezione pura e immacolata di Maria appare così come l'inizio della nuova creazione. Si tratta di un privilegio personale concesso alla donna scelta per essere la Madre di Cristo, che inaugura il tempo della grazia abbondante, voluto da Dio per l'intera umanità. Questa dottrina, ripresa nel medesimo VIII secolo da san Germano di Costantinopoli e da san Giovanni Damasceno, illumina il valore della santità originale di Maria, presentata come l'inizio della redenzione del mondo. In tal modo la riflessione ecclesiale recepisce ed esplicita il senso autentico del titolo «piena di grazia», attribuito dall'angelo alla Santa Vergine. Maria è piena di grazia santificante, ed è tale fin dal primo momento della sua esistenza. Questa grazia, secondo la Lettera agli Efesini (Ef 1,6), viene conferita in Cristo a tutti i credenti. L'originale santità di Maria costituisce il modello insuperabile del dono e della diffusione della grazia di Cristo nel mondo.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 15 maggio

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven ott 21, 2011 8:20 am

ImmagineVenerdì, 21 ottobre 2011


  • L'Immacolata Concezione
1. Nella riflessione dottrinale della Chiesa di Oriente, l'espressione «piena di grazia», come abbiamo visto nelle precedenti catechesi, fu interpretata, sin dal VI secolo, nel senso di una singolare santità che investe Maria in tutta la sua esistenza. Ella inaugura così la nuova creazione. Accanto al racconto lucano dell'Annunciazione, la Tradizione ed il Magistero hanno indicato nel cosiddetto Protovangelo (Gen 3,15) una fonte scritturale della verità dell'Immacolata Concezione di Maria. Questo testo ha ispirato, a partire dall'antica versione latina: «Ella ti schiaccerà la testa», molte rappresentazioni dell'Immacolata che schiaccia il serpente sotto i suoi piedi. Abbiamo già avuto modo di ricordare in precedenza come questa versione non corrisponda al testo ebraico, nel quale non è la donna, bensì la sua stirpe, il suo discendente, a calpestare la testa del serpente. Tale testo attribuisce quindi, non a Maria, ma a suo Figlio la vittoria su Satana. Tuttavia, poiché la concezione biblica pone una profonda solidarietà tra il genitore e la sua discendenza, è coerente con il senso originale del passo la rappresentazione dell'Immacolata che schiaccia il serpente, non per virtù propria ma della grazia del Figlio.

2. Nel medesimo testo biblico viene inoltre proclamata l'inimicizia tra la donna e la sua stirpe da una parte e il serpente e la sua discendenza dall'altra. Si tratta di un'ostilità espressamente stabilita da Dio, che assume un rilievo singolare se consideriamo il problema della santità personale della Vergine. Per essere l'inconciliabile nemica del serpente e della sua stirpe, Maria doveva essere esente da ogni dominio del peccato. E questo fin dal primo momento della sua esistenza. In proposito, l'Enciclica Fulgens Corona, pubblicata da Papa Pio XII nel 1953 per commemorare il centenario della definizione del dogma dell'Immacolata Concezione, così argomenta: «Se in un determinato momento la Beatissima Vergine Maria fosse rimasta privata della grazia divina, perché contaminata nel suo concepimento dalla macchia ereditaria del peccato, tra lei e il serpente non ci sarebbe stata più – almeno durante questo periodo di tempo, per quanto breve fosse – quell'eterna inimicizia di cui si parla dalla tradizione primitiva fino alla solenne definizione dell'Immacolata Concezione, ma piuttosto un certo asservimento». L'assoluta ostilità stabilita da Dio tra la donna e il demonio postula quindi in Maria l'Immacolata Concezione, cioè una assenza totale di peccato, sin dall'inizio della vita. Il Figlio di Maria ha riportato la vittoria definitiva su Satana e ne ha fatto beneficiare in anticipo la Madre, preservandola dal peccato. Di conseguenza il Figlio le ha concesso il potere di resistere al demonio, realizzando così nel mistero dell'Immacolata Concezione il più notevole effetto della sua opera redentrice.

3. L'appellativo piena di grazia» ed il Protovangelo, attirando la nostra attenzione sulla speciale santità di Maria e sulla sua completa sottrazione all'influsso di Satana, fanno intuire, nel privilegio unico concesso a Maria dal Signore, l'inizio di un nuovo ordine, che è frutto dell'amicizia con Dio e che comporta, di conseguenza, una inimicizia profonda fra il serpente e gli uomini. Come testimonianza biblica a favore dell'Immacolata Concezione di Maria, si cita spesso anche il capitolo 12 dell'Apocalisse, nel quale si parla della «donna vestita di sole» (Ap 12,1). L'attuale esegesi converge nel vedere in tale donna la comunità del popolo di Dio, che partorisce nel dolore il Messia risorto. Ma, accanto alla interpretazione collettiva, il testo ne suggerisce una individuale nell'affermazione: «Essa partorirà un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro» (Ap 12,5). Si ammette così, con il riferimento al parto, una certa identificazione della donna vestita di sole con Maria, la donna che ha dato alla luce il Messia. La donna-comunità è descritta infatti con le sembianze della donna-Madre di Gesù. Caratterizzata dalla sua maternità, la donna «era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto» (Ap 12,2). Questa annotazione rimanda alla Madre di Gesù presso la Croce (cf. Gv 19,25), dove Ella partecipa con l'anima trafitta dalla spada (cf. Lc 2,35) al travaglio del parto della comunità dei discepoli. Nonostante le sue sofferenze, è «vestita di sole»– porta, cioè, il riflesso dello splendore divino – e appare come «segno grandioso» del rapporto sponsale di Dio con il suo popolo. Queste immagini, pur non indicando direttamente il privilegio dell'Immacolata Concezione, possono essere interpretate come espressione della cura amorosa del Padre che avvolge Maria della grazia di Cristo e dello splendore dello Spirito. L'Apocalisse, infine, invita a riconoscere più particolarmente la dimensione ecclesiale della personalità di Maria: la donna vestita di sole rappresenta la santità della Chiesa, che si realizza pienamente nella Santa Vergine, in virtù di una grazia singolare.

4. Alle affermazioni scritturistiche, cui fanno riferimento la Tradizione e il Magistero per fondare la dottrina dell'Immacolata Concezione, sembrerebbero opporsi i testi biblici che affermano l'universalità del peccato. L'Antico Testamento parla di un contagio peccaminoso che investe ogni «nato di donna» (Sal 50,7; Gb 14,2). Nel Nuovo Testamento, Paolo dichiara che, a seguito della colpa di Adamo, «tutti hanno peccato», e che «per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna» (Rm 5,12.18). Dunque, come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, il peccato originale «intacca la natura umana», che si trova così «in una condizione decaduta». Il peccato viene perciò trasmesso «per propagazione a tutta l'umanità, cioè con la trasmissione di una natura umana privata della santità e della giustizia originale». A questa legge universale Paolo ammette però un'eccezione: Cristo, colui «che non aveva conosciuto peccato» (2Cor 5,21), e così ha potuto far sovrabbondare la grazia «laddove è abbondato il peccato» (Rm 5,20). Queste affermazioni non portano necessariamente a concludere che Maria è coinvolta nell'umanità peccatrice. Il parallelo, istituito da Paolo fra Adamo e Cristo, è completato da quello fra Eva e Maria: il ruolo della donna, rilevante nel dramma del peccato, lo è altresì nella redenzione dell'umanità. Sant'Ireneo presenta Maria come la nuova Eva che, con la sua fede e la sua obbedienza, ha controbilanciato l'incredulità e la disobbedienza di Eva. Un tale ruolo nell'economia della salvezza richiede l'assenza di peccato. Era conveniente che come Cristo, nuovo Adamo, anche Maria, nuova Eva, non conoscesse il peccato e fosse così più atta a cooperare alla redenzione. Il peccato, che quale torrente travolge l'umanità, s'arresta dinanzi al Redentore e alla sua fedele Collaboratrice. Con una sostanziale differenza: Cristo è tutto santo in virtù della grazia che nella sua umanità deriva dalla persona divina; Maria è tutta santa in virtù della grazia ricevuta per i meriti del Salvatore.


  • Giovanni Paolo II, mercoledì 29 maggio 1996

      • ImmagineAve o Maria, piena di grazia:
        il Signore è con Te!

        • Tu sei benedetta fra tutte le donne
          e benedetto è il Figlio Tuo Gesù!


        Santa Maria, Madre di Dio:
        prega per noi, peccatori...
        adesso, e nell’ora della nostra morte. Amen.
        Immagine
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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