Regolare, regolare…regolare; regolare!

[RobyMAD]

Regolare. Regolare. Regolare. Regolare.
Mia madre diceva che dovevo mangiare ai pasti e dormire la notte, mia zia che dovevo studiare almeno due ore al giorno; mia nonna voleva che andassi a messa tutte le domeniche e la mia fidanzata che durassi -sempre- più di cinque minuti. Me lo dicevano tutti: «devi essere più regolare.»
Capii che avevano ragione un Lunedì pomeriggio, quando la ditta di liquori per la quale lavoravo organizzò un aperitivo aperto al pubblico.
Tra gli altri miei colleghi c’era un fattorino, un fottio di segretarie e uno stagista disabile mentale, ma il capo scelse me per pulire tutte le stoviglie sporche, usate l’aperitivo precedente.
L’edificio ove svolgevo la mia attività di addetto stampa non ha una cucina, così incominciai a lavare tutti quei bicchieri in bagno: alle 9:40 entrò Valeria, la segretaria super gnocca. Aveva il ciclo e voleva cambiare l’assorbente, così m’invitò a uscire. Uscì alle 9:43.
Alle 10:00 entrò il direttore, la persona più regolare che io conosca. Fece la sua “pausa urina” giornaliera e tornò a comandare, consigliandomi di essere regolare come lui: «Se vuoi ottenere qualcosa, devi impegnarti giorno per giorno.»
Alle 10:23 entrò lo stagista, che aveva mangiato qualcosa di avariato. Uscì pochi minuti dopo, ma a causa dei suoi arcimaledetti gas puzzolenti il bagno rimase inagibile per più di venti minuti.
Alle 10:45 venni rimproverato perché non avevo finito di lavare tutti i bicchieri.
Regolare, regolare, regolare, regolare. C’era solo quella parola nella mia testa.
Cominciai a comprare tutti i prodotti che promettevano regolarità: l’acqua che regola la diuresi, lo yogurt che regola l’organismo, la macchina fotografica che si auto-regola, manuali per un’alimentazione regolare, manuali per un’attività fisica e sessuale regolare.
Il titolo che m’incuriosì di più fu un libro che aiutava a regolamentare i peti, per evitare figuracce in pubblico. Se avessi trovato quel libro quando avevo tredici anni, avrei evitato parecchie figure di merda a liceo e all’università.
Ricordo che il giorno di discussione della tesi ero parecchio agitato. Il bagno della mia università era guasto e per non diffondere miei gas ovunque, corsi al bar più vicino. Bevvi un caffè alla goccia, perché mi hanno insegnato che è maleducazione usufruire dei servizi di un negozio senza prendere qualcosa. Quando scoprii che anche il bagno del bar era guasto, avrei voluto uccidere il commesso. Con una corsa a saltelli “stile fantozzi” (veloce perché non ne potevo proprio più, ma obbligandomi a fare passi non troppo lunghi per evitare di farmela nelle mutande) raggiunsi il bar più vicino dove riuscii finalmente a evacuare.
Mi allenai parecchi mesi, per diventare la persona che tutti desideravano.
La mia pausa pranzo lavorativa durava 60 minuti. Avevo il tempo di andare a casa, cuocermi un piatto di pasta e lavare le stoviglie.
Prima dell’allenamento, alcuni giorni mi scappava la cacca e non avevo il tempo di lavare piatto e padella in cui avevo mangiato. La compagna me lo rinfacciava e quei giorni, la sera, inventava scuse improbabili per non fare l’amore.
Da quando sono diventato regolare questo non succede più. Imparai a cagare in ufficio: entravo in bagno alle 9:45, mi sedevo nel cesso alle 9:46, incominciavo a pulirmi alle 9:52 e, in base alla densità delle feci, tiravo lo sciacquone tra le 9:56 e le 9:58.
Il direttore si accorse della mia regolarità un giovedì mattina. Erano le 10 e due minuti e aveva finito la sua proverbiale “pausa urina”, quando venne da me e mi disse: «Ma devi proprio cagare sempre pochi minuti prima delle 10:00?»
Risposi: «Ho seguito il suo consiglio, sono diventato regolare, regolare, regolre!»