La bacchetta magica

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RobyMAD
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La bacchetta magica

Messaggio da RobyMAD » gio giu 29, 2006 12:49 pm

LA BACCHETTA MAGICA

Luca Talloncini era, per sua natura, una persona nata per risolvere equazioni, logaritmi, sistemi, problemi di fisica o di chimica, ma come barzelletiere lasciava molto a desiderare. Se proprio voleva conquistare Laura, la ragazza bella che per una serie di coincidenze fortunate passeggiava con lui, la sera del dodici settembre alle ore 9:10 – non se lo scorderà mai –, avrebbe dovuto scegliere una strategia diversa; ma Luca si ostinò a raccontare la sua barzelletta migliore:
«Se la conosci già fermami pure, ne conosco molte altre», disse lui grattandosi dietro l’orecchio.
Lei annuì con un sorriso, e aspettò. Luca attese qualche attimo e cominciò:
«Va bene allora; c’è un coccodrillo che entra in un… no, scusa, non era un coccodrillo.» Sconsolato, fece qualche passo guardando in basso, poi si diede coraggio con un forte sospiro e continuò.
«Una mela entra in un bar – è per questo che fa ridere - … ok, tre mele entrano in un bar e si siedono in un tavolo.»
Lei annuisce ancora con un sorriso uscito dalla pubblicità di un dentifricio ricco di fluoro.
«La mela più magra si alza, va al bancone e ordina tre drink, uno per lui e gli altri due per le sue amiche, ma torna sconsolata al tavolo e riferisce che in questo bar le mele non possono ordinare. Allora la mela più cicciona si alza e dopo poco torna con tre stupendi drink con l’ombrellino. Le tre mele stanno bevendo contente, quando arriva il cameriere che dice: Ehi, ma non sei una mela anche tu? E la mela gli risponde: Ma che ti sei impazzito? Non vedi come sono grossa, io sono di sicuro un melone.»
La ragazza non mutò espressione. Luca aggiunse: «Un melone, capito?» E vedendo che lei rimaneva sempre con la stessa faccia, si giustificò: «Dovrebbe far ridere.»
Laura spiegò che a lei non piacciono le barzellette, che i film comici in televisione le fanno cambiare canale e che probabilmente non aveva un gran senso dell’umorismo.
«Non importa», la scusò Luca, che appena si rifece coraggio le chiese:
«Come mai oggi hai voluto che ti accompagnassi alla macchina?» E tu naturalmente hai accettato subito, sei proprio un cane. Laura sorrise ancora: «Probabilmente crederai che sono una scema, ma ho parcheggiato in Corso Moncalieri, a, scusa, ma dobbiamo camminare un po’. E che io odio il traffico e o preferito parcheggiare lì e venire a piedi. Ah, è in salita dunque non scandalizzarti se partendo boccio la macchina di dietro.»
«No, dici così ma sono sicuro che partirai benissimo»
«No, è in salita. Io non ho mai imparato a fare le partenze in salita. Infatti a scuola guida il mio istruttore tossiva per ricordarmi che dovevo accelerare un pochino prima di lasciare il freno a mano altrimenti andavo indietro… eccola, è parcheggiata laggiù.»
Laura lo bacia sulle guance: «Ciao, allora… non guardarmi partire, va bene?»
«Sono sicuro che partirai benissimo. Io porto fortuna.»
«Gentilissimo.»
«Ciao, a Giovedì?»
«No, io non ci sarò»
«A quando ci sarai allora.»
«Sì, ciao. E grazie ancora.»
«Ciao.»
Luca si nascose dietro un albero e la osservò partire. Laura non bocciò nessuna macchina.

C’è un nitido portoncino che versa luce colorata sul marciapiede di Via Vespucci ogni notte dalle 23:00 alle 6:00 del mattino. I raggi multicolori trapelano e trapelavano dal piccolo vetro dipinto, protetto da una grata di ferro color rosso. Sopra, un cartello con sopra scritto: Il giardino dell’Eden. A questa porta si arriva passando per uno stretto vicolo pieno di case decadute dipinte con colori ormai spenti. Quando picchi con le nocche la porta si apre e una benevola donna t’accoglie e t’invita a sederti su un divano di pelle consumata. La stanza è colorata come il vetro, piena di un profumo poco definibile. C’era una strana atmosfera psichedelica che ti distruggeva ogni barlume di pudore.
Luca si guardò in giro. «Se il diavolo facesse i coperchi.» Era proprio lui, una delle persone che odiava di più senza sapere il perché. Era Andrea, un depresso pieno di cicatrici che voleva essere l’amico di tutti. Di lui si diceva che avesse paura della solitudine a tal punto che aveva bisogno di un amico persino per andare a gettare il sacco del sudicio. Una volta si era visto arrivare un sms anonimo con sopra scritto più o meno: «Se sta notte hai sete, quando ti alzi dal letto dimmelo che ti accompagno al frigorifero.» Da allora provò a contenere un poco quel suo insopportabile modo di fare, senza riuscirci. Scordatevi che fosse uno stupido però, Andrea aveva una media universitaria che avrebbe fatto comodo a chiunque. Qualche volta riuscivi a farci una chiacchierata indimenticabile, ma il più delle volte dovevi aiutarlo a superare le sue insicurezze e va bene essere “madre Teresa” per guadagnarsi un posto in paradiso, ma una persona così che ti gironzola in torno, quando non sei in stato di grazia, sfido chiunque a sopportarla.
Luca non faceva eccezione, ma era troppo di buon cuore per evitarlo, cosicché si era fatto convincere a studiare con lui «Sociologia delle reti telematiche», uno degli esami più bastardi del Politecnico di Milano, non tanto per la difficoltà della materia, ma a causa della pazzia di –bisogna chiamarlo così perché qualcuno gli ha dato il titolo- quel becero d’insegnante.
Vi ho già detto del suo modo buffo di parlare? Due anni fa Andrea aveva avuto un incidente in moto e da allora, oltre a una ragguardevole collezione di cicatrici, aveva vinto anche il modo di parlare di chi fa fatica ad articolare le parole.
Andrea parlò: «A..llor..a dom..ani si s..tudia ins..ieme?»
«Ci siamo messi d’accordo, no?»
«E..ra per e..ssern..e sic..uro. Mang..iam..o in s..iem..e doman..i?»
«Non ci sono, mi spiace.»
«No..n ti pia..c..e m..annoiare ..co..n me?»
Luca respirò profondamente. Lo strano odore della stanza colorata lo prese per mano:
«Vattene a fare in culo. Guarda che anche gli altri possono avere dei problemi.»
«Co..s..ì mì off..e..n.. –sembrava che la parola non finisse mai- di.» replicò Andrea.
Luca si chiese come una persona del genere potesse avere una media così alta, 29,6 se ricordava bene. Si spiegò meglio:
«No, sei tu che te le vai a cercare. Ti sembra che il mondo si fermi quando tu non ci sei? Non mi piaci!… Sveglia!»
«A..llor..a se ..è cos..ì bast..a ch..e lo d..i..ci. Guard..a ch..»
«Adesso lo sai. Guarda che se continui così rimarrai solo.» Questa era una grossa bugia, quel depresso insicuro aveva più amici e –porcaputtana- donne di quanto lui sognasse.
Andrea si alzò. Si avvicinò a Luca con quella sua camminata dinoccolata, anch’essa guadagnata con l’incidente:
«C..iao. N..onn chie..der..mi più ..gl..i app..unt..i.»
Luca si alzò e poi si risedette. Non valeva sporcarsi le mani con una persona del genere, anche perché era venuto per: Era davvero bella. Ululò.
«Non ti ricordi chi deve venire sta sera? Su, svegliati, Marco.» Disse Laura.
La donna della sua vita parlava come sua madre, schiaffeggiandolo nello stesso modo. Un momento, era sua madre. Sua madre gli stava dando piccole spinte sulla spalla per svegliarlo.
Marco!

Luca doveva incontrare suo cugino, il tipico ragazzo senza alcun dissesto psichico, immagine modello del vincente nato. Un giorno leggeremo di lui sul giornale: «Il primario dell’ospedale di Roma, attualmente fidanzato con Miss Svezia, è stato l’unico nella storia ad aver nello stesso anno trovato una miracolosa cura per l’Aids, costruito un ospedale per bambini in Cile e aver scritto e venduto i diritti di un romanzo del terrore per una somma segreta che, sembra molto vicina al capogiro.»
Luca lo incrociò alle 23:00. Odiò subito il modo insopportabile con cui ammiccava le persone, ma sarebbe stato utile riuscire ad imitarlo: così fu felice di scendere un attimo con lui, mentre le due madri discutevano del più e del meno.
Entrarono in un bar. Marco ordinò una wodka liscia e Luca una birra piccola. Quest’ultimo sorseggiava la bevanda aspettando che il cugino parlasse. Marco bevve tutto d’un fiato il bicchierino e cominciò:
«Come va, è da tanto che non ci si vede.»
«Già.»
«Luca Talloncini, giusto?»
«-Ti odio sempre di più- Sì.»
«E vorresti somigliare a me.»
Luca lo osservò meglio. Il miscuglio di colori dei suoi indumenti era orribile a una prima analisi, ma aveva un non so che d’attraente. I suoi occhi erano di un azzurro mare, illuminati dalla luce che filtrava attraverso lenti finissime di occhiali alla moda. Labbra carnose, di un rosso vivo, molto sensuali.
«No, mi dovresti far capire se Medicina è l’università adatta a me. Sto avendo un po’ di problemi a ingegneria, quest’anno.»
«Perché?»
«Non si prendono neanche il mal di pancia di… non lo so.» Guarda verso il basso.
«Ehi, non ti preoccupare, ci penso io a te.»
«E come?» Luca si sorprese di essersi messo nelle mani di un essere così, ma sentì di aver bisogno di una guida e quel bamboccio perfetto seduto poco distante da lui era proprio ciò di cui aveva bisogno.
«Bè, Luca, sai mantenere un segreto?»
«Sì»
«Io alle elementari, ero sicuramente peggio di te.»
«Davvero?»
«Pensa che ogni giorno uno stupido moccioso mi odiava come anti-stress, finché…»
«Allora?»
«…finché un giorno ho capito che avevo bisogno di un qualcosa che mi desse coraggio, di una bacchetta magica. Vuoi sapere cosa ho fatto allora?»
«Certo che lo voglio. Sì. Ti prego
«Bè,» Si aggiusta i capelli. «Fu più una cosa casuale.»
«Muoviti»
«Trovai per strada un coltellino e… cazzo se l’ho aperto quel bastardo.»
«Cosa hai fatto?» Luca l’aveva capito benissimo, lo disse solo per aprire bocca ogni tanto.
«Gli ho aperto la mano, è stato fighissimo. Ha sporcato tutta la cattedra di sangue e la maestra lì sul momento mi ha sgridato, ma poi ha detto a mia madre che in fondo ha fatto bene. Hai capito?»
«Sì.»
«Dalla tua faccia penso di no.»
Marco si avvicina ancora un poco e apre un lato della giacca abbastanza da far vedere il calcio di una pistola.
«L’ho portata per te, Luca.»
«Non so se sia una buona idea.» Luca era paralizzato. Gli venne in mente l’umiliazione più grande della sua vita. Giorno 27 Jonny. A liceo c’era uno strano psicologo in erba che faceva esperimenti con i compagni. Il 27 Febbraio del 2004, alle ore 11 e qualcosa, “Freud” rinchiuse Luca nel ripostiglio, dove si sapeva che la lampadina era fulminata da anni, e poi tornò tranquillamente in classe. Il bidello sentì le urla mezz’ora più tardi. Luca tornò in classe con i pantaloni bagnati. Fottuto Jonny. Fottuto Giorno 27. Se solo avesse avuto una pistola, sì che le cose sarebbero cambiate. Adesso che ci faceva caso, era da quel giorno che le cose cominciarono ad andare storto. Perché non aveva una pistola.
Si alzò di scatto e l’afferrò. L’aveva toccata, stava per estrarla, ma Marco fece resistenza.
«Ti sei impazzito, qui davanti a tutti?»
Marco si guardò in giro, il barista per fortuna era lontano e i pochi clienti erano impegnati tra loro.
«Vieni Luca, facciamo due passi.»

Laura attendeva l’amica con la quale avrebbe dovuto andata a fare shopping. Era arrivata in fretta all’appuntamento, pedalando al limite delle sue capacità. Lo si vedeva dalla pelle, che a causa dell’affaticamento e del sole tiepido della primavera sembrava malata.
Laura guardava in giro con occhi sbrigliati e penetranti, quando si sentì chiamare:
«Ciao, scusa per il ritardo.»
«Ciao Catia. Allora, come va?»
«Bene, ti devo parlare.»
«A me?»
«Sì, per quest’estate. Sono andata in agenzia e ho chiesto un po’ i prezzi. Andando in treno risparmiamo duecento euro.»
Laura la guardò negli occhi. Incominciavano ad andare in brodo di giuggiole al pensiero della vacanza divertente. L’amica continuò:
«Se vuoi c’è anche l’aereo, ma risparmiare duecento euro se si può…»
«Sì, sì, va bene.»
«Allora, com’è andata ieri?»
«Ieri?»
«Sì, hai trovato qualcuno che ti accompagnasse alla macchina?»
«Mi ha accompagnato Luca. Sai quello che segue il mio stesso corso.»
«L’ingegnere?»
«Sì, proprio lui.»
«Bè, è carino no?»
«… e insicuro però… dai, è carino.»
«Sei diventata rossa, ti piace.»
«Allora per quest’estate a me va bene. Prenota pure quando vuoi, ti porto i soldi per la caparra domani.»
«Dai, guarda che non devi vergognarti di me, ti piace?»
«Ti ho detto che è troppo insicuro.»
Laura afferrò per mano l’amica e cominciò a passeggiare. Le due si fermarono davanti alla soglia rilucente di una bottega da parrucchiera. Scrutarono, dal vetro, le pettinature strambe che nascevano nella testa delle clienti, in cerca d’ispirazione per un nuovo e accattivante taglio da mostrare per l’estate.
«Penso che con un taglio del genere saresti proprio irresistibile e Luca cadrebbe ai tuoi piedi.» Ribadì l’amica.
«La pianti?» Replicò Laura che puntando il dito fece un’aria minacciosa prima di ghignare. «Certe volte non so come faccio a sopportarti.»
«Sì, con un taglio del genere staresti proprio bene.»
«Non per Luca però, è troppo insicuro.» Sentenziò Laura.
«Devi piantarla di andare dietro agli attori del cinema. E poi Ken è sposato.»
«Kennet.»
«Quello che è»
L’amica indicò un’altra pettinatura poggiando il polpastrello nel vetro.»
«Anche quella non è niente male, come pensi che starei?»
Laura osservò i capelli castani, folti e crespati dell’amica, che le venivano fuori dalla metà della fronte, quasi a riparargli gli occhi marrone vivo dal sole lucente. Accorciò la pettinatura attuale di qualche centimetro, la sfumò lì e laggiù e provò a riappiccicare il tutto nella stessa faccia, magari un po’ più abbronzata: sì, stava bene. Riferì il verdetto.
«Ho deciso allora. Prenoto anche per te, domani?»
«Facciamo giovedì?»
«No, giovedì sono con mia madre in campagna. Dobbiamo scegliere un divano.»
«Venerdì?»
«Sì, venerdì va benissimo.»
L’amica guardò la testa di Laura:
«E tu per che pettinatura hai deciso allora?»
«Non lo so ancora, in questi giorni ci penso.»
«Non conciarti come la tua vicina.»
«Quella, no di certo.»

Luca mise la pistola sotto il cuscino: l’accarezzava di tanto in tanto, come fosse Ciuffo, il suo orsacchiotto preferito. Mise la sicura perché l’arma era carica e pronta all’uso. Glielo spiegò Marco, ma lui per essere tranquillo aveva controllato.
Ecco! Lo stesso portoncino, le stesse luci psichedeliche, lo stesso misterioso odore.
Non perdere tempo: grazie alla bacchetta magica sbarazzati subito di Andrea per passare ogni prezioso secondo con la donna dei suoi sogni.
Luca aveva maledetto il cugino Marco, perché l’aveva strappato via dalla stanza piena di colori, sicuro che non sarebbe più riuscito a ritrovarla, nei sogni successivi. Adesso stravedeva per quel ragazzo, così fiero e sicuro di sé.


La mattina, levandosi, Luca cantava a squarciagola, e anche durante il giorno, ogni volta che con i polpastrelli leggeva come un cieco la superficie della pistola, intonava pezzi dei “Queen” con relativa mimica. «Show must go on... show...», attaccava ad esempio mentre s’infilava la camicia, o quando, lavatosi i denti, immaginava che effetto avrebbe fatto il suo smagliante sorriso sul mondo. Se avesse avuto una coda a disposizione, l’avrebbe agitata a destra e sinistra in segno di gioia. Ogni volta che in questa felicità a Luca pareva di scorgere un sapore cattivo, toccava la nuova bacchetta – miracolosa – magica e continuava a catare: «I am a champion… we are…»
Andrea arrivò puntuale, alle undici e un quarto, come d’appuntamento.
Luca lo squadrò, osservando i suoi abiti che gli parvero particolari: somigliavano a quelli di uno sfigato. Andrea si accorse dell’attenzione e per rompere l’imbarazzo disse:
«Se..mbri più a..lto»
Luca, compiaciuto, si mise ancor più in posizione, come se da un momento all’altro, un fotografo lo dovesse immortalare per una copertina di «Vanity Fear»:
«Ho migliorato la postura. Allora, cominciamo? Così finiamo presto.»
«Ti ..seg..uo bel r..agazz..o.»
Luca sfilò sino ad arrivare al tavolo della cucina, dove aveva già preparato i libri. A ogni riga completata, l’agitazione cresceva:
«Vado un attimo di la.»
«Co..sa devi f..are. Maial..one!»
Sono affari miei. Luca andò in camera sua per recuperare la pistola. Era sotto il cuscino: giaceva sul lenzuolo di cotone delicato e bianco, che n’esaltava la forma: sinuosa, perfetta.
Tornò ancor più imperioso, si sedette e guardò il libro.
Andrea lo vide distratto e glielo comunicò. Luca toccò la pistola e, anche se con un’iniziale esitazione, la estrasse puntandogliela addosso, imitando De Niro: «Ce l’hai con me? In questa stanza ci sono solo io. –Sospiro pensieroso e sentenzioso- Ce l’hai con me! Io però sono un tipo duro, sbagli ad avercela con me. Senti, facciamo così, ti do cinque secondi per uscire dalla stanza, altrimenti di apro un buco in testa.»
Andrea rise: «Ott..imo attor..e. Bra..vo.»
Luca ci prese gusto e provò a inventare una minaccia tutta sua: «Guarda bene il buco. Ti sembra una pistola finta? –Continuò con la sua voce- Perché pensi che io sia tuo amico, non mi conosci nemmeno.»
«Se.. vuoi che ..me ne v..ado, bast..a che lo dic..i.»
«Te lo dico chiaro, allora. Io e te non siamo amici. Ti aiuto per questo esame perché te l’ho promesso… e poi tu hai una media da far invidia a chiunque, io non ti servo.»
«Cos..i mi off..endi.» Andrea sospettò che non si trattava di uno scherzo.
Luca appiccicò la pistola al petto d’Andrea:
«Attento. Io ho questa.» Era maledettamente serio.
«No..n chieder..mi più app..unti.»
«Si può sapere cosa vuol dire? Ti ho già sentito ripeterla più volte questa frase. L’ho mai fatto? Cresci, va.»
«Cos..i vuoi di..re che s..ono imm… immatu..ro?»
Luca colpì, con la canna della pistola, il compagno di studi sul naso. Andrea sentì il colpo che, seppur leggero, gli diede fastidio. Fece una via di mezzo tra un colpo di tosse e uno starnuto, mentre si massaggiava il naso.
«Ciao Andrea. Ci vediamo domani a lezione.» Sempre lo stesso tono di voce robotica.
«Che str..onz..o che sei. Laur..a lo sa?» Interruppe la frase a metà. Andrea non aveva più voglia di scherzare. Gliel’avrebbe fatta pagare. Se solo avesse potuto. Uscì senza chiudere la porta principale: in viso era pallido.
Luca rimase solo in casa; la sua mamma lavorava quella mattina, ma anche se avesse avuto un giorno di ferie, avrebbe impiegato la mattina in campagna da Giorgio, dove avrebbe preso il sole e corso un po’. Cinque minuti, non di più. Il tempo di farsi venire il fiatone per caracollare a terra e guardarsi la pancia, deprimendosi per non essere una strega in grado di farla sparire.

11-04-2004, Martedì
Non fu una notte facile. Di sicuro non fu come Luca l’aveva immaginata: era diventato un amante rozzo, brutale.
Immaginò Laura vestita da cameriera mentre gli stava ripulendo la stanza. Spolverava i mobili e i pantaloni bianchi attillati lasciavano intravedere una paradisiaca visione.
Laura invece era nervosa e non ci fu modo di farle cambiare atteggiamento: era e rimase rigida. L’amplesso fu più un allenamento di body building, dove, c’è solo il maschio che per compiacere l’ego solleva pesi senza vita.
Luca doveva dirle qualcosa: doveva proprio dirglielo:
«Penso sia meglio che non ci vediamo più.»
Laura era estasiata per il modo con cui Luca aveva condotto. Sbiancò, non capiva che cosa fosse andato male: «Non capisco.» «Non sono affari tuoi. Vestiti per favore.»
«Per chi mi hai preso, per una di quelle?» Rantolò Laura.
Luca si avvicinò:
«Penso che sia arrivato il momento di comunicare chiaro. Io sono potente, capisci? E bello. Potrei tranquillamente uscire con donne diecimila volte meglio di te. -Ghignò- E più brave.Tu sei una ragazzina che ha paura di provare situazioni forti. Io –balbettò e abbassò lo sguardo- non più.»
Laura gli tirò uno schiaffo e Luca gli afferrò la mano al volo:
«Non permetterti mai più di farmi una cosa del genere.» Nei suoi occhi c’era una strana luce brillante, per niente umana.
Toccandosi la guancia dolorante a Laura venne in mente la prima mestruazione. Si era svegliata e si era toccata, sentendosi felice quando sentì che era diventata donna. Era da un anno che attendeva il momento, da quando la nonna –la madre l’aveva reputata più brava di lei per spiegare certe cose- aveva annunciato che, prim’o poi, sarebbe diventata grande e che il segno distintivo… Volle sputare in faccia alla nonna. Si era sbagliata, essere grande non era bello come le fu stato detto.
Laura sputò in faccia a Luca, il quale prese la pistola da sotto il cuscino e scaricò tutto il caricatore sulla donna che cadde a terra, senza un lamento.
Si avvicinò per vedere i suoi occhi spenti. Andò allo specchio e fece un paragone con i suoi: di sicuro, più belli e lucenti.
Laura visse ancora per qualche istante: scosse la testa, emise un impercettibile colpo di tosse, disegnò un pittogramma col sangue, farfugliò qualcosa tipo… «sirena.» Spalancò gli occhi: si ricordò del terremoto che quando aveva dodici anni fece crollare tutti i bicchieri nella credenza. Odiò la nonna, essere grande non era il bello della vita come le era stato annunciato. Laura era in casa. Un forte temporale aveva fatto saltare la luce, ma lei era luminosa e bella.
Nuda: si sentiva perfetta. C’era un ragazzo del libro Cuore, che le tendeva la mano. Anche se una nuvola ancora più buia del buio era sopra la testa, riusciva a vederlo.
La nuvola era Luca: le calò le palpebre e la ordinò sul pavimento. La mise dritta, le tolse il ciuffo di capelli che le era andato sul viso e le incrociò le braccia sotto il seno. Il nonno sarebbe stato fiero: rimproverava sempre, Luca, quando metteva in ordine le cose con poca cura. Sì! Sarebbe stato fiero se solo fosse ancora vivo, se solo avesse potuto vedere come riordinava il cadavere. Luca strinse la bacchetta magica più forte che poteva: l’aveva ancora ben salda nel palmo della mano. Era la sua migliore amica, l’unica che sarebbe sempre stata con lui.
La madre entrò in stanza. Rimase pietrificata.
Luca gli sparò quattro volte, ma il caricatore era vuoto, allora uscì dalla stanza (e dalla casa), levandola dall’uscio.
L’unico pensiero che aveva in mente era ricaricare la magica bacchetta.

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Beldanubioblu
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Messaggio da Beldanubioblu » ven giu 30, 2006 3:00 pm

Sono riuscita ad arrivare fino infondo,
a me piacciono le storie brevi e concise,
la tua l'ho letta solo perche' era tua
devo ammettere che come racconto non mi dispiace per nulla
il tuo modo di tenere in sospeso fino lla fine e' davvero ammirabile.

Sono felice di sapere che almeno qualche volta potro'
godere i tuoi post.
Qui fa un caldo bestiale e ora mi e' venuta una coccola micidiale...
stasera voglio vedere la partita ben rilassata
quindi vado a fare un bel pisolino.
Un abbraccio

Luciella
Il sole non ti serve per vedere perchè tu luce sei in mezzo al buio...(Lucia Di Iulio)

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Messaggio da RobyMAD » sab lug 01, 2006 1:46 am

3-0 e semifinale.

Lo spettacolo teatrale è andato molto bene. Per un primo anno dicono tutti che siamo stati molto bravi e che promettiamo bene.

Wow.. davvero l'hai letto solo perché mio? Non lo so, ma mi piace la cosa.
Ps, io sono riuscito a sino a ora a fare le cose senza bacchette magiche (acquisto coltelli, forse, mi piacciono le lame, ma non ci dormo insieme)
I fatti dunque sono inventati.

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