OPERA DELLO SPIRITO SANTO (Vari articoli)

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massimo
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OPERA DELLO SPIRITO SANTO (Vari articoli)

Messaggio da massimo » mar gen 09, 2007 2:02 pm

Dio è Amore
S. E. Mons. Andrea Gemma, Vescovo di Isernia-Venafro

Sappiamo bene: l’approccio a Dio è stato ed è sempre problematico, faticoso, difficile. Nel caso peggiore, come purtroppo dimostra la temperie in cui viviamo, la soluzione della difficoltà si riduce nel deprecabilissimo fenomeno dell’ateismo, che è, come ha ripetuto il Concilio Ecumenico Vaticano II, il fenomeno più preoccupante del nostro momento storico. Si tratta, come si intuisce facilmente, di ateismo teorico - raro -, ma soprattutto di quell’ateismo pratico che coincide con l’indifferentismo religioso: si vive e si opera come se Dio non esistesse. Eppure nessuno potrà dire che Dio non abbia fatto il possibile per venire incontro alla sua creatura per farsi sentire come Padre, anzi come Dio Amore. A questo riguardo il mistero dell’Incarnazione che il Natale richiama è l’esplicitazione più evidente della vicinanza di Dio all’uomo: Dio è venuto a cercarci, Dio si è fatto visibile (Gv 1,1otto), Dio ci ha parlato (Eb 1,1ss). Si comprende immediatamente che l’allontanamento dell’uomo da Dio, allontanamento colpevole o “incolpevole” che sia, a tutto e a tutti, potrà essere imputato tranne che a Dio stesso. C’è di più: il Signore Gesù rivelandoci il mistero della vita divina ci ha non solamente mostrato il Padre, ma ci ha fatto conoscere quello Spirito Santo, che egli inviò sugli Apostoli nel giorno di Pentecoste e che, ha detto, sarebbe rimasto sempre con noi.
Questo Spirito Santo, da cui fummo segnati sin dal giorno del nostro Battesimo e che rimane in noi fino a che non sia scacciato dal peccato mortale, è purtroppo il grande sconosciuto. Chi ne riconoscesse la forza divina, l’infinita virtù trasformatrice, la sua luminosa irradiazione, avvertirebbe innanzitutto in se stesso una trasfigurazione che gli renderebbe continuamente Dio presente ed operante e avrebbe a disposizione una “forza segreta” che lo renderebbe dominatore del male, in sé e intorno a sé e operatore di bene. Soprattutto avvertirebbe come un irresistibile impulso a fidarsi di Dio e a riporre il lui ogni speranza, a implorare continuamente i divini interventi e si scoprirebbe egli stesso operatore di meraviglia.
«Coloro che sono sospinti dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio» (Rm 8,14), così S. Paolo, di cui occorrerebbe citare tante altre parole, esprime la verità che stiamo esponendo: è lo Spirito di Dio che attua e ci fa sperimentare la figliolanza divina. Anzi lo stesso apostolo arriva a dire che lo Spirito Santo è la voce che grida in noi la nostra figliolanza nei confronti di Dio, ed egli stesso (lo Spirito) esprime verso di Lui l’inesprimibile di tale realtà (Rm 8,26 ss).
Riscoprire lo Spirito Santo, nell’autenticità della nostra fede in lui, significherà innanzitutto “sentirlo” come voce della nostra creaturalità che sentendosi incapace di raggiungere Dio e di corrispondere degnamente al suo amore, si rivolge allo Spirito da cui si sente inabitato perché sia la sua voce di risposta a quel Dio che lo ha prevenuto col suo infinito amore. Lo Spirito Santo, dunque, è il dono di Dio per eccellenza (ma non in quanto possibilità di ottenere qualcosa di straordinario i “carismi” di cui oggi tanto si parla e sui quali anche noi ci soffermeremo), è la voce di Dio che dovrebbe continuamente risuonare dentro di noi per ripeterci e convincerci che Dio ci ama pur senza perdere nulla della sua infinita trascendenza, è il Dio a noi vicinissimo e per questo ci ricolma della sua grazia, la quale, come dice l’etimologia stessa della parola, è dono gratuito della sua immensa bontà. Dovrebbe essere inoltre, questo Spirito Santo, la nostra stessa voce, calda di amore riconoscente che si rivolge al Padre per adorarlo, per lodarlo, per ringraziarlo. Non è bello dunque, immaginare così il nostro rapporto con lo Spirito Santo e quindi con Dio, ossia come amorosa e costante corrispondenza di sentimento di umiltà creaturale che gode di essere ammessa al banchetto della eterna infinitudine di Dio?
A nostro giudizio la riscoperta attuale dello Spirito Santo e della sua azione, cosa lodevolissima, non sempre avverte questa priorità ineludibile: esprimere a Dio la nostra infinita riconoscenza per tutto ciò che ci ha dato e continua a donarci. È bene che ne tengano debito conto coloro che hanno avuto la fortuna di questa riscoperta. Dio, se non se ne vuole alterare banalmente l’identità, non è una potenza messa a servizio dei nostri pur legittimi desideri e pur costanti bisogni, ma è la luce soprannaturale che, riverberata sulla nostra povera anima, la divinizza, ossia la rende «partecipe della divina natura» (2Pt 1,14). La nostra risposta a tale realtà non potrà essere che un costante stupore e un coercibile amore che grida, rivolto a Dio: «Papà!» (Rm 8,15; Gal 4,6). È questo, particolarmente, il compito dello Spirito Santo in noi in nostro favore: come sarebbe bello se, avendo fatto esperienza di questa luce e di questa presenza dello Spirito Santo, che ci arricchisce, ci mettessimo continuamente in ascolto della sua voce che risuona dentro di noi e finalmente la indirizzassimo verso il cielo, tentando di corrispondere con la stessa gratuità di cui è connotato l’amore divino verso di noi. Quando diciamo con fervorosa voce «Vieni Spirito Santo» dovremmo intendere tale invocazione, noi che siamo convinti di essere il tempio dello Spirito, come invito alla divina persona dello Spirito a compiere il suo dovere nei confronti del Padre, a mantenerci costantemente nel suo amore. Tutta la nostra vita ne sarebbe altamente trasfigurata e la nostra anima supernamente illuminata.
Ultima modifica di massimo il mer gen 17, 2007 2:40 pm, modificato 3 volte in totale.
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anna teresa
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Messaggio da anna teresa » mar gen 09, 2007 7:40 pm

VIENI SPIRITO SANTO

CATECHESI SULLO SPIRITO SANTO

RACCONTO DELLA VITA DI UN SANTO
San Serafino di Sarov (1759-1833) è una delle figure più popolari tra i santi russi. Della sua vita si racconta questo fatto, molto interessante, con un certo Nicola Motovilov, che lui aveva guarito.

«Era un giovedì di inverno. Lo strato di neve era piuttosto alto. Padre Serafino prese a conversare con me sul praticello accanto a due eremitaggi.

Dio mi ha rivelato mi disse che in gioventù tu desideravi sapere qual è il fine della nostra vita cristiana e che più volte hai interrogato in proposito persone esperte nella vita spirituale, ma nessuno ti ha detto qualche cosa di preciso a riguardo. Ti hanno detto: "Vai in Chiesa, fai il bene, osserva i comandamenti. Ecco il fine della vita cristiana per te". Non ti parlavano come si conviene, ora io, povero Serafino, ti esporrò realmente qual è il fine della vita cristiana. La preghiera, il digiuno, le veglie e tutte le altre opere del cristiano, per quanto eccellenti in sé, non sono il fine della vita cristiana, benché mezzi indispensabili per raggiungerlo.

Il vero fine della vita cristiana consiste nell'acquisto dello Spirito Santo. Tu capisci cosa vuol dire guadagnare il denaro. Ebbene, è esattamente la stessa cosa per- l'acquisto dello Spirito Santo. Le mercanzie sono le azioni virtuose compiute per Cristo; esse ci procurano la grazia dello Spirito, senza la quale nessuno si salva, né può salvarsi. Ma è soprattutto la preghiera che ce la dà. Grande è la forza della preghiera. Per mezzo suo siamo ammessi a parlare al nostro Salvatore e Signore.

Padre, gli risposi, ma come posso vederlo? Le opere buone sono visibili, ma come si può vedere lo Spirito Santo, sapere se è in me o no?

Amico mio, amico di Dio, è semplicissimo mi disse e tenendomi stretto per le spalle aggiunse: Adesso, piccolo padre, siamo tutti e due entro lo Spirito divino. Perché non guardi verso di me?

Risposi: Non posso guardarvi, padre, perché lampi sprizzano dai vostri occhi, il vostro viso è diventato più splendente del sole.

E Serafino aggiunse: Non temere, amico di Dio, in questo momento tu risplen­di quanto me. Sei adesso nella pienezza dello Spirito Santo, altrimenti ti sarebbe impossibile vedere anche me in questo stato. È la grazia divina che si è degnata di confortare il tuo cuore, contrito come una madre, per intercessione della Ver­gine Santa. Guardami senza timore, Dio è con noi! Che provi ora? mi chiese padre Serafino.

Provo una sensazione infinitamente benefica risposi. Sento calma e pace nella mia anima che non posso esprimere.

Questa è la pace di cui il Signore ha detto ai suoi discepoli: "Vi do’ la mia pace. Non come il mondo la dà, io ve la do’" (Jo 14, 27). Che provi ancora? Un'insolita dolcezza, una gioia ineffabile in tutto il cuore.

Questa gioia disse il padre è quella di cui parla il Signore nel vangelo e che prova una donna quando mette al mondo un uomo (Jo 16, 21). L'occhio non ha visto, l'orecchio non ha udito le cose che Dio ha preparato per coloro che lo amano (1 Cor 2, 9). Che provi ancora prediletto da Dio?

Risposi: Una strana sensazione di calore! Ma che calore? Siamo seduti nella foresta, è inverno, abbiamo la neve sotto i piedi e anche su di noi c'è un pollice di neve e dal cielo scende nevischio. Di che calore si può trattare? È un calore come quello di un bagno ben caldo.

E l'odore è simile a quello di un bagno?

No, dissi, sulla terra non ho mai sentito un profumo simile.

Allora il padre, sorridendo mi disse: Mio caro piccolo padre, conosco tutto ciò che dici e ti interrogo apposta per sapere se tu veramente provi questo. Il Regno di Dio è sceso tra gli uomini e in ciò non vi è nulla di strano; deve essere così, perché la grazia di Dio dimora in noi, nel nostro cuore. Non lo ha forse detto il Signore? "Il regno di Dio è in voi!" (Lc 17, 21). Ora immagino che tu non domanderai più come gli uomini si trovino nella grazia dello Spirito Santo. Ti ricorderai di questa manifestazione dell'immensa grazia di Dio, che ci ha visita­to oggi?

Non so, padre. Non so se Dio mi dà il dono di ricordarmi e di sentire forte­mente questa grazia divina come la sento ora,

. risposi.

Per conto mio, credo che il Signore ti aiuterà a conservare sempre la memo­ria, poiché diversamente la Sua grazia non si sarebbe subito piegata alla mia umile preghiera, tanto più che questo non è stato concesso a te solo, ma per tra­mite a tutto il mondo, perché ciò possa servire anche per bene degli altri».

1.

LO SPIRITO SANTO È IL PRIMO DONO AI CREDENTI

1. IL DIO SCONOSCIUTO

Purtroppo molti cristiani non conoscono lo Spirito, come avvenne a Efeso. Si legge: «Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell'Altopia­no, giunse ad Efeso. Qui trovò alcuni discepoli e disse loro: Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla Fede? Gli risposero: Non abbiamo nem­meno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo.

Ed egli disse: Quale battesimo avete ricevuto? Il battesimo di Giovanni rispo­sero. Disse allora Paolo: Giovanni ha amministrato un battesimo di penitenza, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù.

Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù e non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e parla­vano in lingua e profetavano. Erano in tutto circa dodici uomini» (Atti 19, 1-7).

2. IL DIO INVISIBILE

I Teologi dicono che lo Spirito non si può rappresentare o raffigurare come il Padre o il Figlio, ma Lui è "non visibile".

Gesù ha fatto conoscere il volto di Dio Padre, di Gesù possiamo raffigurare il volto umano, ma lo Spirito, in un certo senso manifesta la profondità che Dio è Mistero trascendente, al di sopra di ogni possibilità di comprensione umana. Lo Spirito non si vede, possiamo però sentime la Presenza dai suoi effetti, dalla sua azione: dove agisce santifica e tutto trasforma in luce e bontà!

In questo Anno dello Spirito, il Papa ci invita nella sua lettera Tertio Millennio Advenientes a riscoprire la Sua Presenza e la Sua Azione nella Chiesa e nella storia (TMA n. 44-45).

3. IL DIO DELICATISSIMO E SOAVISSIMO

I mistici insegnano che per percepire interiormente la voce e la presenza dello Spirito occorre purezza di cuore e grande umiltà, perché basta un minimo peccato per annientare la Sua voce! Lo Spirito è amore umilissimo che si propone con soavità e dolcezza: occorre continuamente purificarsi per accogliere i suoi inviti!

4. I SIMBOLI DELLO SPIRITO SANTO

La Bibbia parla dello Spirito Santo, attraverso dei simboli, delle immagini, dei nomi che cercano di rendere comprensibile il mistero dello Spirito con il nostro lin­guaggio umano. Nella Bibbia lo Spirito è indicato con la parola ebraica ruah che significa vento e respiro. Vento perché la ruah appare come il vento inafferrabile, qualcosa di sfuggente per l'uomo. L'uomo può osservare il vento (2 Re 3, 17; Qo 11, 4) ma non può disporre del vento, non può dominarlo. Il vento può essere soa­vissimo, leggero o forte e impetuoso, forza che tutto sconvolge! Respiro perché Dio alita sull'uomo dandogli la vita. «Il Signore Dio plasmò con polvere del suolo e sof­fiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente» (Gen 2, 7).

Questo termine designa la vita: come il vento sulla terra massiccia e inerte, così il soffio del respiro, fragile e vacillante, è la forza che solleva, anima il corpo e la sua massa. Di questo soffio l'uomo non è padrone, pur non potendo farne a meno, muore quando questo si spegne. Come il vento, ma in modo più diretto, viene dun­que da Dio, lo Spirito di Dio mi ha creato e il soffio dell'Onnipotente mi dà la vita (Gb 33, 4). Questo soffio fa ritomo a Dio con la morte: «Se egli richiamasse il suo Spirito a sé e se ritraesse il suo soffio, ogni carne morirebbe all'istante e l'uomo ritomerebbe in polvere» (Gb 34, 14 ss). La ruah designa anche la coscienza umana e la vasta gamma dei sentimenti positivi e negativi: ira, furore, coraggio, volontà di resistenza, orgoglio, depressione, scoraggiamento, umiltà, contrizione.

Con il profeta Ezechiele il termine ruah diventa sinonimo di lev, cioè di cuore e designa l'io profondo dell'uomo, il centro spirituale, il suo intimo, sede dei pensie­ri e delle decisioni.

Acqua: come l'acqua è indispensabile alla vita, così lo Spirito alla vita spiritua­le: come la gestazione della nostra prima nascita si è operata nell'acqua, allo stesso modo l'acqua battesimale significa realmente che la nostra nascita alla Vita Divina ci è donata nello Spirito Santo. Lo spirito è donato da Gesù che sgorga da Lui come da sorgente, l'acqua zampilla per la vita eterna (Jo 4, 10-14) chi crede in Lui sarà inondato da fiumi d'acqua viva che sono i doni dello Spirito (Jo 7, 37-39).

Fuoco: mentre l'acqua è simbolo della vita, il fuoco è simbolo dell'energia che purifica e trasforma in fuoco tutto ciò che investe così «lo Spirito Santo che è fuoco» (Lc 3, 16) trasforma i battezzati in creature partecipi della natura divina. A Pentecoste lo Spirito sotto forma di «lingua come di fuoco li trasforma in uomini nuovi» (At 2, 1-4) pieni di forza, di entusiasmo, di coraggio, infuocati di zelo e di amore per il Signore! Fuoco di amore, fuoco di generosità, fuoco di carità senza limiti.

Colomba: è il simbolo della pace, della mitezza, della gioia di una vita nuova e armoniosa! Alla fine del diluvio la colomba «fatta uscire da Noè, torna con un freschissimo ramoscello di ulivo, come segno che la terra era di nuovo abitabile» (Gen 8, 8-12). Quando Gesù risale dalle acque del Giordano, l'acqua del suo batte­simo, lo Spirito Santo, sotto forma di colomba scende su di lui. Lo Spirito prende dimora nel cuore dei battezzati, purificati dal Battesimo. In alcune Chiese l'Euca­restia è conservata in una custodia metallica a forma di colomba, appesa al di sopra dell'altare!

Unzione: questo simbolo è talmente significativo da essere sinonimo. Per coglierne il significato, occorre tener presente la prima fondamentale unzione che è quella di Gesù, l'Unto di Spirito Santo, costituito così Cristo-Messia l'Unto del Signore, il Consacrato. È lo Spirito che consacra l'umanità di Gesù e lo riempie di forza e di santità!

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Messaggio da miriam bolfissimo » mer gen 10, 2007 11:24 am

Miei carissimi massimo e anna: che gioia qs condivisioni!

Un abbraccissimoringraziosissimo, miriam bolfissimo ;)
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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OPERA DELLO SPIRITO SANTO ( II parte)

Messaggio da massimo » mer gen 10, 2007 2:20 pm

Nella risurrezione della carne alla fine dei tempi
Don Renzo Lavatori

La risurrezione dei morti è una dottrina proclamata costantemente dalla Chiesa fin dall’inizio del cristianesimo, come risulta dalla professione di fede: «Credo nella risurrezione della carne». Il recente Compendio del Catechismo ne offre una bella sintesi: «Con la morte, separazione dell’anima dal corpo, il corpo cade nella corruzione, mentre l’anima, che è immortale, va incontro al giudizio di Dio e attende di ricongiungersi al corpo quando, al ritorno del Signore, risorgerà trasformato» (n. 205). Ancora spiega che la risurrezione della carne «significa che lo stato definitivo dell’uomo non sarà soltanto l’anima spirituale separata dal corpo, ma che anche i nostri corpi mortali un giorno riprenderanno vita» (n. 203). Pertanto il cristiano ha la speranza, fondata sulla fede, che anche il corpo, creato da Dio e fatto suo tempio con il battesimo, ritornerà alla vita piena ed eterna. Una notizia ricolma di gioia e di fiduciosa attesa.

1. Cristo causa e fondamento della risurrezione dei nostri corpi
Il NT attesta che la risurrezione eterna dei morti è già cominciata in Gesù; inoltre la risurrezione di tutti avviene per mezzo di Lui. Gesù lega la fede nella risurrezione alla sua persona e Lui stesso risusciterà nell’ultimo giorno coloro che avranno creduto in Lui e avranno mangiato il suo corpo e bevuto il suo sangue. Secondo il vangelo di Giovanni, Gesù personalmente è «la risurrezione e la vita» (Gv 11,25), perché è il «Figlio del Dio vivo» (Gv 11,27). Per questo egli può dire: «Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso... Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene, per una risurrezione di vita e quanti fecero il male, per una risurrezione di condanna» (Gv 5,26.28-30). Tutta l’opera di Cristo è donazione di vita, sia nel tempo presente sia nell’eternità, come Lui stesso afferma: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,24).
Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, in modo esplicito sottolinea che la risurrezione dei nostri corpi è in stretta dipendenza dalla risurrezione di Cristo. In effetti «se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede... voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti» (1Cor 15,13-14.17-1otto). La nostra risurrezione gloriosa diventa in qualche modo un “prolungamento” di quella di Cristo, il quale conforma i nostri corpi carnali al suo corpo glorioso: «Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1Cor 15,20-22).
Ne deriva che Cristo è la vera vite, che dona la vita ai tralci cioè ai cristiani, che per mezzo della Chiesa rimangono uniti a Lui e senza di Lui nulla possono fare (cfr. Gv 15,1-5). Tale vita germoglia già nell’esistenza presente attraverso i sacramenti e poi, alla fine dei tempi, germoglierà di nuovo con la risurrezione della carne. Lo afferma il Concilio Vaticano II: «In quel corpo (Chiesa) la vita di Cristo si diffonde nei credenti che attraverso i sacramenti si uniscono in modo arcano e reale a Lui sofferente e glorioso. Per mezzo del battesimo siamo resi conformi a Cristo: ‘Infatti noi tutti fummo battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo’ (1Cor 12,13). Con questo sacro rito viene rappresentata e prodotta la nostra unione alla morte e risurrezione di Cristo: ‘Fummo dunque sepolti con lui per l’immersione a figura della morte’, ma se fummo innestati a Lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una risurrezione simile alla sua’ (Rm 6,4-5)» (LG, 7b). Perciò Gesù può essere definito la Fonte della vita e della risurrezione dei corpi.

2. Lo Spirito Santo potenza divina di vita e di risurrezione
Chi porta a compimento l’opera del Figlio secondo il volere del Padre è propriamente lo “Spirito che da la vita”. Lui fa vivere l’organismo sociale della Chiesa, dopo la Pentecoste, lo fa crescere e lo porta a compimento, così come fa per ciascun fedele. Lo Spirito suscita la vita del Padre e del Figlio nel cuore degli uomini ed è lui il dispensatore della vita filiale nella Chiesa. Per questo la Scrittura lo denomina Spirito vivificante (1Cor 15,45; Gv 6,63) ovvero portatore della vita. La Lumen Gentium lo identifica «alla sorgente di acqua zampillante per la vita eterna» (Gv 4,14; 7,37-39). L’immagine dell’acqua viva si riferisce ai beni messianici da cui proviene la vita eterna; lo Spirito di Dio è donatore di quest’acqua e di questa vita.
La vita comunicata dallo Spirito non ha valore solo nel senso interiore di purificazione dal peccato e di vivificazione nella grazia, ma essa rigenera tutto l’essere umano, anche nel suo corpo, il quale, per opera dello Spirito Santo, risusciterà alla fine dei tempi e sarà rinnovato in un corpo glorioso, a similitudine del corpo di Cristo. Il Concilio Vaticano II lo sottolinea, affermando che lo Spirito Santo «risusciterà in Cristo i loro corpi mortali» (LG, 4). L’azione vivificante dello Spirito pertanto ricrea dalle radici l’uomo, comunicandogli quella forza vitale, che nessun’altra potenza contraria potrà distruggere, neanche la morte. In questo senso si asserisce l’infinita vitalità dello Spirito, che dona alla creatura umana l’immortalità del corpo, la caratteristica propria della vita divina. Perciò lo Spirito Santo costituisce il principio divino che consente il trionfo definitivo della vita sulla morte, la quale non ha più alcun potere sull’uomo ed è stata totalmente e per sempre sconfitta.
La risurrezione finale della carne avverrà precisamente con l’intervento poderoso dello Spirito Santo, che inietterà nei nostri corpi il soffio della vita e permetterà loro di ritrovare l’energia che li farà rivivere in maniera nuova e meravigliosa, ricolmandoli della medesima gloria e santità di Cristo, per configurarli perfettamente alla sua immagine. Allora tutti noi risplenderemo della luce divina e potremo raggiungere la nostra perfezione di figli di Dio ed eredi della sua vita beata.

3. A lode e gloria della Trinità Santissima
Per gli autori del NT il principio fontale di tutta la vita è il Padre celeste (Rm 9,26; Mt 16,16-17; At 14,15). Lui infatti fin dalle origini causa e dona la vita nella creazione del mondo e dell’uomo; nella storia dell’Alleanza dell’antico Israele ha portato la liberazione, il possesso della terra, la vita comunitaria; nella pienezza dei tempi ha mandato suo Figlio e lo ha donato quale redentore dell’umanità peccatrice; la sua azione prosegue lungo il percorso storico fino al compimento finale per attuare il suo progetto salvifico a favore degli uomini. Tuttavia nella sua sapiente e potente opera il Padre associa a sé il proprio Figlio incarnato e lo Spirito Santo, quali suoi inviati nel mondo ed esecutori del suo piano d’amore.
Si può dire che la vita proviene dalla fonte divina, che ha il suo principio originante nel Padre, la sua realizzazione attraverso il Figlio redentore e la sua pienezza ed efficacia nello Spirito Santo. La risurrezione di Gesù è già in sé sola «la risurrezione dei morti» (Rm 1,4), cioè l’evento ultimo destinato a propagarsi tra gli uomini. Essa costituisce l’effusione dello Spirito così che il Padre conduce la storia umana al suo compimento, al quale nulla si può aggiungere, in vista del quale il mondo è stato creato per parteciparvi: «In Lui (il Cristo glorioso) abita corporalmente tutta la pienezza della divinità e voi avrete in lui parte alla sua pienezza» (Col 2,9). La risurrezione così è «la buona novella, la promessa fatta ai padri», che ha raggiunto il suo compimento (cfr. At 13,32ss.). Lo Spirito Santo, dal canto suo, è «la promessa del Padre» nella sua realizzazione (cfr. Lc 24,49; At 1,4ss; 2,33), è lo Spirito della promessa (Gal 3,14; Ef 1,13). Sotto la forma del dono dello Spirito, il Padre effonde la benedizione promessa ad Abramo (At 3,25; Gal 3,14). Nella Pentecoste Pietro rivela che gli ultimi giorni sono arrivati (cfr. At 2,17); secondo Paolo la pienezza dei tempi è giunta quando gli uomini nello Spirito del Figlio possono dire: «Abbà, Padre» (cfr. Gal 4,4.6).
All’avvento della risurrezione dei morti, quando gli uomini saranno inseriti per sempre nella filiazione divina, veramente si può dire che la vita si attuerà in modo pieno dal Padre per il Figlio nello Spirito Santo agli uomini resi figli. Tutto ciò è sintetizzato da una frase di Paolo: «Se lo Spirito di Colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, Colui (il Padre) che ha risuscitato Cristo (il Figlio) dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito (lo Spirito Santo) che abita in voi» (Rm 8,11).
Ultima modifica di massimo il mer gen 17, 2007 2:51 pm, modificato 2 volte in totale.
Due cose che bisogna mettersi in pratica...L'occhio di Dio che ti vede e il cuore di Mamma Celeste che ti ama. (P. Pio)
Prega e spera non agitarsi. L'agitazione non giova a nulla, Iddio è Misericordioso e ascolterà la tua preghiera. (P. Pio)

massimo
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OPERA DELLO SPIRITO SANTO ( III parte)

Messaggio da massimo » gio gen 11, 2007 1:42 pm

Il Sacramento del Matrimonio corroborato dallo Spirito e dall'Eucaristia
Padre Basito, D.A.S.S.

Alla sorgente di ogni vocazione c’è il dono di grazia che fluisce abbondantemente dal Padre attraverso i sacramenti della Chiesa istituiti da Gesù Cristo e resi operanti dall’azione dello Spirito Santo. I sacramenti sono i capolavori di Dio nella Nuova ed eterna Alleanza; sono forze che escono dalla Persona di Cristo, sempre vivo e vivificante, azioni dello Spirito Santo operante nel suo corpo che è la Chiesa (cfr. CCC, 1116). Nell’Ultima Cena Gesù ammaestra i suoi discepoli sul mistero della sua Pasqua di morte e risurrezione; evento centrale ed indispensabile per giungere alla comunione d’amore con Dio Uno e Trino, alla partecipazione da parte dell’uomo della vita divina. Tale evento è a tal punto importante e necessario che la sapienza di Dio ha trovato il modo di perpetuarlo nel tempo dando così la possibilità a tutte le generazioni degli uomini di attingere alle sorgenti della salvezza attraverso, appunto, i sacramenti ed in particolare l’Eucaristia. Gesù presenta la sua dipartita dal mondo attraverso la croce come un bene per l’umanità: «È bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato ve lo manderò» (Gv 16,7). Nello stesso discorso di addio Gesù annuncia non solo la sua dipartita ma anche la sua nuova venuta; dice appunto: «Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi» (Gv 14,1otto). E nel momento del definitivo congedo, prima di salire al Cielo, ripeterà ancora più esplicitamente: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Questa nuova “venuta” di Cristo, questo suo continuo venire per essere con gli apostoli, con la Chiesa, «si compie per opera dello Spirito Santo, il quale fa sì che il Cristo, che è andato via, venga ora e sempre in modo nuovo. Questo nuovo venire di Cristo per opera dello Spirito Santo e la sua costante presenza e azione nella vita spirituale si attuano nella realtà sacramentale» (DetV, 61). «Il santo Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d’ingresso alla vita nello Spirito, e la porta che apre l’accesso agli altri sacramenti» (CCC, 1213) tra i quali «l’Eucaristia occupa un posto unico in quanto è il “sacramento dei sacramenti”: gli altri sono tutti ordinati a questo come al loro specifico fine» (CCC, 1211). Infatti la più completa espressione sacramentale della “dipartita” di Cristo per mezzo del mistero della Croce e della Risurrezione è l’Eucaristia. «Mediante l’Eucaristia le persone e le comunità, sotto l’azione dello Spirito consolatore, imparano a scoprire il senso divino della vita umana» (DetV, 62) il suo essere ad immagine e somiglianza di Dio nella comunione d’Amore delle tre Persone divine; imparano la ragione profonda del ritrovarsi pienamente attraverso un dono sincero di sé con gli altri uomini. La conoscenza efficace e l’attuazione piena di questa verità dell’essere umano avvengono solo per opera dello Spirito Santo. «L’uomo impara questa verità da Gesù Cristo e la attua nella propria vita per opera dello Spirito , che egli stesso ci ha dato» (DetV, 59).
Alla luce di quanto detto possiamo ora esplicitare i profondi legami che intercorrono tra il sacramento del Matrimonio e l’Eucaristia considerandoli dal particolare punto di vista dello Spirito Santo: Persona-amore; Persona-dono.
«Si può dire che nello Spirito Santo la vita intima del Dio uno e trino si fa tutta dono, scambio di reciproco amore tra le divine Persone, e che per lo Spirito Santo Dio “esiste” a modo di dono» (DetV, 10). Ed è proprio il dono libero e gratuito, lo scambio di reciproco amore tra un uomo ed una donna battezzati, l’elemento che caratterizza il sacramento del Matrimonio. Tale elemento ha il nome specifico di scambio del consenso; il consenso, infatti, consiste in «un atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono» (GS, 4otto). La conseguenza diretta e la verità di questo reciproco dono di sé si manifesta nella piena fedeltà reciproca e nell’unità che nulla può sciogliere. Il legarsi per tutta la vita ad un essere umano può apparire irrealizzabile; esistono molti fattori umani, sociali e spirituali che minano questa fedeltà fin quasi alle radici. L’unione fra l’uomo e la donna è minacciata dalla discordia, dallo spirito di dominio, dall’infedeltà, dalla gelosia e da conflitti che possono arrivare fino all’odio e alla rottura. «Secondo la fede, questo disordine che noi constatiamo con dolore, non deriva dalla natura dell’uomo e della donna, né dalla natura delle loro relazioni, ma dal peccato. Rottura con Dio, il primo peccato ha come prima conseguenza la rottura della comunione originale dell’uomo e della donna. Le loro relazioni sono distorte da accuse reciproche; la loro mutua attrattiva, dono proprio del Creatore, si cambia in rapporti di dominio e bramosia» (CCC, 1607). Possiamo dolorosamente constatare che ai nostri giorni permangono aberranti atteggiamenti che ledono profondamente la dignità dell’essere umano; assistiamo ad una sorta di “ideologia dell’istinto” e del piacere in base al quale, tra l’altro, misurare la possibilità di continuare o meno a “stare insieme”... «Tuttavia, anche se gravemente sconvolto, l’ordine della creazione permane» (CCC, 1608). La radice profonda della possibilità di fedeltà e unità per tutta la vita, la capacità di superare tutte le spinte egoistiche e le varie bramosie che ogni persona avverte in se stessa è riposta nel Dono dall’alto; nel dono dello Spirito che rende partecipi gli sposi della potenza divina d’amore che Gesù Cristo ha per la sua Chiesa. Un amore che nulla può spezzare perché fondato sulla Nuova ed eterna Alleanza sigillata dal dono della Sua vita sulla croce per noi tutti. «Il matrimonio aiuta a vincere il ripiegamento su di sé, l’egoismo, la ricerca del proprio piacere, e ad aprirsi all’altro, all’aiuto vicendevole, al dono di sé» (CCC, 1609). Gli sposi cristiani con la propria vita divengono testimoni ed annunciatori della Buona Novella che Dio ci ama di un amore definitivo ed irrevocabile. Per riuscire ad essere “luce del mondo” gli sposi ricevono un particolare dono dello Spirito Santo che li unisce intimamente a Cristo Sposo della Chiesa e dell’umanità; ricevono la Persona-amore, la Persona-dono che manifesta in pienezza la sua azione nella comunione d’amore di Cristo e della Chiesa. È lo Spirito Santo «il sigillo della loro alleanza, la sorgente sempre offerta del loro amore, la forza in cui si rinnoverà la loro fedeltà» (CCC, 1624).
Nell’Eucaristia abbiamo la manifestazione più sublime dell’amore fedele e totale di Dio per l’umanità; un amore che non si ferma davanti a nulla, nemmeno nel momento del tradimento: «Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: Questo è il mio corpo, che è per voi» (1Cor 11,23s). «L’Eucaristia è il grande mistero d’amore di Dio per gli uomini. È la manifestazione più stupenda e meravigliosa! Con questo dono Dio non ha riservato più nulla per Sé, ma tutto si è dato all’umanità» (La Voce, 9-4-1966). Ed è questo dono di Cristo e del suo Spirito, che riceviamo nella Comunione eucaristica, che compie con sovrabbondante pienezza gli aneliti di unità che albergano nel cuore umano. «Ai germi di disgregazione tra gli uomini, che l’esperienza quotidiana mostra tanto radicati nell’umanità a causa del peccato, si contrappone la forza generatrice di unità del corpo di Cristo» (EE, 24).
Sacrificio e Comunione sono i due elementi strutturanti il sacramento dell’Eucaristia. In un certo senso tutta la vita cristiana è caratterizzata da questi medesimi elementi così, in particolare, anche il sacramento del Matrimonio. Conseguenza pratica è la consapevolezza che per crescere nella comunione piena e duratura (tra gli sposi e verso tutti) occorre affrontare con coraggio e generosità la realtà del sacrificio sostenuti dalla Potenza Divina d’Amore che il Padre dona abbondantemente ai figli che in Gesù glielo chiedono. Ogni cristiano, qualsiasi vocazione e missione abbia ricevuto, è chiamato a porre al centro della propria vita Gesù Cristo così da divenire in Lui, per l’azione dello Spirito Santo, un sacrificio gradito al Padre: un dono di sé che vince ogni divisione, che vince addirittura la morte. Nella preghiera eucaristica III preghiamo il Padre con queste significative parole: «Egli (lo Spirito Santo) faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito».
Concludiamo rivolgendo a tutti, in particolare a coloro che hanno ricevuto il sacramento del Matrimonio, l’esortazione che San Paolo, con altro intento, rivolgeva al suo discepolo Timoteo: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te» (2Tm 1,6) attingendo con sentimenti di grande e grato stupore al Santo Sacrificio ove Cristo, con il dono del suo Corpo e del suo Sangue, accresce in noi il dono del suo Spirito (cfr. EE, 5.17).
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OPERA DELLO SPIRITO SANTO ( IV parte)

Messaggio da massimo » dom gen 14, 2007 11:19 pm

Lo Spirito Santo è l'artefice e l'Eucaristia l'alimento del cammino di perfezione del cristiano
Padre Reginaldo Maranesi, Ofm capp.

La storia della nostra salvezza, è una storia d’amore!
Dio è amore (1Gv 4,8.16) nella sua vita intima e per questo è Trinità. Da tutta l’eternità Dio si conosce perfettamente e genera il Figlio. Tra il Padre e il Figlio c’è un continuo dono di amore e ne scaturisce l’amore sostanziale, lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio. La vita intima di Dio è una continua, incessante, eterna comunione di amore. Ma l’amore tende sempre a donarsi e tutti i misteri della vita di Dio, al di fuori della sua vita intima, sono una manifestazione del suo amore. Proprio per questo, tutta la storia della salvezza è pervasa e permeata dallo Spirito Santo.
La prima manifestazione dell’amore di Dio è la creazione. «Hai dato origine all’universo - ci fa pregare la Chiesa nel prefazio della IV Preghiera Eucaristica - per effondere il tuo amore su tutte le creature ed allietarle con gli splendori della tua luce». Nella creazione, lo Spirito di Dio aleggia sulle acque e porta ordine ed armonia nel caos primordiale.
Dopo il disordine del peccato, nell’Antico Testamento, i Profeti che parlano sotto l’ispirazione dello Spirito Santo sono i cantori dell’amore di Dio. «Quando giunse la pienezza del tempo Dio mandò il suo Figlio, nato da donna perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-7). L’incarnazione del Verbo nel seno di Maria, avviene per opera dello Spirito Santo (cfr. Mt 1,1otto). Tutta la vita di Gesù poi, il suo Mistero Pasquale, la sua glorificazione, si svolgono sotto l’azione e la potenza dello Spirito Santo. Asceso al cielo, alla destra del Padre, Gesù manda, come aveva promesso, lo Spirito Santo sulla Chiesa nascente. Nel cenacolo, dove gli Apostoli erano riuniti in preghiera con la Madonna, che non poteva mancare quando nasce il “Gesù Mistico”, lo Spirito scende come vento impetuoso e fuoco divorante (cfr. At 2,1ss): nasce la Chiesa, corpo mistico di Gesù capo e noi membra, corpo animato, vivificato e santificato dallo Spirito Santo. Nella Chiesa tutti i misteri dell’amore di Dio per noi si rinnovano e si prolungano nell’Eucaristia.
Come tutta l’opera della salvezza avviene attraverso la potenza dello Spirito Santo, così anche l’Eucaristia è il prodigio, il miracolo dello Spirito Santo, che opera all’unisono con le stesse parole di Cristo sul pane e sul vino.
Tre sono i momenti nei quali, durante la Celebrazione Eucaristica, interviene la potenza dello Spirito Santo. Prima della consacrazione, il sacerdote stende le mani sul pane e sul vino ed invoca così lo Spirito Santo: «Ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo perché diventino il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo» (Preghiera Eucaristica III). È l’epiclesi, momento così importante da far dire ai fratelli ortodossi che già viene realizzata la consacrazione delle specie eucaristiche.
C’è poi una seconda esplicita invocazione dello Spirito Santo dopo la consacrazione affinché la Chiesa diventi un solo corpo e un solo spirito (Preghiera Eucaristica III). Sull’altare infatti si realizza non solo la presenza di Gesù, ma anche del suo corpo mistico che è la Chiesa.
C’è infine un terzo momento in cui lo Spirito Santo ci raggiunge nel modo più intimo e personale, ed è la comunione al Corpo ed al Sangue di Cristo Gesù. Al momento della Comunione, si stabilisce una profonda intimità tra noi e lo Spirito Santo, perché è il momento per eccellenza nel quale il Padre manda nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che ci fa gridare: Abbà, Padre! (cfr. Gal 4,6). Non solo, ma come lo Spirito Santo trasforma il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Gesù, cosi vuole trasformare anche noi in Gesù-amore e portarci alla pienezza dell’amore. Proprio per questo lo Spirito Santo, attraverso l’Eucaristia, diviene l’artefice della nostra santificazione. Nella Preghiera Eucaristica IV della Messa, la Chiesa ci fa pregare così: «E perché non viviamo più per noi stessi ma per lui che è morto e risorto per noi, ha mandato, o Padre, lo Spirito Santo, primo dono ai credenti, a perfezionare la sua opera nel mondo e compiere ogni santificazione».
È lo Spirito Santo che ci rende santi per mezzo dei sacramenti, e soprattutto con il Pane Eucaristico.
L’Eucaristia ci fa santi, e non ci può essere santità che non sia legata strettamente all’Eucaristia. Colui che mangia di me, vivrà per me (Gv 6,57). Gesù, il Santo di Dio (Gv 6,35), dopo averci rigenerato nell’acqua e nello Spirito Santo, mediante il battesimo, nutre, fortifica e porta alla pienezza la nostra vita divina con il Pane di vita. «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51). L’Eucaristia è davvero la sorgente e il culmine di tutta la vita della Chiesa e della Santità.
Per questo i santi, pur essendo diversissimi tra di loro, hanno avuto tutti fame e sete di Gesù-Eucaristia. «Stanno davanti ai nostri occhi - scrive Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Mane nobiscum Domine - gli esempi dei Santi, che nell’Eucaristia hanno trovato l’alimento per il loro cammino di perfezione. Quante volte essi hanno versato lacrime di commozione nell’esperienza di così grande mistero e hanno vissuto indicibili ore di gioia sponsale davanti al Sacramento dell’altare» (n. 31).
S. Francesco d’Assisi, che non volle essere sacerdote, «ardeva d’amore - dice il primo biografo Tommaso da Celano - in tutte le più intime fibre per il Sacramento del corpo del Signore, rimanendo pieno di stupore per sì amorosa degnazione e sì misericordiosa carità!». Ai frati sacerdoti diceva: «Considerate, fratelli sacerdoti, la vostra dignità e siate santi,... l’uomo sia pieno di timore, tremi tutto il mondo ed esulti il cielo, quando sull’altare, tra le mani dei sacerdote, sta Cristo, Figlio del Dio vivo». Nel Testamento di S. Francesco leggiamo: «Il Signore mi dava, nelle chiese, tanta fede, che così semplicemente, pregavo e dicevo: Noi ti adoriamo, Signore Gesù, qui e in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero, e ti benediciamo perché con la tua santa croce, hai redento il mondo».
Così Chiara di Assisi, la pianticella di S. Francesco, ardeva di grande amore per l’Eucaristia che era il centro della vita del monastero. «Riportava dall’altare - scrive Tommaso da Celano - parole ardenti tali da infiammare il cuore delle sorelle». Quando i saraceni, assoldati dall’imperatore Federico II, volevano saccheggiare il monastero, Chiara non ebbe timore di prendere l’Eucaristia tra le sue mani e, avvicinatasi alle mura, pregò così: «Signore, non consegnare le tue spose ai tuoi nemici». Si sentì una voce che diceva: «Io sempre vi ho protetto e sempre vi proteggerò!». I saraceni furono respinti da una forza invisibile. Per questo Chiara è rappresentata sempre con l’ostensorio in mano.
Santi di ieri e santi di oggi: tutti innamorati di Gesù Eucaristia. La Beata Teresa di Calcutta diceva: «Non potrei vivere senza l’Eucaristia! È L’Eucaristia che mi riempie di amore e mi dà la forza per servire i poveri e per chinarmi con amore sulle loro piaghe». Charles de Foucauld, un contemplativo dei nostri tempi che sarà presto beatificato, passava ore intere nel deserto, davanti all’Eucaristia, e diceva: «Tu sei là, Signore Gesù, nella santa Eucaristia! Tu sei là, Signore Gesù, nel santo tabernacolo. Il tuo corpo, la tua anima, la tua umanità, la tua divinità, il tuo essere intero è là, nella sua duplice natura! Quanto sei vicino, mio Dio!» Spesso era immerso nell’aridità più profonda, e diceva: «Esalarsi in pura perdita di fronte a Lui che è tutto! La tua felicità, o Gesù, mi basta». Massimiliano Kolbe, un santo per i nostri tempi difficili, martire della carità, aveva sempre Gesù-Eucaristia solennemente esposto nella Cittadella dell’Immacolata, e voleva che i suoi collaboratori passassero molto tempo in adorazione affinché l’apostolato fosse la sovrabbondanza di amore a Gesù-Eucaristia. Che dire poi di S. Pio da Pietrelcina? L’Eucaristia era per lui tutto: Calvario e Paradiso sulla terra. «Oh quanto fu soave questa mattina - scriveva al padre spirituale - l’incontro con Gesù. Il cuore di Gesù e il mio, permettetemi l’espressione, si fusero. Non erano più due cuori che battevano, ma uno solo. Il mio cuore era scomparso come una goccia d’acqua che si smarrisce in un mare. Le lacrime più deliziose mi inondarono il volto!». Molto nota la sua affermazione: «È più facile che il mondo possa vivere senza sole, anziché noi senza l’Eucaristia!».
Gli esempi potrebbero moltiplicarsi, ma non vorrei tralasciare la stupenda testimonianza del Servo di Dio Giovanni Paolo II che, nella sua Lettera enciclica sull’Eucaristia, ci ha donato questa confidenza personale, segreto della santità: «È bello intrattenersi con Lui (Gesù) e, chinati sul suo petto come il discepolo prediletto (cfr. Gv 13,25), essere toccati dall’amore infinito del suo cuore. Se il cristianesimo deve distinguersi, nel nostro tempo, soprattutto per l’ “arte della preghiera”, come non sentire un rinnovato bisogno di intrattenersi a lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento d’amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento? Quante volte, miei cari fratelli e sorelle, ho fatto questa esperienza, e ne ho tratto forza, consolazione, sostegno! [...] L’Eucaristia è un tesoro inestimabile: non solo il celebrarla, ma anche il sostare davanti ad essa fuori dalla Messa consente di attingere alla sorgente stessa della grazia» (n. 25). Nella Lettera Mane nobiscum Domine, Giovanni Paolo II scriveva: «L’Anno dell’Eucaristia nasce dallo stupore con cui la Chiesa si pone di fronte a questo grande Mistero. È uno stupore che non finisce mai di pervadere il mio animo» (n. 29).
Chiediamo alla Madonna, che Giovanni Paolo II ha chiamato “Donna Eucaristica”, di scoprire sempre più Gesù nell’Eucaristia e di trovare in lui la soluzione di ogni nostro problema. Il Pane Eucaristico che riceviamo è la carne immacolata del Figlio di Maria: Ave vero Corpo nato da Maria Vergine. «Ostia immacolata, immenso fascino della mia anima, vorrei guardarti sempre, bere da te un amore e una purezza infiniti; o mio Gesù, donami lo splendore dell’Ostia immacolata; o cibo divino vorrei trasformarmi in te e divenire per te e come te un’ostia pura e santa. Ancora una volta mi consacro interamente al tuo amore. Ti consacro tutti i miei sentimenti, le mie aspirazioni e miei desideri. Desidero te, unicamente e sempre te. Ti offro il mio amore, come un torrente, da quando il mio cuore ebbe la vita fino a quando si spegnerà» (B. Candida Maria dell’Eucaristia, O.C.D.).
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OPERA DELLO SPIRITO SANTO (V parte)

Messaggio da massimo » dom gen 14, 2007 11:24 pm

La salvezza di Cristo nello Spirito attraverso l'Eucaristia
Don Renzo Lavatori

Cristo risorto e asceso al cielo, colui che ha ricevuto in pienezza lo Spirito, è ormai per sempre «vivo nello Spirito Santo» (1 Pt 3,1otto) ed effonde il suo Spirito su ogni carne (cfr. Gv 1,33; 7,37-39; 14,16.26; 16,7; 20,22; Lc 24,49; At 1,8; 2,17). D’altra parte lo Spirito configura l’uomo al destino di Cristo: «Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Cristo dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11). Lo Spirito ci fa partecipare alla condizione filiale del Nazareno: in Lui osiamo dire anche noi la parola, attraverso cui Gesù ha veicolato la sua eccezionale esperienza del Padre: «Abbà» (cfr. Rm 8,15; Gal 4,6). Mediante lo Spirito diveniamo figli nel Figlio: «Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio» (Rm 8,14). Lo Spirito abita nei credenti (cfr. 1 Cor 3,16; Rm 8,) e opera nella Chiesa intera (cfr. At 2; 20,28; ecc.) per mezzo della sua realtà sacramentale.
In questa prospettiva si può dire che il Cristo compie la salvezza nello Spirito Santo; lo Spirito Santo comunica la salvezza in Cristo, attraverso la Chiesa “sacramento universale di salvezza”, in particolare nell’Eucaristia.
È chiaro che questo possa avvenire perché si dispiega per intero l’Economia divina del Padre, nella pienezza dell’evento del Verbo incarnato e del dono dello Spirito quale adempimento storico salvifico. Come ci mostra la Costituzione Dei Verbum sulla Divina Rivelazione (cfr. DV 4): dal Padre viene agli uomini Cristo con lo Spirito. Ed il Padre attende con divina onnipotenza, invita alla pazienza tutti i figli da Lui generati attraverso il ministero della Chiesa con i sacramenti ad opera dello Spirito, figli nel Figlio suo.

1. Cristo, “la Via” nello Spirito per l’Eucaristia.
La rivelazione divina, cioè la Parola di Dio fatta carne, si presenta con una determinazione fondamentale: “la Via”. Come dice il Signore: «Io sono la Via e la Verità e la Vita» (Gv 14,6). Infatti Cristo, la Via, è l’unico accesso mediatore al Padre nello Spirito. Non si tratta di una “via” che si deve solo percorrere, perché la Via rappresenta una persona e non va abbandonata. La Via che i fedeli accettano e chiedono di seguire, deve essere percorsa fino alla fine. Per altro la Via non solo indica che Gesù stesso dovette procedere per un esodo doloroso, che i suoi fedeli debbono ripetere insieme a Lui, ma che lo stesso Cristo Signore a chi giunge su questa Via si fa trovare come la Verità da vivere, da “fare”, Verità unica che è insieme allo Spirito e al Padre; in questo senso si fa trovare la Verità come “la Via” verso “la Vita” divina, che è comunione con il Padre e con lo Spirito. Dunque in Cristo stanno eternamente il Padre e lo Spirito: in lui è presente la Trinità Santa. Allora si può dire che nella rivelazione di Cristo si fa vivo lo Spirito.
Come si sa, l’Eucaristia costituisce il sacramento per eccellenza della presenza reale e della manifestazione di Cristo, il quale parla al suo popolo e lo nutre. Proprio lì vi è con Cristo lo Spirito Santo assieme al Padre; lì si rivela e si attua lungo la storia il mistero della salvezza cristiana.
Dice ancora il Signore «Io sono la Porta» (Gv 10,7.9). Si tratta qui dell’unica Porta dell’Ovile unico, la Casa unica del Padre, il Tempio santo e l’aula regale. Vi si entra solo accettando di passare attraverso “la Porta” unica ed inevitabile. Non esistono altri ingressi. Chi tenta di trovarli, li troverà vani e può essere considerato un “malfattore” che corre verso la propria rovina, provocando anche la rovina degli altri. Però questa Porta vivente ha una singolarità, che entrando per essa, si trova ancora e sempre Lui, il Cristo Signore.
Gesù è il Signore che si è fatto Servo (cfr. Fil 2,6-7) e sta in mezzo ai suoi come Colui che serve (cfr. Lc 22,27): egli è venuto non per essere servito, ma per servire (cfr. Mc 10,45). Il suo servizio regale è di condurre gli uomini al Padre. Perciò Gesù è la Via (cfr. Gv 14,4-7), Via vera che porta alla Vita, Porta vivente che apre alla Verità (cfr. Gv 14,6). La vita e la verità del Padre non sono altro che la comunione del Padre e del Figlio nello Spirito Santo. Per cui “la Porta” costituisce l’ingresso attraverso il quale, nello Spirito, si va al Padre. Ma questa Porta si trova aperta in special modo nell’Eucaristia, quando Gesù si fa presente in mezzo a noi e ci comunica la sua Verità per farsi poi cibo di Vita nell’intima unione con il Padre nello Spirito del loro amore.
Gesù è il Sommo ed Eterno Sacerdote che, unico, ha l’accesso al santuario celeste «non fatto da mani d’uomo», metafora che indica il Padre stesso (Eb 10,20). In questo testo della lettera agli Ebrei, Cristo è detto “iniziatore” della via nuova e vitale, in forza del suo sangue. Si evidenzia in tal modo la funzione oblativa e sacrificale, con rimando alla tipologia del Kippur (cfr. Lv 16), quando per l’unica volta all’anno il sommo sacerdote poteva entrare nel Santo dei santi per offrire l’incenso, simbolo della preghiera, ed il sangue, simbolo della “vita” (cfr. Lv 17,11), il quale ha il molteplice effetto di purificare, proteggere, propiziare, vivificare, porre in comunione. In modo particolare il Signore Gesù si rende presente e si offre come via per andare al Padre, poiché con la sua morte e risurrezione egli è reso idoneo dallo Spirito ad esercitare il suo Sacerdozio eterno davanti al Padre. Egli per primo dunque compie l’ingresso sacerdotale al Padre, per il culto eterno fatto con l’offerta, con la lode, con il rendimento di grazie, con l’intercessione. I credenti, resi “popolo sacerdotale”, attraverso lo Spirito effuso dal Cristo Capo, partecipano ed effettuano il medesimo culto, che si svolge eminentemente nella S. Messa, memoriale e attualizzazione del sacrificio sacerdotale di Gesù.

2. Cristo, l’accesso al Padre nello Spirito con l’Eucaristia.
Con l’affermazione di “Sommo Sacerdote”, riferita a Cristo, si intende il “Sacrificio” di Cristo: il sacrificio è un “ritorno” a Dio, un’offerta esteriore a Lui, segno dell’offerta interiore, simbolo reale che esprime lode, riconoscenza e invocazione, non solo per il sacerdote stesso, ma per tutto il popolo. Nella sua volontaria “consegna” alla morte Gesù è “ritornato” a Dio, ha offerto cioè incondizionatamente se stesso al Padre nel dolore dell’abbandono accettato per noi. Per amore Cristo ha scelto insieme col Padre la via dolorosa della croce. Al nostro posto, per il nostro bene e per amore nostro il Crocifisso si è offerto a Dio nello Spirito (cfr. Eb 9,14); il Padre ha accettato l’offerta, donandogli a sua volta in pienezza il suo Spirito.
Il sacrificio di Cristo è sacrificio gradito: la risurrezione è il “sì” che Dio ha detto all’offerta del Figlio (cfr. 2 Cor 1,20), e in Lui all’umanità, sulla quale ha effuso per Cristo lo Spirito, dono di vita che vince la morte. È un dono di vita piena, che va accolto nella fede e con i sacramenti, soprattutto nella partecipazione alla santa Eucaristia, in cui si rivive e si rinnova con Cristo l’offerta sacrificale.
In tal modo lo Spirito rende presente in noi Cristo, Vita e Sacerdote dell’Alleanza Nuova ed Eterna, che ci ha procurato l’inserimento nell’amore trinitario: è da qui che nasce e agisce la Chiesa con il sacramento dell’Eucaristia, nel quale il popolo vive la vita nuova donata dall’alto, accogliendo sempre nuovamente l’amore di Dio, che per lo Spirito è stato effuso nei nostri cuori e nel Sangue di Cristo è stato iniettato in noi. In questo senso si dice che il Signore Vivo e Vivificante si fa contemporaneo all’oggi nei sacramenti della Chiesa e nell’esperienza del dolore e della gioia umana, vissuti in unione a Cristo crocifisso e risorto, vivente e operante nel mistero eucaristico.
Lì si realizza l’abbraccio tra cielo e terra: lo Spirito viene dal Padre agli uomini per Cristo (mediazione discendente), con Cristo nello Spirito gli uomini vanno al Padre (mediazione ascendente), e nell’azione mediatrice di Cristo il mistero trinitario si congiunge alla storia umana; il movimento dell’amore eterno entra nella nostra vicenda e la porta con sé. Nella sua storia singolare di Umiliato-Esaltato Gesù è l’Alleanza: in Lui il mondo di Dio e il mondo degli uomini si incontrano, non soltanto «nei giorni della sua carne» (Eb 5,7), ma per sempre, perché egli è sempre vivo a intercedere per noi (cfr. Eb 7,25) e nello Spirito è presente a ogni ora del tempo, principalmente attraverso l’Eucaristia.
La salvezza che Gesù Mediatore ottiene all’uomo à la partecipazione alla vita divina, la comunione col Padre nello Spirito Santo: la vita trinitaria è comunicata agli uomini, quale forza nella debolezza, gioia nel dolore, conforto nella solitudine, vittoria nella prova, libertà nella prigionia, vita nella morte. Colui che accoglie Cristo, il quale nello Spirito e nell’Eucaristia si fa contemporaneo al suo “oggi”, diviene figlio nel Figlio, pregusta la pace della comunione trinitaria, impara, sia pure nella durezza del tempo penultimo e nella fatica della fede, ad amare e a sperare in sintonia col cuore di Dio, nell’attesa della beatitudine eterna, come si acclama nella Messa dopo la consacrazione del pane e del vino: «Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta».
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OPERA DELLO SPIRITO SANTO (VI parte)

Messaggio da massimo » mer gen 17, 2007 2:40 pm

L'invocazione dello Spirito Santo sulle offerte per il Sacrificio
Card. Tomás Spidlík, S.I.

La preghiera è una elevazione dello spirito verso Dio, un dialogo con Dio Padre, una domanda rivolta a lui. Per essere esaudita, deve essere fatta in nome di Cristo. Ma non potrebbe essere cristologica senza lo Spirito Santo, che è «lo Spirito di filiazione che grida nei nostri cuori "Abba, Padre"» (Rm 8,15). Secondo la bella espressione di un autore spirituale russo, Teofane il Recluso, la preghiera è la «respirazione dello Spirito Santo». Parlare a Dio è una sorta di ispirazione, perché l'uomo nella preghiera è «condotto dallo Spirito di Dio».
Poiché si fa nello Spirito, ogni preghiera suppone la sua invocazione, in greco epiclesis, o implicita o esplicita. Dal rito latino ci è familiare l'inno Veni Creator Spiritus. Nel rito bizantino gli uffici divini sono introdotti dalla seguente preghiera: «Re celeste, Paraclito, Spirito della verità, tu che ovunque sei e tutto riempi, vieni e poni in noi la tua dimora, purificaci da ogni macchia e salva, o buono, le anime nostre».
Per questo motivo nessuno può dubitare del fatto che nelle preghiere sacramentali e soprattutto nella preghiera eucaristica deve intervenire la forza dello Spirito. Se l'invocazione dello Spirito è particolarmente sviluppata nelle liturgie orientali, è perché gli scrittori ecclesiastici hanno sottolineato volentieri il parallelismo dell'incarnazione di Cristo e della consacrazione del pane e del vino, l'uno e l'altro operati in virtù dello Spirito Santo. In questo modo la consacrazione è attribuita alle tre persone divine: al Padre, in quanto è opera della potenza divina; ma è il sacerdozio del Figlio a rinnovare sull'altare il mistero del Cenacolo; questo mistero infine è, ad un titolo speciale, opera dello Spirito Santo, al quale è attribuita ogni azione santificatrice.
Al di fuori della Messa la parola epiclesis è talvolta utilizzata per designare tutti i riti sacri. Scrive un teologo della Chiesa orientale: «Tutti i sacramenti e riti ecclesiastici sono allo stesso modo professione nello Spirito. Nelle collette e nelle preghiere si invoca il Paraclito perché discenda e compia sia la benedizione del fonte battesimale o dell'olio dei malati, sia l'incoronazione degli sposi nel matrimonio, ecc.».
Nella Messa in rito bizantino lo Spirito Santo è invocato immediatamente dopo le parole di Cristo «Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue». Parecchi autori ortodossi insegnano che la consacrazione dei doni si effettua solo dopo questa invocazione, perciò è seguita dall'adorazione, talvolta molto solenne. Nel passato si rilevò che, poiché nei riti della Chiesa occidentale l'epiclesis era assente, la consacrazione stessa sarebbe stata invalida. La risposta a questa obiezione non è difficile. Abbiamo già detto che in modo implicito lo Spirito è invocato in ogni preghiera. A ciò, in questo caso, si aggiunge il fatto che anche il rito latino pratica l'epiclesis nel Canone Romano, con la preghiera che comincia con le parole Quam oblatiónem (Santifica, o Dio, questa offerta...). Una seconda epiclesis viene praticata dopo la consacrazione delle offerte del Pane e del Vino con la preghiera Supplices... (Ti supplichiamo Dio onnipotente...).
Confrontiamo, quindi, i testi. Nel rito bizantino si prega: «Ancora ti offriamo questo culto spirituale e incruento, ti preghiamo e ti supplichiamo: manda il tuo Santo Spirito sovra di noi e sovra questi doni posti qui sull'altare. E fa' di questo pane il prezioso corpo del tuo Cristo, e di ciò che è in questo calice, il prezioso sangue del tuo Figlio, trasmutandoli per virtù del tuo Santo Spirito».
A ciò i russi aggiungono all'inizio tre volte: «Signore, che alla Terza Ora hai inviato ai tuoi Apostoli il tuo Santo Spirito, non toglierlo da noi, o Buono, ma rinnova noi che preghiamo». Il diacono risponde: 1) «Un nuovo cuore in me crea, o Dio, un fermo e santo spirito in me rinnova», 2) «Non respingermi dal tuo cospetto, non ritogliermi il tuo Spirito Santo», 3) «Amen, amen, amen».
Nel rito latino: «Santifica, o Dio, questa offerta con la potenza della tua benedizione, e degnati di accettarla a nostro favore, in sacrificio spirituale e perfetto, perché diventi per noi il corpo e il sangue del tuo amatissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo».
Dopo la consacrazione: «Ti supplichiamo, Dio onnipotente: fa' che questa offerta, per le mani del tuo angelo santo, sia portata sull'altare del cielo davanti alla tua maestà divina, perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare, comunicando al santo mistero del corpo e del sangue del tuo Figlio, scenda la pienezza di ogni grazia e benedizione del cielo».
Anche se non c'è esplicitamente la parola "Spirito Santo" in queste due ultime preghiere, esso è tuttavia indicato con parole analoghe.
Che posto occupa il presbitero nella consacrazione eucaristica?
In primo luogo dobbiamo accettare la priorità divina in tutti i sacramenti della Chiesa, la forza dello Spirito Santo che viene dall'alto. Il sacerdote è soltanto il suo mediatore. Ma dobbiamo anche considerare il modo nel quale lo Spirito scende sugli uomini. Non rimane esterno, s'identifica con loro, nel suo modo, fa parte dell'identità umana. La tradizione orientale lo insegna parlando della tricotomia, secondo la quale l'uomo spirituale è composto da tre elementi: dal corpo, dall'anima e dallo Spirito, o come dice san Basilio, lo Spirito è come se fosse la nostra "forma", altri dicono "l'anima della nostra anima". Ogni azione umana, per essere spirituale, si comprende come synergeia, collaborazione intima con lo Spirito.
In questo contesto si comprende più facilmente la forza del sacerdozio ministeriale. Quando il sacerdote dice, durante la Messa «Questo è il mio corpo», queste parole non sono parole puramente umane. Nella Messa il prete è l'immagine di Cristo, un "altro Cristo", dice san Giovanni Crisostomo. Per mezzo di lui, che esprime la preghiera del popolo e rappresenta per il popolo il segno di Cristo, nostro unico sommo sacerdote, si compie l'eucaristia. Egli pronuncia le parole dette durante l'Ultima Cena, in unione con Lui. Si tratta quindi di parole dette in Cristo e con Cristo, nella forza dello Spirito. La Sua presenza è dinamica, vivificante, trasformante, santificante. Il Concilio Vaticano II avverte che il sacerdozio cattolico si deve comprendere in relazione alla Chiesa e per la Chiesa, mediatrice dello Spirito in primo luogo per mezzo della preghiera. Essa dà la grazia tramite i sacerdoti dai quali esige come minimo la conoscenza piena di ciò che essi ricevono con la grazia sacerdotale e il suo scopo: trasformare e santificare il mondo. E se uno ci chiede: chi consacra il pane e il vino durante la Messa, il sacerdote o lo Spirito Santo? Rispondiamo che lo fanno ambedue inseparabilmente.
Nell'eucaristia, il pane e il vino sono offerti come simbolo di tutta la vita cosmica e del lavoro umano, ma divengono il "Pane vivo" e il "Sangue vivificante", perché in essi la vita divina permea la terra e l'umanità. Cristo, con la sua morte e la sua risurrezione, ha fatto passare l'universo nella gloria. Nell'eucaristia ci viene offerto questo nuovo modo di essere della creazione, questo modo trasfigurato, perché anche noi possiamo unirci a questa opera di risurrezione e glorificazione.
La stessa idea è espressa nella tradizione iconografica orientale nell'immagine dell'ascensione di Gesù al cielo. Vi si osserva Cristo elevato sopra la terra, dove rimangono i suoi apostoli, in mezzo ai quali sta la Madre di Dio, in forma orante. Essa invoca la venuta dello Spirito Santo, e la sua preghiera è esaudita molto presto, nella Pentecoste. Ma contemporaneamente Maria, simbolo della Chiesa, invoca la seconda venuta di Gesù sulla terra, nel senso in cui lo leggiamo nell'ultimo passo della Sacra Scrittura, nel libro dell'Apocalisse: «Sì, verrò presto. Amen. Vieni, Signore Gesù!» (22,20).
Due cose che bisogna mettersi in pratica...L'occhio di Dio che ti vede e il cuore di Mamma Celeste che ti ama. (P. Pio)
Prega e spera non agitarsi. L'agitazione non giova a nulla, Iddio è Misericordioso e ascolterà la tua preghiera. (P. Pio)

massimo
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OPERA DELLO SPIRITO SANTO (VII PARTE)

Messaggio da massimo » mer gen 17, 2007 2:57 pm

Convocazione, Parola e Comunione al Corpo e al Sangue di Gesù
Padre Battista Cortinovis, s.m.m.

Il titolo stesso dell'enciclica Ecclesia de Eucharistia indica con chiarezza che «la celebrazione eucaristica è al centro del processo di crescita della Chiesa... Ogni volta che il sacrificio della Croce viene celebrato sull'altare, si effettua l'opera della nostra redenzione... e insieme viene rappresentata e prodotta l'unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo in Cristo» (n. 21).
Nella stessa celebrazione eucaristica, così come avviene oggi, ma anche come fu sempre, si manifesta la presenza viva di Cristo sotto i veli di tre segni particolari: il fare assemblea, l'ascoltare la Parola di Dio e il comunicare al Corpo e Sangue del Signore. Già dei primi cristiani si dice: «Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42).

La comunione fraterna
«Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20). È la parola efficace di Gesù che rende l'assemblea eucaristica già di per sé una presenza viva del Signore. L'essere riuniti nel suo Nome significa ritrovarsi nell'amore che è stato la ragione unica di vita per Gesù e che viene indicata a noi come "comandamento nuovo", regola della nostra stessa vita. Dove c'è carità, là c'è Dio, poiché Dio è Amore.
L'Amore del Padre e del Figlio è lo Spirito Santo. L'assemblea è convocata dallo Spirito e si riunisce perché nel cuore di ognuno vi è lo Spirito; e si fa assemblea fraterna per ricevere ancora lo Spirito Santo, fino alla pienezza. Gli apostoli avevano ricevuto lo Spirito Santo la sera di Pasqua, ma in attesa della Pentecoste – effusione piena dello Spirito – «erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui» (At 1,14).
Ogni celebrazione eucaristica è convivio in comunione fraterna; l'assemblea domenicale in particolare rende ancor più visibile il "convenire insieme": ognuno esce di casa sua, dalla sua vita individuale, e percorre un cammino per confluire con altri credenti, mossi dalla stessa ragione di fede e di amore. Insieme ci si ritrova, si loda il Signore con canti e inni spirituali, si ascolta la Parola di Dio, si mangia alla stessa mensa del Corpo e Sangue di Cristo, per tornare al proprio quotidiano, non più soli, ma come testimoni dell'essere tutti insieme un cuor solo e un'anima sola.
Lo Spirito Santo, che ci aveva provocato a fare comunità, ci ha anche assistito con la sua luce per comprendere la Parola di Dio; come nostro Avvocato ci ha tolto il peccato e resi degni di comunicare al Corpo e al Sangue di Cristo; e ora con la sua forza ci sostiene nella missione di annunciare al mondo con i fatti la buona novella di Cristo.
Maria è colei che per prima ha accolto la provocazione dello Spirito Santo, fino a rendersi totalmente disponibile a fare la volontà del Padre: «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21). Ma è anche colei che crea l'occasione affinché la comunità del Signore si riunisca. Alle nozze di Cana, il primo miracolo di Gesù è provocato da Maria, e da quel primo "segno" i discepoli incominciano a credere, e «dopo questo fatto, Gesù discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli» (Gv 2,12).

Gesù, Verbo di Dio
La Sapienza eterna di Dio si è fatta Uomo, il Verbo si è così fatto Parola. Per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno di Maria. La Parola è ispirata, voce dello Spirito, che illumina l'uomo, lo guida e lo conduce alla comunione perfetta con il Padre, per mezzo di Gesù Cristo.
Nella celebrazione eucaristica noi ascoltiamo la Parola proclamata, spiegata e pregata, «assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli», poiché questa Parola è per noi, per ognuno di noi. È la presenza viva di Gesù Cristo: «Chi ascolta voi, ascolta me» (Lc 10,16).
Maria, che si è fatta Vergine sapiente, in ascolto della Parola, meditandola e interpretandola per sé (cfr. Lc 2,19.51), raccomanda anche a noi: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5), come Madre che desidera vedere i propri figli crescere fino alla pienezza dell'età di Gesù Cristo, discepoli della sua Parola, disponibili e docili allo Spirito, che rivela sempre cose nuove.

La Comunione al Corpo e al Sangue di Cristo
Il cuore dell'Eucaristia è la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo. Dopo aver offerto sull'altare «la vittima immolata per la nostra redenzione», noi preghiamo di poterci nutrire del suo Corpo e del suo Sangue, per avere «la pienezza dello Spirito Santo» e diventare in Cristo «un solo corpo e un solo spirito» (Preghiera Eucaristica III).
È una comunione all'amore totale di Colui che dà la vita per noi, al Corpo "offerto in sacrificio" per noi; al Sangue "versato" per noi e per tutti; affinché noi pure diventiamo amore totale, verso Dio e verso il prossimo, ricolmi di Spirito Santo, che è l'Amore del Padre e del Figlio; e ricevendo questa pienezza di Spirito, possiamo in Cristo rivolgerci al Padre, chiamandolo «Abba!» (cfr. Gal 4,6).
Noi accogliamo Cristo nel cuore, come "presenza reale"; come Maria lo accolse nel suo grembo, divenendo lei – in un modo unico e irrepetibile – e noi: dimora di Dio, tabernacolo dell'Altissimo, tempio del Signore, da lui abitati e totalmente immersi in lui, nostro respiro e nostra vita. «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).

In memoria di Lui
La presenza eucaristica di Gesù non si limita a un momento, né si ferma in un luogo. «Fate questo in memoria di me» significa pure: Andate e annunziate!... Io sono con voi sempre! (cfr. Mt 28,19-20). Ogni volta che farete questo gesto come mio memoriale, voi mi renderete presente. Questo gesto comprende il fare assemblea, annunciare la Parola, comunicare al Corpo e al Sangue di Cristo. Dunque, per essere donne e uomini "eucaristici", noi siamo inviati nel mondo ad annunciare e a testimoniare con la vita la comunione fraterna, la luce della Parola di Dio e l'amore che si dona fino a dare la vita.
«Ricevete lo Spirito Santo» (Gv 20,22): al momento della missione, ci è donato lo Spirito Consolatore, che ci accompagna con forza, luce e calore, mentre Gesù «fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo» (At 1,9). Lo Spirito si manifesta come amore, coraggio e conforto in noi, e per mezzo di noi, al mondo, come Cristo si manifesta in sommo grado sotto i veli del Pane e del Vino consacrati.
Avendo Gesù nel suo grembo, Maria è tabernacolo di Dio, abitata dalla presenza viva di lui. Ma diventa anche ostensorio di Dio, quando porta Gesù in casa della parente Elisabetta (cfr. Lc 1,39ss). Con questa visita, Maria provoca gioia, fede e lode al Signore, che sono i frutti dello Spirito; infatti «Elisabetta fu piena di Spirito Santo» (v. 41) nel riconoscere tali doni in casa sua.
Immagine della nostra missione eucaristica: sciogliendosi l'assemblea al termine della celebrazione, noi portiamo Gesù in noi: il suo amore fraterno, la sua Parola, la sua presenza reale; e ritorniamo sulle strade del mondo, nel nostro quotidiano: lavoro, famiglia, società... Ma lo Spirito Santo che è in noi, opera per mezzo nostro, al fine di rendere presenti nel mondo i suoi doni: la luce, la gioia e la pace, segni e garanzia della presenza del Regno di Dio che viene.
Due cose che bisogna mettersi in pratica...L'occhio di Dio che ti vede e il cuore di Mamma Celeste che ti ama. (P. Pio)
Prega e spera non agitarsi. L'agitazione non giova a nulla, Iddio è Misericordioso e ascolterà la tua preghiera. (P. Pio)

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