Avvento 2009

Omelie di Monsignor Antonio Riboldi e altri commenti alla Parola, a cura di miriam bolfissimo
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven nov 27, 2009 6:24 pm

Immagine Miei carissimi tutti, pace e bene! ecco l’Avvento, tempo prezioso che bussa ai nostri cuori per portarci tra le braccia nostro Signore: camminiamo insieme e facciamo nostra l'esortazione di sant'agostino: rialzati, per te Dio si è fatto uomo!

Unabbraccissimodiluminosocamminoauguriosissimo, miriam bolfissimo ;)
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven nov 27, 2009 6:26 pm


  • Introduzione
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Il tema che ci accompagnerà nel cammino di Avvento e Natale è ispirato a una frase di Sant’Agostino, estratta da un Discorso sul Natale che il Santo fece a Ippona il 25 dicembre di un anno compreso tra il 412 e il 416. Nella sua formulazione così lapidaria, il santo vescovo esprime il carattere straordinario e inaudito del cristianesimo. Due sono i misteri principali della nostra fede: Dio è Uno e Trino; il Verbo di Dio si è fatto carne, è morto ed è risorto.

L’incarnazione del Verbo è quanto il Natale ci invita a meditare e l’intero Discorso 185 contempla questo mistero nella prospettiva dello scambio: «Avendo un Figlio unico, Dio l’ha fatto figlio dell’uomo, e così viceversa ha reso il figlio dell’uomo figlio di Dio» (Discorsi, 185). Perché l’uomo potesse vivere una vita piena e fosse liberato dai vincoli del male e della morte, Dio stesso ha preso su di sé la fragile natura umana. E, d’altra parte, per mezzo della sua vita, morte e risurrezione, ha reso l’uomo partecipe della natura divina, donandogli la condizione di figlio di Dio. Per Sant’Atanasio «Dio si è fatto uomo perché noi uomini diventassimo dèi, cioè partecipi della vita divina» (De Incarnatione, 54), mentre la liturgia della solennità di Maria Santissima Madre di Dio ci fa pregare così: «Meraviglioso scambio! Il Creatore ha preso un’anima e un corpo, è nato da una vergine; fatto uomo senza opera d’uomo, ci dona la sua divinità» (I Antifona ai I e II Vespri). San Paolo, esortando i Corinzi ad essere generosi in occasione della colletta per i fedeli di Gerusalemme, motiva così la sua esortazione: «Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9).

Solo Dio poteva accettare e operare un simile scambio, a esclusivo vantaggio dell’uomo: «Saresti morto per sempre, se egli non fosse nato nel tempo. Non avrebbe liberato dal peccato la tua natura, se non avesse assunto una natura simile a quella del peccato… Non avresti riavuto la vita, se egli non si fosse incontrato con la tua stessa morte» (Discorsi, 185).

Prendendo su di sé i limiti della nostra condizione umana, Dio ci ha concesso di partecipare – nella misura da lui stabilita – alla ricchezza della sua condizione divina. Sant’Agostino conclude: «Cerca il merito, la causa, la giustizia di questo, e vedi se trovi mai altro che grazia» (Discorsi, 185). Questo dono straordinario è destinato a ogni uomo, singolarmente: non “per voi”, “per noi” o “per l’umanità” in generale, ma “per te” Dio si è fatto uomo.

Da questo evento scaturisce l’esortazione del vescovo di Ippona: «Expergiscere, homo: quia pro te Deus factus est homo». Il termine expergiscere si può tradurre con «Rialzati, svégliati» e, in modo un po’ più libero, con «fatti coraggio ». Alla meraviglia e allo stupore per un dono così grande e immeritato, deve seguire l’azione concreta. È dono ricevuto, ma anche imperativo per l’agire: «Alzati, svégliati»! Qui la libertà umana è direttamente interpellata.

«Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà» (Ef 5,14). Il dono di grazia che investe il cristiano non mortifica, non incanala il credente nel solco di una vita predeterminata, ma fa appello alla sua libertà che, risvegliata e incoraggiata dall’annuncio evangelico, è chiamata ad alzarsi in piedi, ad assumere la posizione eretta dell’uomo responsabile che sta di fronte a Dio.

«Rialzati, uomo: per te Dio si è fatto uomo». Attraverso le letture dell’Antico e del Nuovo Testamento contempleremo il grande progetto di Dio, nel quale siamo stati scelti per essere figli, grazie al dono del Figlio che ha vissuto pienamente la condizione umana (escluso il peccato) perché l’uomo potesse vivere la condizione divina.
  • dal sussidio liturgico pastorale della CEI
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven nov 27, 2009 6:40 pm

  • ImmaginePrima domenica di Avvento: “Io realizzerò le promesse di bene”

    Annunciare
Siamo al cap. 33 del libro di Geremia: Gerusalemme è assediata dal re di Babilonia Nabucodònosor. La situazione è ormai senza speranza. Geremia si trova rinchiuso nell’atrio della prigione. Aveva annunciato che la città sarebbe stata senz’altro presa dal nemico e che ogni resistenza sarebbe stata vana: «Se combatterete contro i Caldei, non riuscirete a nulla» (32,5). Per questo il re Sedecìa l’ha rinchiuso, perché un tale messaggio scoraggiava ulteriormente gli uomini e li induceva a consegnarsi al nemico.

La città santa, invece, è ormai destinata a divenire un luogo «desolato, senza uomini e senza bestiame» (33,10.12). Precedentemente nel libro, il Signore aveva già comunicato altri messaggi di speranza a Geremia (capp. 29-32). Ma in questi casi gli aveva anche comandato di trasmetterli ad altri. Geremia infatti ha già inviato, per lettera, promesse di bene alla comunità di deportati (cap. 29), le ha lasciate per iscritto ai posteri (capp. 30- 31), le ha testimoniate compiendo gesti di speranza, in tempi angosciosi, davanti a testimoni (cap. 32). Nel cap. 33, invece, non gli è comandato di trasmettere, né di scrivere, né di testimoniare. Le promesse di bene sono deposte dal Signore nel cuore di Geremia chiuso in prigione. Nient’altro.

C’è un aspetto della speranza divina che è incomunicabile, ma è depositato come un tesoro preziosissimo nell’intimo di ognuno di noi. Infatti, nel cap. 33 si tratta di «cose grandi e impenetrabili che non conosci» (33,3). Impenetrabili perché umanamente impossibili. Infatti, per Geremia era ben prevedibile che le case di Gerusalemme «saranno riempite dei cadaveri di quanti ho colpito nella mia ira» (33,5), tuttavia il Signore gli fa conoscere la venuta (dopo queste cose) di una salvezza tale che «tutti i popoli della terra... si stupiranno e fremeranno per tutto il bene e per tutta la pace che concederò loro» (33,9).

Questa speranza è “impenetrabile”: gli uomini non possono maturarla da soli, la possono solo accogliere da Dio, come Geremia nella prigione. La promessa di bene annunciata a Geremia nel brano che ascoltiamo questa domenica (vv.14-16) riguarda in particolare la venuta di un «Germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra» (v. 15). In quei giorni Gerusalemme sarà chiamata «Signore-nostra- giustizia» (v. 16). L’insistenza sulla giustizia viene dal fatto che il dramma che si sta consumando in quei giorni è frutto soprattutto dell’ingiustizia degli uomini, in particolare dei governanti. Un re giusto è proprio necessario per un futuro di bene!

Questo re è Gesù che verrà nella gloria (Vangelo). La speranza della sua venuta non è un optional, è necessaria: ascoltiamo infatti nel Vangelo che «gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra». Riguardo a questi momenti drammatici in cui gli eventi del mondo atterriscono gli uomini, Gesù può comandare: «quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzàte il capo, perché la vostra liberazione è vicina». Questo significa che il tesoro depositato in noi, che ora manifestiamo solo imperfettamente, apparirà in modo stupefacente: invece del terrore, la gioia!

...Ma solo se avremo custodito questa speranza (seconda parte del Vangelo e II lettura). Questo non sarà facile: Gesù dice «risollevatevi e alzate il capo», perché la speranza è custodita soltanto portando la croce («vi perseguiteranno... sarete consegnati... odiati da tutti a causa del mio nome», Lc 21,12-17), come Geremia che era stato chiuso in prigione per essere stato fedele al suo ministero.
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven nov 27, 2009 7:01 pm

  • ImmaginePrima domenica di Avvento: “Io realizzerò le promesse di bene”

    Celebrare
Si apre un tempo nuovo, tempo di avvento, tempo di speranza. Il cammino dell’anno liturgico ha inizio nel cuore. Tra le zolle di questa terra indurita e sterile, dove riposa il seme di una promessa antica: Ecco, verranno giorni... nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa d Giuda (I lettura, Ger 33,14).

Dio si affaccia sull’orizzonte del tempo con la promessa di una visita, con l’annuncio di una speranza, con la potenza della sua parola fedele. In questo humus della nostra umanità, impastata di terra e acqua, Dio sceglie di dimorare come il seme in un grembo per elargire il suo bene e far germogliare la vita: Il Signore elargirà il suo bene e la nostra terra produrrà il suo frutto (antifona di comunione, Salmo 84).

La Colletta alternativa di questa domenica ci invita a rialzare il capo, ad aprire il cuore alla speranza, a ridestare l’attesa poiché la parola fedele di Dio sta per germogliare e portare a compimento la promessa antica (prefazio avvento I): Padre santo, che mantieni nei secoli le tue promesse, rialza il capo dell’umanità oppressa da tanti mali e apri i nostri cuori alla speranza, perché sappiamo attendere senza turbamento il ritorno glorioso del Cristo, giudice e salvatore.

Per vivere con intensità questa domenica del tempo di Avvento, può essere di particolare aiuto sottolineare alcuni gesti e alcune parole dell’azione liturgica. In particolare, nella prima domenica di Avvento andrebbe valorizzata e sottolineata la processione introitale. Il Messale Romano, infatti, la prevede come forma ordinaria di ogni Eucaristia, tuttavia, nel tempo di Avvento potrebbe essere maggiormente solennizzata. All’inizio procedono coloro che portano turibolo e incenso, segue colui che porta la croce con accanto coloro che portano i ceri accesi. Il lettore (o il diacono) segue con il libro dei Vangeli che porta sollevato. Da ultimo, il sacerdote presidente.

La processione traccia il cammino della celebrazione: dalla porta all’altare attraverso la navata. Essa, accompagnata dal canto, che ne manifesta il mistero, è il segno della visita di Dio. Siamo il popolo dell’alleanza, convocato per celebrare le meraviglie del suo amore. È la sua visita che rende possibile il nostro radunarci, che trasforma la nostra dispersione nella grazia della comunione. La direzione tracciata dalla processione orienta il nostro sguardo, polarizza la nostra attenzione sull’Ospite inatteso che fa il suo ingresso nel mondo. I segni con cui solennizziamo la celebrazione (luce, incenso, ministri) esprimono la nostra accoglienza e la gioia della sua venuta. La processione sosta davanti all’altare, centro e culmine della celebrazione. Qui la processione si interrompe e rivolge all’altare tre atti di riverenza: inchino, bacio, incensazione. L’inchino esprime il riconoscimento dell’altare quale luogo della presenza di Dio; il bacio è il sigillo affettuoso e intimo dell’alleanza che ci rende familiari di Dio; l’incensazione è il gesto che rivela l’onore e il rispetto al Dio trascendente.

Come pellegrini sulla terra, la processione introitale ci rivela il senso cristiano della vita, il Signore, guida sicura, ci accompagna, instancabile viandante verso i beni eterni (Orazione dopo la comunione).
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven nov 27, 2009 7:06 pm

  • ImmaginePrima domenica di Avvento: “Io realizzerò le promesse di bene”

    Testimoniare
Oggi sono a Ljubija, un piccolo villaggio nella parte Nord-occidentale della Bosnia Erzegovina. La prima impressione non è delle migliori! Una stradina di montagna, non asfaltata, piena di buchi e in salita, larga appena da permettere il passaggio in macchina. Una fabbrica abbandonata e una vecchia miniera. Non si respira affatto un’aria serena! Ad attenderci davanti a una chiesetta, don Marko, il sacerdote arrivato in questo villaggio quasi dieci anni fa, giovanissimo, subito dopo la sua ordinazione. Qui vive la sua vocazione a servizio della comunità, resto di una cospicua presenza di cattolici, prima che la guerra costringesse intere famiglie a scappare. Insegna religione nella scuola multietnica del villaggio, solo nove i bambini cattolici. La messa in parrocchia e il catechismo ogni domenica pomeriggio. Alcuni devono percorrere a piedi più di 10 km prima di raggiungere la chiesetta dove si celebra l’eucaristia domenicale. Durante la settimana, poi, veste i panni del volontario, a volte dell’assistente sociale, altre volte del manager che organizza con i contadini il lavoro nei campi. È una delle zone della Bosnia in cui è più difficile sopravvivere.

La povertà materiale è chiaramente visibile. Pochissime case, alcune ancora completamente distrutte, altre ricostruite ma senza acqua o elettricità. La maggior parte delle persone vive di agricoltura e alleva pecore o qualche mucca per i propri bisogni. Non c’è lavoro e i pochi giovani rimasti cercano ancora la via della fuga dal paese, un tentativo per sperare una vita migliore. Anche le organizzazioni umanitarie, dopo i primi interventi di ricostruzione delle case per favorire il rientro dei profughi, sono andate via. Non basta la casa per decidere di tornare se non hai di che vivere! La gente del villaggio non ha nulla, la municipalità cui appartengono è troppo lontana e ha altri interessi. «Ma se non è possibile far rientrare quanti hanno avuto la possibilità di rifarsi una vita altrove, nonostante il passato, dobbiamo cercare di rendere possibile la vita di chi oggi, per scelta o perché costretto, vive in questo piccolo e per tanti insignificante villaggio».

Don Marko, con un gesto quasi di ribellione per quanto vede ogni giorno, ma con tanta speranza, ci invita a non mollare, a restare accanto alla sua gente e soprattutto a non tacere quanto abbiamo visto. Lo stesso don Marko avrebbe potuto scegliere di andare via, svolgere il servizio sacerdotale altrove, come altri prima di lui. Ha scelto, invece, di restare e di camminare con la sua gente!
  • Una giovane “casco bianco” in Bosnia
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven nov 27, 2009 7:08 pm

  • ImmaginePrima domenica di Avvento: “Io realizzerò le promesse di bene”

    Mettiamoci in cammino
Credere, contro ogni evidenza, alla promessa di Dio: questo è il messaggio di don Marko che tanto ha colpito questa giovane. E nel frattempo “preparare la strada”, sostenendo la speranza, condividendo la vita di tutti. Non possiamo nascondere la nostra pigrizia dietro un facile pessimismo: bisogna agire anche per dare ragione della nostra speranza. Quali gesti di tolleranza, accoglienza, solidarietà possono mostrare che crediamo alla promessa di Dio?
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Inizia oggi il cammino dell'Avvento

Messaggio da Don Armando Maria » dom nov 29, 2009 9:44 am

Ave Maria! Oggi inizia per noi il cammino dell'Avvento. E' un cammino che facciamo meditando, con il rosario in mano, le parole sante che ci risuonno dentro l'anima: "Ecco Io vengo, vengo presto, non temere! Non aver paura perché vengo per salvarti, vengo per liberarti, vengo e ti porto la mia Pace". A Betlemme, davanti al presepio, ci prostreremo per terra, alla presena di Dio fatto Bambinio per noi... mentre gli angeli cantano: "Gloria a Dio nell'altto dei cieli e pace gli uomini di buona volontà che Egli ama!". Fratelli, oggi sono tante le notizie e le cose che ci possono spaventare perché il male è una cosa brutta. Ma facciamoci coraggio perché con lapreghiera e la penitenza il male si allontanerà da noi. Coraggio perché Gesù vive dentro ai nostri cuori, e non siamo mai soli! E stiamo allegri perché la Madonna ci ha promesso, a Fatima, che dopo tutte queste cose brutte, finalmente il suo Cuore Immacolato trionferà e ci sarà la pace. Pace e gioia!
Gesù e la Mamma Celeste vi amano assai e vi benedicono; e anche io, nel loro Santissimo Amore vi voglio bene e vi benedico per intercessione del Cuore Immacolato di Maria: nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Don Armando Maria

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Giammarco De Vincentis
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Messaggio da Giammarco De Vincentis » dom nov 29, 2009 11:16 am

"Gloria a Dio nell'altto dei cieli e pace gli uomini di buona volontà che Egli ama!".
Gesu' io ti apro il mio cuore ;)
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Messaggio da Giammarco De Vincentis » dom nov 29, 2009 11:44 am

Mi affaccio alla finestra di questo mondo, dove c’è odore di primavera anche quando il freddo inverno ha cambiato colore alla natura, ma non nei nostri cuori. Auguro a tutti che questa prima settimana di avvento sia serena e ricca di speranza , quella che vogliamo cercare e donarci allo stesso tempo dentro questa scatoletta. VI VOGLIO BENE
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 30, 2009 2:59 pm

  • Immagine Celebrazione dei Vespri per l'inizio del Tempo di Avvento

    Omelia del Santo Padre Benedetto XVI
Cari fratelli e sorelle,

con questa celebrazione vespertina entriamo nel tempo liturgico dell’Avvento. Nella lettura biblica che abbiamo appena ascoltato, tratta dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi, l’apostolo Paolo ci invita a preparare la “venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (5,23) conservandoci irreprensibili, con la grazia di Dio. Paolo usa proprio la parola “venuta”, in latino adventus, da cui il termine Avvento.

Riflettiamo brevemente sul significato di questa parola, che può tradursi con “presenza”, “arrivo”, “venuta”. Nel linguaggio del mondo antico era un termine tecnico utilizzato per indicare l’arrivo di un funzionario, la visita del re o dell’imperatore in una provincia. Ma poteva indicare anche la venuta della divinità, che esce dal suo nascondimento per manifestarsi con potenza, o che viene celebrata presente nel culto. I cristiani adottarono la parola “avvento” per esprimere la loro relazione con Gesù Cristo: Gesù è il Re, entrato in questa povera “provincia” denominata terra per rendere visita a tutti; alla festa del suo avvento fa partecipare quanti credono in Lui, quanti credono nella sua presenza nell’assemblea liturgica.

Con la parola adventus si intendeva sostanzialmente dire: Dio è qui, non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli. Anche se non lo possiamo vedere e toccare come avviene con le realtà sensibili, Egli è qui e viene a visitarci in molteplici modi.

Il significato dell’espressione “avvento” comprende quindi anche quello di visitatio, che vuol dire semplicemente e propriamente “visita”; in questo caso si tratta di una visita di Dio: Egli entra nella mia vita e vuole rivolgersi a me. Tutti facciamo esperienza, nell’esistenza quotidiana, di avere poco tempo per il Signore e poco tempo pure per noi. Si finisce per essere assorbiti dal “fare”. Non è forse vero che spesso è proprio l’attività a possederci, la società con i suoi molteplici interessi a monopolizzare la nostra attenzione? Non è forse vero che si dedica molto tempo al divertimento e a svaghi di vario genere? A volte le cose ci “travolgono”.

L’Avvento, questo tempo liturgico forte che stiamo iniziando, ci invita a sostare in silenzio per capire una presenza. È un invito a comprendere che i singoli eventi della giornata sono cenni che Dio ci rivolge, segni dell’attenzione che ha per ognuno di noi. Quanto spesso Dio ci fa percepire qualcosa del suo amore! Tenere, per così dire, un “diario interiore” di questo amore sarebbe un compito bello e salutare per la nostra vita! L’Avvento ci invita e ci stimola a contemplare il Signore presente. La certezza della sua presenza non dovrebbe aiutarci a vedere il mondo con occhi diversi? Non dovrebbe aiutarci a considerare tutta la nostra esistenza come “visita”, come un modo in cui Egli può venire a noi e diventarci vicino, in ogni situazione?

Altro elemento fondamentale dell’Avvento è l’attesa, attesa che è nello stesso tempo speranza. L’Avvento ci spinge a capire il senso del tempo e della storia come “kairós”, come occasione favorevole per la nostra salvezza. Gesù ha illustrato questa realtà misteriosa in molte parabole: nel racconto dei servi invitati ad attendere il ritorno del padrone; nella parabola delle vergini che aspettano lo sposo; o in quelle della semina e della mietitura. L’uomo, nella sua vita, è in costante attesa: quando è bambino vuole crescere, da adulto tende alla realizzazione e al successo, avanzando nell’età, aspira al meritato riposo. Ma arriva il tempo in cui egli scopre di aver sperato troppo poco se, al di là della professione o della posizione sociale, non gli rimane nient’altro da sperare. La speranza segna il cammino dell’umanità, ma per i cristiani essa è animata da una certezza: il Signore è presente nello scorrere della nostra vita, ci accompagna e un giorno asciugherà anche le nostre lacrime. Un giorno, non lontano, tutto troverà il suo compimento nel Regno di Dio, Regno di giustizia e di pace.

Ma ci sono modi molto diversi di attendere. Se il tempo non è riempito da un presente dotato di senso, l’attesa rischia di diventare insopportabile; se si aspetta qualcosa, ma in questo momento non c’è nulla, se il presente cioè rimane vuoto, ogni attimo che passa appare esageratamente lungo, e l’attesa si trasforma in un peso troppo grave, perché il futuro rimane del tutto incerto. Quando invece il tempo è dotato di senso, e in ogni istante percepiamo qualcosa di specifico e di valido, allora la gioia dell’attesa rende il presente più prezioso.

Cari fratelli e sorelle, viviamo intensamente il presente dove già ci raggiungono i doni del Signore, viviamolo proiettati verso il futuro, un futuro carico di speranza. L’Avvento cristiano diviene in questo modo occasione per ridestare in noi il senso vero dell’attesa, ritornando al cuore della nostra fede che è il mistero di Cristo, il Messia atteso per lunghi secoli e nato nella povertà di Betlemme. Venendo tra noi, ci ha recato e continua ad offrirci il dono del suo amore e della sua salvezza. Presente tra noi, ci parla in molteplici modi: nella Sacra Scrittura, nell’anno liturgico, nei santi, negli eventi della vita quotidiana, in tutta la creazione, che cambia aspetto a seconda che dietro di essa ci sia Lui o che sia offuscata dalla nebbia di un’incerta origine e di un incerto futuro. A nostra volta, noi possiamo rivolgergli la parola, presentargli le sofferenze che ci affliggono, l’impazienza, le domande che ci sgorgano dal cuore. Siamo certi che ci ascolta sempre! E se Gesù è presente, non esiste più alcun tempo privo di senso e vuoto. Se Lui è presente, possiamo continuare a sperare anche quando gli altri non possono più assicurarci alcun sostegno, anche quando il presente diventa faticoso.

Cari amici, l’Avvento è il tempo della presenza e dell’attesa dell’eterno. Proprio per questa ragione è, in modo particolare, il tempo della gioia, di una gioia interiorizzata, che nessuna sofferenza può cancellare. La gioia per il fatto che Dio si è fatto bambino. Questa gioia, invisibilmente presente in noi, ci incoraggia a camminare fiduciosi. Modello e sostegno di tale intimo gaudio è la Vergine Maria, per mezzo della quale ci è stato donato il Bambino Gesù. Ci ottenga Lei, fedele discepola del suo Figlio, la grazia di vivere questo tempo liturgico vigilanti e operosi nell’attesa. Amen!
  • Basilica Vaticana sabato, 28 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar dic 01, 2009 9:03 am

Immagine Il mio cuore è pesante, i miei occhi sono nel buio:
  • non riesco a vedere segni di bene attorno a me.

    Mi porrò in ascolto della tua Parola, Signore mio Dio,
    per riscoprirti fedele alle tue promesse.

    Troverò rifugio nella preghiera,
    che mi donerà nuova fiducia in te e luce al mio sguardo.

    Imparerò a vedere la tua presenza in mezzo a noi
    e a comunicare agli altri messaggi di speranza.

    • Madì Drello
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sdan
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[phpBB Debug] PHP Warning: in file [ROOT]/vendor/twig/twig/lib/Twig/Extension/Core.php on line 1266: count(): Parameter must be an array or an object that implements Countable

replay

Messaggio da sdan » mar dic 01, 2009 9:58 pm

invocando lo Spirito per un'attesa che sia reale desiderio di Lui...

Spirito di Dio scendi su di noi.
fondici, plasmaci, riempici, usaci.
Spirito di Dio scendi su di noi.
Spirito di Dio scendi su di me.
fondimi, plasmami, riempimi, usami.
Spirito di Dio scendi su di me.

smile ;)
si diceva che i pellegrini non dovevano dedicare troppo tempo a preparare il viaggio, perché prendere in considerazione i tanti possibili pericoli poteva indurli a desistere...

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven dic 04, 2009 4:36 pm

  • ImmagineSeconda domenica di Avvento: “Rivestiti dello splendore della gloria”

    Annunciare
Sion è una madre in lutto (I lettura) perché ha perso i suoi figli, portati via in schiavitù. Essa indossa la «veste del lutto e dell’afflizione». Ha gridato a Dio per loro: «Ho deposto l’abito di pace, ho indossato la veste di sacco per la supplica, griderò all’Eterno per tutti i miei giorni» (Bar 4,20).

Ora il profeta gli chiede di deporre la «veste del lutto e dell’afflizione» e di rivestirsi della gloria che le viene da Dio. Ciò che stupisce è che questo le venga chiesto mentre è ancora abbandonata. La causa del suo lutto non è tolta perché i suoi figli sono ancora lontani. Ciò che ha cambiato la situazione di Sion è che “L’Eterno” ha compiuto un atto decisivo. Egli ha rimesso in cammino Israele: «Riuniti... esultanti per il ricordo di Dio... In trionfo, come sopra un trono regale». Infatti [in greco: ] «Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio».

L’Eterno, anche se non li ha ancora ricondotti in casa, afferma che rimuoverà gli ostacoli che li trattenevano. “Eterno” è un attributo di Dio usato anche altrove nella Bibbia (Is 40,28; Dn 13,42; Rm 16,26), ma solamente nella terza sezione di Baruc (4,5-5,9) Dio è chiamato semplicemente “l’Eterno” (8 volte). Solo “l’Eterno” potrà rimuovere ostacoli quali le montagne, le valli e le “rupi perenni” che sono, nella Bibbia, il simbolo di ciò che dura da sempre. Egli è capace di togliere ciò che da sempre impedisce all’umanità di tornare ad abitare una città che sarà detta “pace di giustizia” e “gloria di pietà”.

Comprendere questa sovranità di Dio sul tempo ci è assolutamente necessario affinché non siamo schiacciati dagli ostacoli che ci impediscono di tornare a Lui e che appaiono perenni come le montagne e le valli. L’annuncio rivolto a Sion nella prima lettura è simile all’annuncio di Giovanni Battista nel Vangelo. Anch’egli chiede di prepararsi (preparare la via, raddrizzare i sentieri) e promette che «ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato... Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». Giovanni annuncia che la “salvezza di Dio” non sarà più invisibile e così tutti potranno camminare verso di essa con fiducia.

Ora, né Sion né Giovanni Battista vedono le montagne spianate e le valli colmate. Le difficoltà e i peccati degli uomini sono ancora tutti lì. Ciò che vedono sono solamente i figli che tornano, le folle che vengono a farsi battezzare. Che le montagne saranno spianate e le valli colmate è stato loro annunciato. Lo splendore di cui Sion deve rivestirsi gli viene esclusivamente dalla parola divina rivoltagli dal profeta. La speranza è fondata solamente in Dio (Sion aveva detto: «E io come posso aiutarvi? Chi vi ha afflitto con tanti mali saprà liberarvi...», Bar 4,17-18) perché soltanto l’Eterno può abbattere gli ostacoli della morte e del peccato che da sempre opprimono l’uomo.

In Paolo possiamo vedere all’opera la stessa speranza. A differenza di Sion e di Giovanni Battista, egli vede per mezzo della fede in Cristo i monti spianati e le valli colmate: «Persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento». Per i filippesi ha gli stessi sentimenti materni della Sion di Baruc («Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi», cfr anche 1Ts 2,7) e prega per essi perché crescano «sempre più in conoscenza e in pieno discernimento». Sappiamo riconoscere che in Cristo non c’è più nessun “ostacolo eterno” che ci potrà impedire di tornare a Dio?
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven dic 04, 2009 4:38 pm

  • ImmagineSeconda domenica di Avvento: “Rivestiti dello splendore della gloria”

    Celebrare
Nel buio dei giorni invernali, una voce squarcia le tenebre del mondo: Popolo di Sion, il Signore verrà a salvare i popoli! (antifona di ingresso). Un annuncio di gioia ci scuote dal torpore della notte e ci ridesta alla gioia. La tristezza della nostra umiliazione, lo scoraggiamento per le nostre infedeltà riceve un annuncio di speranza: il Signore stesso raddrizzerà, spianerà, aprirà una via nuova. O Dio, grande nell’amore, che chiami gli umili alla luce gloriosa del tuo regno, raddrizza nei nostri cuori i tuoi sentieri, spiana le alture della superbia, e preparaci a celebrare con fede ardente la venuta del nostro Salvatore (colletta alternativa).

Solo la potenza di Dio può operare ciò che è impossibile all’uomo: Egli salva, riconduce i figli dispersi, scioglie il pianto in gioia, dona a tutti i popoli la salvezza. La liturgia cristiana è luogo in cui Dio rivela la sua potenza. Qui il suo braccio si distende per liberare dal peccato e dalla morte, la sua voce grida, la sua mano ci nutre e ci invia nel mondo. Il tempo di Avvento, pur orientato verso il Natale in cui contempliamo il dono del Dio fatto uomo, si caratterizza in queste prime domeniche per le immagini forti e tremende. Dio si riveste di splendore e di gloria, Egli è il Dio giusto, il Principe della Pace, sotto di lui cadono i popoli e riconduce i giusti su di un trono regale. Tu ci hai nascosto il giorno e l’ora in cui il Cristo Suo Figlio, Signore e giudice della storia, apparirà sulle nubi del cielo rivestito di potenza e splendore. In quel giorno tremendo e glorioso passerà il mondo presente e sorgeranno cieli nuovi e terra nuova (prefazio I avvento).

Nella liturgia di questa seconda domenica di Avvento, un’attenzione particolare potrebbe essere riservata al canto del Sanctus. Questo antico inno-acclamazione, loda Dio, Signore del cielo e della terra, Dio delle schiere celesti, che manifesta la sua potenza nel dono della sua venuta in mezzo a noi (Benedetto colui che viene nel nome del Signore). Questo canto esplode nel cuore della Preghiera eucaristica, tempo in cui la parola annunciata, per la potenza di Dio (invocazione dello Spirito Santo), si fa Carne e Sangue del Figlio di Dio. Il canto del Sanctus, tratto dal libro di Isaia (Is 6,3), domanda un’esecuzione corale; è una parola ritmica potente, lirica ed esplosiva. Il canto dei serafini si unisce alla voce povera della chiesa pellegrina; riempie i cieli e la terra fino a giungere davanti al trono dell’Altissimo. È il canto che unisce il cielo e la terra, gli angeli e i santi con i poveri e gli umili. Questo canto ritma e invoca la venuta del Figlio dell’Altissimo (Hosanna!) e noi, nell’attesa del suo ultimo avvento, vigilanti nell’attesa, insieme agli angeli e i santi, cantiamo unanimi l’inno della sua gloria: Santo, Santo, Santo! (prefazio I avvento).
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven dic 04, 2009 4:41 pm

  • ImmagineSeconda domenica di Avvento: “Rivestiti dello splendore della gloria”

    Testimoniare
Sono riuscito a entrare nel mondo di Kibera, grazie all’invito di Peter, il falegname che lavora da noi; è nato lo stesso giorno e anno con la differenza che vive in una baracca di 3x3m, ha quattro bambini ed è in attesa del quinto. Spesso, finito il lavoro vado trovarlo. Sono diventato amico della famiglia, dei bambini e delle persone che gli vivono accanto. Mi insegna l’inglese, perché lo parla bene, e qualche parola di swuahili.

È sorprendente vedere come la vita è organizzata nella baraccopoli. La baracca non è sua, ma paga l’affitto. Non c’è la corrente elettrica, ma solo una lampada ad olio per la sera. Per cucinare quel poco di riso e fagioli, usano carbone che si compra nei piccoli mercati. L’acqua si recupera con delle piccole taniche presso delle cisterne collettive dislocate nella zona e si paga un tanto al litro. Per chi vive nello slum, farcela è davvero dura! Inoltre scuola e sanità si paga completamente e solo pochi abitanti degli slum ne usufruiscono. La moglie di Peter, Veronica, per fare i controlli della gravidanza deve camminare più di 40 minuti per raggiungere il più vicino dispensario.

Una volta sono andato con lei per vedere. Si cammina per un sentiero tutto in salita, avevo paura che partorisse per strada! Alla sera Peter fa scuola ai suoi figli e ad altri 15 bambini delle baracche vicine. È anche animatore di una piccola comunità cristiana che si ritrova alla domenica pomeriggio. Spiega la Parola di Dio del giorno, si prega insieme e alla fine si raccoglie una piccola colletta per aiutare chi è più nella necessità. Sono stato tra loro una domenica. La gente parla kiswuahili, la lingua ufficiale del Kenya; solo chi è andato a scuola sa l’inglese, comunque mi sono sentito accolto e hanno chiesto anche a me una piccola condivisione: ho donato loro dei rosari missionari che ho portato dall’Italia e sono stati felici di conoscere questa dimensione della preghiera.
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven dic 04, 2009 4:42 pm

  • ImmagineSeconda domenica di Avvento: “Rivestiti dello splendore della gloria”

    Mettiamoci in cammino
Per questo missionario la differenza tra lui e Peter sta nella vita che conducono... Nient’altro! Questo è l’unico modo per condividere davvero: essere consapevoli che non esistono differenze tra noi e le altre persone, in qualsiasi condizione si trovano a vivere.

È una rivoluzione difficile da compiere, convinti come siamo di essere migliori, di dover “servire i poveri”, come se fossero altro da noi, addirittura sotto di noi. Come persone, come comunità, come provare a vivere questa consapevolezza?
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mer dic 09, 2009 9:17 am

  • Immagine II Domenica di Avvento

    Angelus del Santo Padre Benedetto XVI
Cari fratelli e sorelle!

In questa seconda domenica di Avvento, la liturgia propone il brano evangelico in cui san Luca, per così dire, prepara la scena su cui Gesù sta per apparire e iniziare la sua missione pubblica (cfr Lc 3,1-6). L’Evangelista punta il riflettore su Giovanni Battista, che del Messia fu il precursore, e traccia con grande precisione le coordinate spazio-temporali della sua predicazione. Scrive Luca: “Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconitide, e Lisania tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto” (Lc 3,1-2). Due cose attirano la nostra attenzione. La prima è l’abbondanza di riferimenti a tutte le autorità politiche e religiose della Palestina nel 27/28 d.C. Evidentemente l’Evangelista vuole avvertire chi legge o ascolta che il Vangelo non è una leggenda, ma il racconto di una storia vera, che Gesù di Nazaret è un personaggio storico inserito in quel preciso contesto. Il secondo elemento degno di nota è che, dopo questa ampia introduzione storica, il soggetto diventa “la parola di Dio”, presentata come una forza che scende dall’alto e si posa su Giovanni il Battista.

Domani ricorrerà la memoria liturgica di sant’Ambrogio, grande Vescovo di Milano. Attingo da lui un commento a questo testo evangelico: “Il Figlio di Dio – egli scrive -, prima di radunare la Chiesa, agisce anzitutto nel suo umile servo. Perciò dice bene san Luca che la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria nel deserto, perché la Chiesa non ha preso inizio dagli uomini, ma dalla Parola” (Espos. del Vangelo di Luca 2, 67). Ecco dunque il significato: la Parola di Dio è il soggetto che muove la storia, ispira i profeti, prepara la via del Messia, convoca la Chiesa. Gesù stesso è la Parola divina che si è fatta carne nel grembo verginale di Maria: in Lui Dio si è rivelato pienamente, ci ha detto e dato tutto, aprendoci i tesori della sua verità e della sua misericordia. Prosegue ancora sant’Ambrogio nel suo commento: “Discese dunque la Parola, affinché la terra, che prima era un deserto, producesse i suoi frutti per noi” (ibid.).

Cari amici, il fiore più bello germogliato dalla parola di Dio è la Vergine Maria. Lei è la primizia della Chiesa, giardino di Dio sulla terra. Ma, mentre Maria è l’Immacolata – così la celebreremo dopodomani –, la Chiesa ha continuamente bisogno di purificarsi, perché il peccato insidia tutti i suoi membri. Nella Chiesa è sempre in atto una lotta tra il deserto e il giardino, tra il peccato che inaridisce la terra e la grazia che la irriga perché produca frutti abbondanti di santità. Preghiamo dunque la Madre del Signore affinché ci aiuti, in questo tempo di Avvento, a “raddrizzare” le nostre vie, lasciandoci guidare dalla parola di Dio.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mer dic 09, 2009 9:20 am

Immagine Signore, che per bocca del precursore Giovanni Battista
  • hai promesso che «ogni uomo vedrà la salvezza di Dio»,
    fa’ che anche noi possiamo aprire i nostri occhi
    e accoglierti nella nostra vita.

    Non permettere che l’incontro con te
    ci trovi impreparati a riconoscerti
    e ad accoglierti come Salvatore.

    Ti chiediamo solo di aiutarci a colmare i burroni dei nostri peccati,
    ad abbattere i monti del nostro orgoglio,
    a spianare i luoghi impervi della nostra diffidenza
    e a raddrizzare i passi tortuosi del nostro egoismo.

    • Nicola Gori
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      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven dic 11, 2009 2:52 pm

  • ImmagineTerza domenica di Avvento: “Ti rinnoverà con il suo amore”

    Annunciare
Questo brano tratto dal libro del profeta Sofonia, riassume bene il messaggio della III Domenica di Avvento, chiamata appunto Domenica Gaudete. Giunti a metà dell’Avvento, il Signore è sempre più vicino e il profeta ci invita alla gioia.

L’abbondanza dei verbi che esprimono la gioia rende l’invito accorato e pressante. Alcuni si riferiscono ad un sentimento interiore («rallegrati», «esulta»), altri («acclama», «grida») parlano di una felicità che si esterna attraverso la voce e i gesti del corpo. È l’appello ad una gioia piena, completa, sentita nell’intimo e da condividere con gli altri. San Paolo, nella seconda lettura (Fil 4,4-7), esorta allo stesso modo i Filippesi a rallegrarsi perché «il Signore è vicino».

Per capire il motivo di un tale invito, dobbiamo inquadrare la predicazione del profeta Sofonia nel suo periodo storico, al tempo del re Giosia (640- 609 a.C. circa) e dopo un secolo di pesante dominazione assira. Nei lunghissimi anni del suo regno (687-642 a.C. circa) l’empio Manasse aveva introdotto in Giuda culti idolatrici e favorito il dilagare della corruzione, soprattutto nell’ambito delle classi più abbienti: ricchi proprietari terrieri, giudici, profeti, sacerdoti (cfr. Sof 3,1-13). Sofonia vede in questa situazione passata la «condanna », cioè il castigo che Dio ha inflitto al popolo a causa della sua infedeltà. Ora, però, si deve gioire, perché il Signore interviene per liberare Israele dai suoi nemici e dalla «condanna» che si era meritato.

Il termine «Israele», utilizzato per indicare il Regno del Sud invece del più comune «Giuda», in Sofonia riporta il destinatario dell’annuncio al periodo premonarchico, quando l’unico “re” delle dodici tribù unite era Dio. Il monarca terreno non è in grado di liberare Israele: solo l’intervento del Signore, presente in mezzo al suo popolo, annienta i nemici e sradica la malvagità. Per questo il lamento funebre di Sof 3,1-5 si può trasformare ora in canto di gioia, gioia che Dio stesso condivide col suo popolo. Avendo al proprio fianco il vero re (v. 15) e il guerriero potente (v. 17) che combatte in suo favore, il fedele israelita di ieri e il cristiano di oggi è invitato a superare il sentimento della paura («non temere») e i suoi effetti paralizzanti (le braccia che “cadono”). All’invito del profeta a riprendere coraggio fa eco la celebre frase di Sant’Agostino che accompagna il nostro cammino di Avvento e Natale: «Rialzati, uomo: per te Dio si è fatto uomo».

L’eliminazione del male non è l’unico effetto della presenza di Dio in mezzo ai suoi. L’amore di Dio rinnova completamente Israele costituendo un popolo di poveri, di gente dalle labbra pure che trova rifugio nel Signore e abbandona l’iniquità (cfr. Sof 3,9-13). Tuttavia quest’opera di rinnovamento non è compiuta definitivamente. L’espressione «in quel giorno» e i verbi al futuro indicano che la trasformazione già in atto di Sion (e di ogni fedele) attende di realizzarsi pienamente nel futuro. È la speranza che Giovanni Battista, nel Vangelo (Lc 3,10-18), tiene desta con la sua predicazione di conversione e penitenza. È la speranza che il tempo di Avvento ci esorta a nutrire, nella consapevolezza che il Verbo fatto carne ha già posto la sua dimora in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14), ma ogni anno rinnova la sua venuta. E se con l’incarnazione la presenza di Dio «in mezzo a noi» si compie in pienezza, con la morte e risurrezione di Gesù e il dono dello Spirito si compie anche la presenza di Dio «dentro di noi». Chi può non gioire per un tale annunzio?
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven dic 11, 2009 2:59 pm

  • ImmagineTerza domenica di Avvento: “Ti rinnoverà con il suo amore”

    Celebrare
Rallegratevi! Gioite! Siate lieti! In questa terza domenica di Avvento siamo chiamati a innalzare lo sguardo, a ridestare la speranza perché: il Signore è vicino (antifona di ingresso). Egli ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico (cfr. Sof 3,15). Presto l’atteso giungerà (Vangelo), assumendo la nostra carne mortale ci rivestirà delle vesti di salvezza e ci avvolgerà con il manto della giustizia. Il tema della gioia caratterizza questo tempo di Avvento, una letizia che sgorga dalla speranza, dalla fiducia, dall’annuncio di Giovanni Battista: presto viene in mezzo a noi il Messia atteso, la Luce che non conosce tramonto. L’invito alla gioia che viene dalla parola di Dio non è rivolto agli spensierati, agli incoscienti, ma a tutti coloro che conoscono la fatica del cammino, l’ingiustizia e il dolore della terra. Come nella lettera ai Filippesi (II lettura), così anche alla comunità cristiana radunata per l’Eucaristia è donato un annuncio di gioia: Fratelli, siate lieti! (Fil 4,4).

In particolare, all’inizio della celebrazione eucaristica il saluto del celebrante invita alla gioia per la presenza del Signore risorto in mezzo al suo popolo: Il Dio della speranza, che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi (Rm 15,13). Così pure siamo chiamati, insieme agli angeli e i santi, a esultare e cantare nell’inno del Sanctus. La gioia, infine, accompagna l’annuncio del Vangelo al termine della liturgia (congedo): La gioia del Signore sia la nostra forza. Andate in pace; oppure: Andate e portate a tutti la gioia del Signore risorto.

Nella liturgia, l’invito alla gioia non caratterizza solo alcuni tempi liturgici (Avvento, Natale, Pasqua ecc.) o singoli momenti della celebrazione, ma è l’atmosfera che dovrebbe caratterizzare ogni liturgia. Perché il rito cristiano ama rivestirsi dell’abito della festa più che presentarsi con i tratti seriosi o drammatici. L’atmosfera gioiosa, lieta, leggiadra è per così dire la forma che ama indossare per poter esprimere il suo volto più vero: una comunità radunata per ricevere un annuncio di grazia: Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente (Sof 3,16-17).

Ogni festa ha i suoi linguaggi e i suoi riti: necessita di uno spazio accogliente e addobbato, della festosa partecipazione degli invitati, di abbondanza di cibo e di bevande, del coinvolgimento spontaneo di tutti. Soprattutto presuppone un evento di cui fare memoria e che si consuma insieme attraverso questi linguaggi. Una festa ben riuscita presuppone, infatti, una motivazione condivisa, altrimenti si trasforma ben presto in una noiosa riunione. La noia è infatti la “brutta copia” della festa, il volto deturpato della gioia: ci si annoia quando non ci si sente coinvolti, quando il motivo della festa ci è sconosciuto o indifferente.

Le nostre liturgie indossano troppo spesso l’abito della noia più che quello della festa. Spesso ci si illude di poter festeggiare strumentalizzando i riti: il raduno, il cibo, il canto, l’eccedenza; dimenticando il festeggiato, l’Ospite. Solo recuperando il motivo profondo e serio della festa sarà possibile riaccendere i riti della gioia. Una animazione liturgica ingenua e superficiale cade spesso nella tentazione di creare un’atmosfera festosa strumentalizzando i riti. Infatti, l’aggiunta di un canto, del battito delle mani, o di un nutrito rinfresco dopo la Messa, non saranno mai capaci di generare un’autentica festa cristiana. Il cuore della festa dimora nel mistero celebrato, nella presenza dell’atteso, nella gioia di un incontro a lungo atteso.
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven dic 11, 2009 3:02 pm

  • ImmagineTerza domenica di Avvento: “Ti rinnoverà con il suo amore”

    Testimoniare
I ricordi sono tanti, la maggior parte tristi. È difficile parlare di mia madre, dell’affetto che non ho ricevuto da lei. Un giorno mi disse che non ero voluta, cioè che sono nata per sbaglio, e questo per me è peggio delle botte che ho sempre preso. Adesso, dopo tanti dolori e incomprensioni, finalmente ho trovato delle persone che mi hanno ridato un po’ di serenità, fiducia nel prossimo, la possibilità di poter sorridere di nuovo. È una grande famiglia per me la Caritas, gli assistenti sociali e poi il Laboratorio d’Arte; è il paradiso per me, dove ho trovato il tesoro più grande: GLI AMICI, ed essere considerata una persona con la sua dignità. E queste certezze:
      • In questo oceano che è il mondo
        io mi trovo nel mezzo di un mare di tempeste,
        io mi ritrovo spinta giù
        ma senza mai distogliere
        il mio sguardo da Te, Gesù.

        Se il vento mi spinge nella collera
        nell’angoscia, nell’incertezza delle mie tristezze
        basta aprire il proprio cuore
        e lo sguardo verso di Te, Gesù.

        Ed io non mi sentirò più sola
        in questo oceano d’incertezze
        ma viva in Te, Gesù.
  • Stefania, da Reggio Emilia
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven dic 11, 2009 3:05 pm

  • ImmagineTerza domenica di Avvento: “Ti rinnoverà con il suo amore”

    Mettiamoci in cammino
Il rinnovamento di Stefania è passato attraverso persone che l’hanno ascoltata, hanno creduto nelle sue capacità, hanno creato una rete di solidarietà e fiducia intorno a lei. E lei ha scoperto l’amorevole presenza di Dio. Senza un’autentica testimonianza di carità, è difficile far cogliere il messaggio del Vangelo. Questo Avvento può essere il momento propizio per un nostro impegno concreto insieme alle persone più svantaggiate.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar dic 15, 2009 10:26 am

  • Immagine III Domenica di Avvento

    Angelus del Santo Padre Benedetto XVI
Cari fratelli e sorelle!

Siamo ormai alla terza domenica di Avvento. Oggi nella liturgia riecheggia l’invito dell’apostolo Paolo: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti … il Signore è vicino!” (Fil 4,4-5). La madre Chiesa, mentre ci accompagna verso il santo Natale, ci aiuta a riscoprire il senso e il gusto della gioia cristiana, così diversa da quella del mondo. In questa domenica, secondo una bella tradizione, i bambini di Roma vengono a far benedire dal Papa le statuine di Gesù Bambino, che porranno nei loro presepi. E, infatti, vedo qui in Piazza San Pietro tanti bambini e ragazzi, insieme con i genitori, gli insegnanti e i catechisti. Carissimi, vi saluto tutti con grande affetto e vi ringrazio di essere venuti. È per me motivo di gioia sapere che nelle vostre famiglie si conserva l’usanza di fare il presepe. Però non basta ripetere un gesto tradizionale, per quanto importante. Bisogna cercare di vivere nella realtà di tutti i giorni quello che il presepe rappresenta, cioè l’amore di Cristo, la sua umiltà, la sua povertà. È ciò che fece san Francesco a Greccio: rappresentò dal vivo la scena della Natività, per poterla contemplare e adorare, ma soprattutto per saper meglio mettere in pratica il messaggio del Figlio di Dio, che per amore nostro si è spogliato di tutto e si è fatto piccolo bambino.

La benedizione dei “Bambinelli” – come si dice a Roma – ci ricorda che il presepio è una scuola di vita, dove possiamo imparare il segreto della vera gioia. Questa non consiste nell’avere tante cose, ma nel sentirsi amati dal Signore, nel farsi dono per gli altri e nel volersi bene. Guardiamo il presepe: la Madonna e san Giuseppe non sembrano una famiglia molto fortunata; hanno avuto il loro primo figlio in mezzo a grandi disagi; eppure sono pieni di intima gioia, perché si amano, si aiutano, e soprattutto sono certi che nella loro storia è all’opera Dio, il Quale si è fatto presente nel piccolo Gesù. E i pastori? Che motivo avrebbero di rallegrarsi? Quel Neonato non cambierà certo la loro condizione di povertà e di emarginazione. Ma la fede li aiuta a riconoscere nel “bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”, il “segno” del compiersi delle promesse di Dio per tutti gli uomini “che egli ama” (Lc 2,12.14), anche per loro!

Ecco, cari amici, in che cosa consiste la vera gioia: è il sentire che la nostra esistenza personale e comunitaria viene visitata e riempita da un mistero grande, il mistero dell’amore di Dio. Per gioire abbiamo bisogno non solo di cose, ma di amore e di verità: abbiamo bisogno di un Dio vicino, che riscalda il nostro cuore, e risponde alle nostre attese profonde. Questo Dio si è manifestato in Gesù, nato dalla Vergine Maria. Perciò quel Bambinello, che mettiamo nella capanna o nella grotta, è il centro di tutto, è il cuore del mondo. Preghiamo perché ogni uomo, come la Vergine Maria, possa accogliere quale centro della propria vita il Dio che si è fatto Bambino, fonte della vera gioia.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar dic 15, 2009 10:29 am

Immagine O Signore, poiché è vero che perdoni
  • tanti peccati per un’opera di misericordia,
    aiutaci a fare nostro l’insegnamento del Battista.

    Insegnaci a donare più che a ricevere
    e a donare te: vera ricchezza!
    Rendici capaci o Dio, di praticare la giustizia e la carità.

    • Lucia Giallorenzo
    [/color][/b]
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » gio dic 17, 2009 10:49 am

  • Immagine16 dicembre 2009, primo giorno della novena di Natale

          • Maria
    [/b][/size]
Maria ha accolto fin dall’inizio ciò che Dio le ha affidato. Certo, non sono mancati stupore e smarrimento per la richiesta dell’angelo, ma alla fine Maria ha detto quel sì che ha reso la sua e la nostra vita diversa. Lo stupore di Maria sta proprio nel fatto di aver accolto il sogno di Dio facendolo suo! Ha lasciato entrare nel suo cuore la Parola di Dio, stupendosi di fronte alle «grandi cose» che il Signore stava compiendo in lei.

E noi sappiamo accogliere il progetto di Dio per noi? Sappiamo essere accoglienti nei confronti di chi ci sta intorno? La porta ci mette di fronte a una scelta: apriamo il nostro cuore ad accogliere o lasciamo la porta chiusa?
  • ImmagineGesù, aiutaci ad avere un cuore sempre accogliente

    proprio come lo ha avuto Maria,
    che ha accolto il progetto che Dio aveva per lei.
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      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » gio dic 17, 2009 11:00 am

  • Immagine17 dicembre 2009, secondo giorno della novena di Natale

          • Giuseppe
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La cosa più difficile nella nostra vita è accettare ciò che proprio non riusciamo a capire. Spesso vogliamo chiudere le nostre orecchie e non proviamo neanche a sentire ciò che per noi è incomprensibile. Giuseppe oggi ci insegna che, nonostante i dubbi e le incertezze, ascoltare la Parola che Dio ci rivolge è ciò che. dà senso e pienezza alla nostra vita. Anche lui si è stupito di fronte a ciò che l’angelo gli ha confidato in sogno, e ha avuto la capacità di ascoltare con il cuore più che con le orecchie ciò che Dio gli stava chiedendo.

E noi siamo capaci di ascoltare la Parola di Dio e i fratelli che abbiamo accanto a noi? Le cuffie ci pongono di fronte ad una scelta: le indossiamo e ascoltiamo ciò che viene trasmesso o le lasciamo lì dove sono?
  • Immagine Gesù, aiutaci a essere disponibili all’ascolto della tua Parola

    proprio come ha fatto Giuseppe,
    che ha ascoltato il tuo progetto d’amore per lui.
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven dic 18, 2009 11:27 am

  • Immagine18 dicembre 2009, terzo giorno della novena di Natale

          • Isaia
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Siamo all’inizio di un’altra Novena. Alcuni di noi ne hanno fatte tante, e il rischio più grande che possiamo correre è quello di vivere quest’altro Natale senza che ci accorgiamo della novità di Gesù che nasce dentro di noi, senza che la nostra vita cambi minimamente. Abbiamo bisogno allora di guardare bene, di vederci chiaro. Isaia è stato un uomo mandato da Dio che “ci ha visto chiaro” fin dall’inizio. Ha predetto la venuta di Gesù molti anni prima che avvenisse. Lasciamoci guidare dalla sua fiducia, e scopriremo che stare svegli ci aiuta a riconoscere Gesù che passa in mezzo a noi, nella nostra esistenza, cambiandoci davvero la vita.

La sveglia ci invita a una scelta: ci lasciamo svegliare dal suo suono o la spegniamo girandoci dall’altra parte per continuare a “dormire”?
  • ImmagineGesù, aiuta i nostri occhi a riconoscerti

    quando vieni in mezzo a noi,
    così come ha fatto il profeta Isaia.
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      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » sab dic 19, 2009 10:05 am

  • Immagine19 dicembre 2009, quarto giorno della novena di Natale

          • Giovanni Battista
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Giovanni Battista ha inaugurato la nuova profezia, quella del tempo della Chiesa, che non consiste nell’annunciare una salvezza futura e lontana, ma nel rivelare la presenza nascosta di Cristo nel mondo, nello strappare il velo dagli occhi della gente, scuoterne l’indifferenza, ripetendo con Isaia: «Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia: non ve ne accorgete?» (cfr. Is 43,19).

Giovanni Battista ci insegna che per essere profeti non occorre una grande dottrina ed eloquenza. Egli non conosce ancora i titoli di Gesù: Figlio di Dio, Verbo e neppure quello di Figlio dell’uomo, ma come riesce a far sentire la grandezza e unicità di Cristo! Usa immagini semplicissime, tratte dalla vita quotidiana e tradizionale. «Non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Il mondo e l’umanità appaiono, dalle sue parole, contenuti dentro un vaglio che il Messia, regge scuote nelle sue mani; davanti a lui si decide chi sta e chi cade, chi è grano e chi è pula, che il vento disperde.
  • Immagine Gesù, aiuta i nostri occhi a riconoscerti

    quando vieni in mezzo a noi,
    così come ha fatto il tuo
    precursore Giovanni Battista.
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      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » sab dic 19, 2009 10:12 am

  • ImmagineQuarta domenica di Avvento: “Santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo”

    Annunciare
In questa ultima domenica di Avvento, la Liturgia della Parola fa affrettare i nostri passi verso il mistero del Natale. Il Messia, le cui origini sono «dall’antichità, dai giorni più remoti», è atteso come dominatore e pastore d’Israele. Il celebre oracolo del profeta Michea (I lettura) ci indirizza geograficamente verso la piccola Betlemme di Èfrata, in continuità con la storia davidica, come compimento della promessa divina. Il brano di Luca (Vangelo) ci fa volgere lo sguardo verso il grembo fecondo della Vergine Maria la quale, in risposta all’annuncio dell’angelo, si mette in cammino verso la cugina Elisabetta. In realtà, l’interesse non è tanto sull’incontro tra le due donne, ma tra i due bambini.

Giovanni sussulta nel grembo della sterile Elisabetta e quest’ultima, a sua volta, riconosce e annuncia il «frutto benedetto» della «benedetta fra le donne», l’atteso Messia che il Battista additerà come l’«agnello di Dio» (Gv 1,29), colui che viene per compiere la volontà di Dio che è una volontà di salvezza (togliere il peccato del mondo). Nel suo progetto di amore per l’umanità intera, il Signore Gesù entra nella concretezza della storia per liberare l’uomo dalla corruzione del peccato e della morte.

La Lettera agli Ebrei mette in relazione il sacrificio offerto da Cristo con i sacrifici della prima alleanza. Dopo aver sottolineato l’impossibilità della Legge di rendere perfetti gli uomini attraverso i sacrifici prescritti e l’inefficacia del sangue di tori e di capri per l’eliminazione dei peccati, l’autore parla della venuta di Gesù Cristo (II lettura). Ciò che la Legge non poteva compiere è reso possibile grazie all’«Eccomi» del Figlio di Dio che accetta e compie la volontà del Padre che nel suo disegno di salvezza non ha voluto né sacrificio, né offerta, ma ha preparato al Figlio un «corpo». Si tratta di quel corpo che ha preso forma nel seno di Maria e che vedrà la luce a Betlemme. L’autore della lettera agli Ebrei, attraverso la citazione del Salmo 40, che interpreta l’offerta personale dell’orante, il suo culto purificato da ogni sterile ritualità, come prefigurazione profetica del sacrificio che Cristo compie di se stesso, in conformità alla volontà del Padre.

L’«Eccomi» del Figlio è innanzitutto quello dell’Incarnazione, nel quale il Verbo si fa carne, pone la sua tenda in mezzo agli uomini, ed è contemplato nella sua gloria, «gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre» (Gv 1,14). L’«Eccomi» di Cristo al progetto del Padre si compirà poi nell’offerta che egli fa di sé sull’altare della croce dove offre liberamente se stesso per la salvezza di ogni uomo. Grazie all’«offerta del corpo di Cristo» siamo santificati, «noi», cioè tutti i lettori cristiani di ogni tempo.

Il versetto al salmo responsoriale di questa domenica ci fa chiedere al Signore che faccia sempre risplendere su di noi il suo volto, affinché possiamo essere salvi. È il volto di Dio tre volte santo che si è fatto uomo per salvare e santificare ogni uomo e davanti al quale il cristiano è invitato a dire: «Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome» (Salmo 79,19).
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » sab dic 19, 2009 10:19 am

  • ImmagineQuarta domenica di Avvento: “Santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo”

    Celebrare
Si avvicina il giorno della salvezza, dall’alto dei cieli scende per noi il Giusto, dalle dure e sterili zolle delle terra germoglia il Salvatore (antifona di ingresso). Il promesso, l’atteso, si prepara un corpo nel grembo di una Vergine, poiché di lui è scritto: Ecco, io vengo, per fare la tua volontà (II lettura).

L’obbedienza del Verbo, trova eco nell’umile e forte docilità di Maria: In Lei la Chiesa riscatta la rovina dell’antico avversario, la grazia che Eva ci tolse è ridonata in Maria poiché in lei, madre di tutti gli uomini, la maternità redenta dal peccato e dalla morte, si apre al dono della vita nuova (prefazio II).

La liturgia di questa domenica ci introduce ormai nel giorno festoso del Natale. L’attesa è ormai quasi conclusa poiché il giorno della grazia è alle porte. Il tema festoso della luce ricorre e attraversa tutto il tempo di Avvento e, in particolare, in questa quarta domenica (rit. salmo responsoriale: Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi). Anche le strade delle nostre città, le nostre case sono illuminate a festa, in segno di trepidante attesa (orazione dopo la Comunione: Quanto più si avvicina il gran giorno della nostra salvezza, tanto più cresca il nostro fervore per celebrare degnamente il Natale del tuo Figlio).

È consuetudine, in molte comunità parrocchiali, arricchire la liturgia delle domeniche di Avvento con il rito del lucernario con la corona di Avvento. Questa prassi, di origine nord-europea, prevede il confezionamento di una corona di rami di pino o altri rami verdi, intrecciata a quattro candele, la cui graduale accensione ritma il tempo di attesa verso il giorno luminoso del Natale. «La corona di Avvento, con il progressivo accendersi delle sue quattro luci, domenica dopo domenica, è memoria delle varie tappe della storia della salvezza prima di Cristo e simbolo di luce profetica che via via illuminava la notte dell’attesa fino al sorgere del Sole di giustizia (cfr. Ml 3,20; Lc 1,78) (Direttorio su pietà popolare e liturgia, n. 98).

Lì dove questa prassi è consolidata si può prevedere una piccola liturgia della luce nei Riti di ingresso. Un canto adatto (ad esempio nel repertorio della Casa del Padre: Si accende una luce, n. 458) accompagna la processione di un ministro con in mano una candelina accesa e con essa, domenica dopo domenica, si accendono le candele che compongono la corona. Nel caso in cui si sceglie di arricchire la liturgia con questo segno, ricordiamo solo due piccole attenzioni: è bene non collocare la corona sopra l’altare, ma in un luogo a parte, per evitare di oscurare la centralità e la sacralità dell’altare cristiano. Inoltre, è importante ricordarsi che il colore liturgico dell’Avvento è il viola. Il colore rosso, abitualmente utilizzato nel tempo natalizio, non sembra opportuno; consigliamo, dunque, di optare per l’utilizzo di candele del loro colore naturale (bianco).
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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