Anno Paolino 28 giugno 2008 - 29 giugno 2009

Raccolta di preghiere e testi religiosi d’Autore, a cura di miriam bolfissimo
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven nov 06, 2009 9:31 am


  • La stretta del padre
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«La nostra patria invece è nei cieli». (Fil 3,20)

Lo Spirito attesta che siamo figli di Dio e mostra la strada da seguire. Non è vaga emozione chiamare Padre, il Dio totalmente altro, non è un artificio letterario invocarlo come il più tenero dei genitori. Abbà è proclamazione di fede, è simbolo che lega la parola indissolubilmente al fatto e percorre per intero il messaggio del vangelo. Dio è Dio, la sua distanza è incommensurabile ma il suo grande amore ha mostrato il volto della sua accondiscendenza, nel Figlio ha abbracciato la storia umana. La stretta del Padre garantisce che nessuno andrà perduto e che protetti dal suo sguardo la promessa di volerci tutti in un solo ovile sarà certamente mantenuta. Nessuno è escluso dal suo amore, né potrà sentirsi abbandonato perché anche se nostra madre si dimenticasse di noi, il Padre è dalla nostra parte. Figli nel Figlio assaporiamo il gusto dell'eredità e la consapevolezza che se liberati, benché la nostra fragilità, abbiamo il dovere di rispondere al dono ricevuto. Libertà che non è mai libertinaggio, non è presuntuosa condizione di sganciarsi da tutto e da tutti, ponendo sul trono il dominio egoistico di sé, ma è camminare secondo lo Spirito, guardare in alto sognando il cielo, la propria patria.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 6 novembre 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 09, 2009 10:18 am


  • Non più schiavi
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«E se figlio, sei anche erede per volontà di Dio». (Gal 4,7)

Figli per condividere, per partecipare al progetto che prima del tempo è disegnato dal Padre. Non più schiavi ma eredi. Il credo di chi nella relazione con Dio assume atteggiamenti da schiavo è frutto di paura e non ha il sapore dell'amore. Schiavo è colui che risponde perfettamente al dettame della legge, non si lascia trapassare dalla parola liberante e il suo cuore non ha masticato il precetto dell'amore. Essere figlio è assaporare la familiarità con Dio, è imporsi la regola non per rispettare il dettato dei numeri, ma perché non si può fare a meno di condividere la stessa tavola, di partecipare allo stesso banchetto, alla frazione dello stesso pane. Per questo il Figlio è mandato per riscattare i figli sottoposti al gioco della legge e garantire loro il posto a tavola. Come si fa a non sentire l'ebbrezza di questa gratuita offerta, come è possibile non liberare il canto di ringraziamento per chi ci ha amato tanto. Il riconoscimento della propria figliolanza mostra il viso della tenerezza: grazie Papà, Abbà, Padre. Essere figli è consapevolezza di non essere schiavi, è scoperta provocata in noi dallo Spirito di Gesù di appartenere alla nuova patria che è nei cieli.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 7 novembre 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 09, 2009 10:19 am


  • Scoprire la fratellanza
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«Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri». (Gal 5,26)

I figli di Dio scoprono la bellezza del cielo, la relazione con il Padre amplifica la tenerezza dell'esperienza. Chiamare Dio Padre è confidenza inaudita per sciogliere la resistenza della paura, per abbandonare la storia non a tragici meccanismi predestinati, ma alla speranza della redenzione. La consapevolezza che Dio è Padre sconvolge la pretesa dell'incontro, eppure è possibile: il Pontefice, il Cristo benedetto dal Padre, ha aperto la via. È straordinario sentire quanto la rivelazione confonda i sapienti e apra lo scrigno della conoscenza agli umili, a chi sa abbandonarsi, a chi come il bambino sa fidarsi. La Parola dai semplici viene compresa: Dio è Padre. Tenerezza che provoca conversione e smantella il sistema di chi crea Dio per sé, a danno degli altri. Dio è Padre che si coniuga con nostro, da Lui deriva l'impegno a scoprire la fratellanza. Chi pensasse di poter chiamare Dio Padre dimenticando che gli uomini, compagni di avventura, sono fratelli, è un bugiardo. Cercare vanagloria, scontrarci e fare guerra, vivere nelle tenebre, è contro Dio e chi lo chiama Padre, offendendo la dignità dell'altro, bestemmia.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 8 novembre 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar nov 10, 2009 10:01 am


  • Liberamente sobri
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«Noi non siamo della notte, né delle tenebre... Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobrii». (1 Tes 5,5.8)

Essere sobri, dunque. Non si può fare diversamente, non ci sono alibi per chi scopre Dio come Padre e gli altri uomini come fratelli. Lo Spirito ci rende consapevoli di essere figli, questa esperienza ci permette di conoscerci e di riconoscerci definitivamente. Conoscere noi stessi per quello che siamo, smascherati da false presunzioni, svestiti da abiti di corruzione. Ritrovarci padroni di noi stessi e mentre resistiamo alla tentazione del mondo, gustiamo la libertà della nostra vera consistenza. Ci accettiamo e forse perdoniamo noi stessi e perdonandoci, senza giustificarci, impariamo il mestiere dell'umiltà. La strada della conoscenza permette il doppio sentiero della riconoscenza: gratitudine al Dio di ogni tenerezza per averci liberato dalle tenebre e consapevolezza che da soli, senza scoprire l'altro come opportunità, la vita non è vita. Restare sobri, allora, non solo indica uno stile di vita, ma una condizione, uno spazio dove, forti non della nostra forza ma della corazza della fede, rendiamo libera la storia, la nostra, perché su di essa, come una distesa di pace, atterri il significato vero del destino dell'uomo.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 10 novembre 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » gio nov 12, 2009 10:23 am


  • Per vincere la notte
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Mercoledì 11 novembre 2009 «Rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza». (1 Tes 5,8)

Fede, speranza e carità il nuovo vestito, la nuova condizione, il nuovo percorso. La notte è superata, albeggia la nuova frontiera dell'uomo ritrovato. Il figlio ritornato a casa ha indossato definitivamente l'abito della festa. La notte è finita, i porci e le ghiande sono alle spalle, i giorni di schiavitù sono un doloroso ricordo. Il Padre ha asciugato l'ultima lacrima e ha dato inizio alla festa: perché questo figlio era perso ed è stato ritrovato, era morto ed è tornato in vita. L'erede non chiede più la parte che gli spetta, troppo ha sofferto per averla dissipata, chiede al Padre di ogni tenerezza di restare con lui e di non permettere più che l'abbandoni: resta con noi perché si fa sera. La generosità del Padre supera tutte le aspettative, ora il figlio lo sa, non deve chiedere, ma è consapevole ancora della sua debolezza e allora chiede la fede come struttura, la speranza come dimensione, la carità come aria da respirare. Corazza di coraggio, elmo di giovinezza, fede, speranza e carità sono fortezza per restare sobri e continuare a vincere la notte mentre, destinati alla salvezza, l'alba del nuovo giorno già mostra i suoi colori.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 11 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » gio nov 12, 2009 10:24 am


  • Figli nel figlio
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«Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all'acquisto della salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo». (1 Tes 5,9)

Corazza è l'amore del Padre che ha reso sicure le spalle fragili della nostra storia. Rivestiti di luce nel Figlio di ogni liberazione, il Padre ci ha perdonato e ha permesso alla nostra oppressione il riscatto e la gioia. Figli nel Figlio, mai ringrazieremo abbastanza per la nuova condizione, mai riusciremo a raccontare i giorni di prigionia, i faraoni e le loro oppressioni, le violenze subite e la schiavitù sopportata in terra straniera. Mai abbastanza riusciremo a raccontare le grandi opere, le meraviglie operate per noi dal suo amore, il mare aperto sotto i nostri piedi, la vittoria sui nostri nemici, la manna e la terra promessa. La nostra terra è il cielo futuro, la nostra casa è la casa di Dio. L'abbiamo vista negli occhi, nella parola e nella carne del Maestro di Galilea che morto sul legno della croce, primo dei vivi, ha sconfitto la morte. Primo dei risorti ha sussurrato al nostro orecchio: Dio non è in collera con voi, è Padre. Come una chioccia protegge i suoi pulcini, così il Padre ci tiene sicuri all'ombra delle sue ali. Sia reso grazie a Lui in Cristo, nel quale viviamo, salvezza del mondo.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 12 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven nov 13, 2009 7:20 pm


  • Percorrere il tempo
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«Gesù Cristo è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui». (1 Tes 5,10)

Insieme con Lui. Senza di Lui nulla ci è dato. Quale grande dono, quale ricchezza inaudita è la carezza misericordiosa del Padre in Cristo. Ha inviato nella nostra storia il suo unico Figlio che ci ha raccontato del Cielo e ha sfondato il muro di separazione tra noi e l'eterno. Vinta la morte, trionfa la vita, vittoria che supera il confine del senso e riproduce negli atteggiamenti umani, nelle scelte, nei pensieri, nelle opere la forza del nuovo Verbo: la paura è incatenata per sempre. Lui, il Signore Gesù, è con noi e se Lui è con noi chi potrà essere contro di noi, chi potrà rubare il significato dei nostri giorni. Forti della sua forza, confortandoci a vicenda, percorriamo sicuri il tempo dinanzi, convinti che ogni passo sia sorretto dal suo sguardo. Sia che vegliamo, sia che dormiamo Lui è con noi a proteggere il significato della nostra storia: sia che vegliamo, attenti alle nostre scelte, alle decisioni importanti, sia che dormiamo, lasciati liberi di riposo, sollevati dall'ansia opprimente. Come mamma premurosa a rimboccare coperte, così il mio Dio nella notte della vita silenziosamente si avvicina al mio letto.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 13 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 16, 2009 5:48 pm


  • Ridonare la carezza
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«Perciò confortatevi a vicenda edificandovi gli uni gli altri, come già fate». (1 Tes 5,11)

Nel Figlio siamo eredi e l'eredità rende partecipi e riempie di responsabilità. Sicuri delle spalle protette dalla presenza del Padre, offriamo la nostra vita come risposta al dono ricevuto. Dio ci ha liberato, il Figlio ha dato la vita per noi e nella sua croce abbiamo riscoperto il volto del Padre di ogni tenerezza. Liberi dalla morte, liberi dal sopruso di ogni demoniaca costrizione, prigionieri d'amore rendiamo grazie al Padre con l'estensione di tutti i nostri sensi. Siamo liberi finalmente, ma siamo innanzitutto liberi d'amare, di agire solo per amore, unico desiderio impresso come sigillo sulla fronte di chi, avendo compreso il suo destino, abbraccia il fratello che gli è dato di incontrare. Scoprire Dio, lasciarsi scoprire da Lui è inaudita consapevolezza di cosa significhi essere amati e chi tanto ha ricevuto grida dai tetti la gioia dell'incontro, la sua esperienza, il sì dato a Dio per essere stato scelto. Solo amando si rende visibile l'amore ricevuto e chi ha provato sulla propria carne la carezza del Padre, apportatrice di salvezza, sente un irrefrenabile desiderio che obbliga a ridonare quella carezza ai compagni di strada.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 14 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 16, 2009 5:49 pm


  • La luce è venuta
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«È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini». (Tt 2,11)

Dio ha mostrato il suo volto e ha risposto alle attese della storia che cercava senza trovare e, bussando a una porta impenetrabile, chiedeva senza ottenere. Richiesta senza risultato perché fondata sul desiderio malato di farcela senza Dio, di poter come all'origine innalzare torri di presunzione per sconfiggere il cielo. Soli, gli uomini hanno gridato la loro sconfitta: mostraci il tuo volto, Signore, non ci abbandonare, non guardare la nostra colpa, altrimenti noi saremmo persi. Il dolore della sconfitta è stato coniugato dalla storia, mischiato alla presunzione della nostra arroganza, ma il giudizio che noi a giusta ragione abbiamo dato del nostro fallimento è stato annullato dal bacio del Padre. Dio ha mostrato il suo volto e la luce è venuta a fare chiarezza sulla nostra miseria, nel buio eravamo come ciechi e lungo il cammino, ostacolato da inciampi e cadute, ci scontravamo con gli altri, facevamo guerra e la morte trionfava. Dio ha mostrato il suo volto nel Figlio inviato nella nostra storia a parlarci di Lui. Il tempo di prima è finito, la grazia ci insegna a rinnegare l'empietà, la storia del peccato è ora storia della salvezza.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 15 novembre 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mer nov 18, 2009 1:59 pm


  • Porre in alto le fiaccole
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«La grazia ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo». (Tito 2,12)

Illuminati dal volto del Padre, graziati dal suo amore, lo sguardo riesce a vedere cose inimmaginabili. La notte aveva oscurato il significato delle cose, il peccato coperto il valore di ogni senso. Liberati dall'amore corriamo la nuova fratellanza. La luce del Padre rende possibile il miracolo, il nemico è ora scoperto come fratello. Riempiti di luce, scoppiamo di luce che trasborda dal nostro vissuto e contagia le frasi dell'incontro col suo bagliore, costringe a riconsiderare le lettere antiche di un vocabolario superbo e a coniugare l'idioma dell'amore. Se la notte determina la paura, la luce del giorno nuovo esalta alla gioia. Il rivestito di luce gioca la sua vita donando la luce che ha ricevuto, non segue il proprio interesse a danno degli altri, ma a tutti insegna che solo la giustizia e la pietà reggono le sorti di un mondo rinnovato dall'amore. La luce che illumina ogni uomo è venuta ad abitare la terra, la grazia del Padre ha reso giustizia agli oppressi, ora è tempo di rimanere saldi nel vangelo che abbiamo ricevuto e porre le fiaccole in alto a segnalare ai lontani la salvezza.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 17 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » mer nov 18, 2009 2:00 pm


  • Mai tradimento
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«Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi, e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l'ho annunziato». (1 Cor 15,1-2)

Illuminati da Cristo le parole trovano senso, il senso delle parole si esalta nella Parola. Il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, ha consegnato se stesso alla vicenda umana perché ogni uomo riscoprisse la propria appartenenza divina. Nuova consapevolezza che permette miracoli inauditi: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i sordi odono, i morti risorgono. Il Verbo si è fatto carne e ha piantato la sua tenda in mezzo a noi, ha fasciato ferite, ha confortato affaticati e stanchi, ha avuto compassione del dolore degli uomini. Ha consegnato un comandamento che perpetuasse fino alla fine la sua presenza nel cuore della storia: l'amore deve essere la legge, la giustizia il campo di battaglia. Ai compagni di cordata il Verbo ha consegnato il suo verbo perché corresse veloce e arrivasse fino ai confini della terra e del tempo. Ed è corsa la Parola, da allora fino a oggi e ha piantato nel cuore degli eventi il suo significato ultimo ed esaltante. Cristo è la primizia, guai a chi tradisce il vangelo.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 18 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven nov 20, 2009 10:48 am


  • Il muro sfondato
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«Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo». (1 Cor 15,21-23)

Vangelo che annuncia cieli nuovi e terre nuove e consegna all'uomo rassegnato alla morte il sì definitivo alla vita. Tradire il vangelo è tradire Cristo che ha amato il mondo donando la sua vita per il nostro riscatto. È dimenticare la gioia che da esso promana a raccontare quanto Dio, il Padre di ogni tenerezza, abbia a cuore ciascuno di noi. Tradire il vangelo è ignorare che il peccato d'Adamo è stato vinto e Cristo, primizia di ogni vita, ha sfondato il muro che ci separava dal cielo. Un vangelo senza gioia è un tradimento sostanziale; una parola annunciata, che non abbia il ritmo gioioso della resurrezione, è una parola inutile. A causa del primo uomo e del suo peccato la morte è entrata nella vicenda umana, per il primo uomo nuovo ha trionfato la vita. Egli consegnerà il regno al Padre. Vale la pena rischiare la gioia, vale la pena ripetere incessantemente, in ogni circostanza, Cristo è davvero risorto, io con Lui, alleluia.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 19 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven nov 20, 2009 10:50 am


  • Confine ai poteri
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«Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza». (1 Cor 15,24)

Cristo è davvero risorto, alleluia. La vita ha trionfato. Chi ci separerà dall'amore di Cristo, chi potrà mai riconsegnare il nostro destino alla prigionia della morte. Maranà tha, vieni presto Signore Gesù, sarà il grido dei rinnovati dalla luce. Salvati e redenti dall'amore assoluto, il giorno del definitivo incontro si apre dinanzi al futuro della nostra storia. Ritornerà il Signore della vita e ci ricondurrà tutti alla casa del Padre, dove nell'ultimo giorno finalmente faremo festa. Ogni principato, ogni potenza di sventura subirà la condanna del silenzio e il chiavistello dell'oblio serrerà per sempre nel suo confine ogni potere di malizia. Cristo è davvero risorto e obbliga all'esperienza della gioia, costringe al canto dell'ottimismo, sprona ai sentieri della speranza, muta il lutto in danza, esalta le parole di luce. Se Cristo è risorto, l'attesa del futuro è attesa di bellezza e dire addio non è consegnare presenze di affetto al nulla, ma sostanze di incontri trasformati in tempo prossimo benedetto, quando il Signore della vita avrà posto tutti i nemici sotto i suoi piedi.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 20 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 23, 2009 6:17 pm


  • Nulla andrà disperso
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«Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi». (1 Cor 15,25)

Un tempo benedetto il futuro, un tempo che ci appartiene, che ci riguarda, quasi ci costringe proprio perché nostro a mutare le parole che descrivono l'esistere. Il futuro muove sensazioni di attesa, colora ragionamenti di possibilità, segna percorsi di ottimismo e se il futuro ci riguarda, ci riguarda la speranza, la gioia di potercela fare, la certezza che nulla andrà disperso. Nel nome del Signore Gesù, la vittoria definitiva annienterà i nemici della bellezza, cancellerà ogni pretesa di sopraffazione da parte di chi aveva pensato di poter escludere Dio dal vocabolario dell'umano. La vittoria della signoria di Cristo è per tutti e mentre consegna al futuro il raggiungimento della felicità totale, non nega la possibilità che nell'oggi quello stesso futuro possa essere gustato come forza trainante della storia. Posti i nemici sotto i suoi piedi, la fine, anzi l'inizio troverà ingresso e per esso gli uomini potranno rivestire l'abito della luce. Il canto dei salvati ricorderà il dolore di prima, ma nel frattempo il pungiglione della morte è stato divelto, l'ultimo nemico sarà annientato e la pace non sarà più turbata.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 21 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 23, 2009 6:18 pm


  • Memoria e futuro
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«L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte». (1 Cor 15,26)

Il canto dei salvati ripercorrerà i sentieri del tempo, ricorderà come in terra di prigionia gli esiliati cercavano parole di conforto, strofe da intrecciare a note per innalzare inni in terra straniera. Ripercorrerà i sentieri sconosciuti un tempo, ora chiari nell'animo umano, e ognuno si meraviglierà di quanto bene era nascosto nelle contraddizioni del cuore dei viandanti. Il canto dei salvati intonerà melodie di consapevolezza, inni di pace per la pace guadagnata, canzoni di gratitudine per la pace consegnata in dono da Cristo con il suo sangue. Canterà il coro degli eletti la gioia di appartenere al Risorto e, afferrati da Lui, di godere per sempre il futuro che aveva atteso. Ricorderà le lacrime di una volta, le ricorderanno tutti tenendosi abbracciati, sapendo che il dolore si supera, tuttavia non si dimentica. La memoria, ormai fasciata dalla luce, conserverà il barlume dell'antico tratto di una dolce carezza a raccogliere l'ultima lacrima caduta per l'ultimo pianto e la guarderà mentre vapore sarà incenso da consegnare al cielo. La morte è vinta, bisogna fare festa, e mentre la creazione attende la rivelazione dei figli di Dio, il canto dei salvati è già un tripudio.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 22 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar nov 24, 2009 2:36 pm


  • Verso il compimento
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«La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio». (Rom 8,19)

Il futuro parla di Dio, il futuro è Dio, a Lui sono orientati i pensieri di ogni uomo di buona volontà, ogni azione non può che essere consacrata a Lui. Cosa sarebbe l'uomo senza il Padre di ogni benevolenza, cosa sarebbe la nostra storia senza la carezza della sua tenerezza. Tutto è stato creato dal suo amore, ogni cosa porta in se stessa il sigillo del suo fattore e per questo l'intera creazione, mentre soffre a causa del peccato, sogna che presto il Padre la liberi, renda giustizia a un'attesa durata troppo a lungo. Il male è stato estirpato alla radice dal Maestro di Galilea e nel suo vangelo l'armonia del primo giorno è stata piantata nelle viscere dell'universo. Aspetta impaziente il creato che la visione di pace profetizzata da Isaia sia definitivamente assicurata. Il lupo e l'agnello, l'orsa e il vitello, il bambino e il serpente, non più contrapposti, né carnefici, né vittime finalmente assaporano il gusto della fraternità. Consapevole della gloria futura, impaziente la storia chiede il suo compimento, impaziente la creazione tende verso l'armonia, spera che presto i figli della rivelazione, nel Figlio, mostrino il volto definitivo del Padre.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 24 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven nov 27, 2009 10:53 am


  • Gridare l'assurdo
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«Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi». (Rom 8,18)

Attende la creazione il suo compimento, attende la storia l'eterno e l'uomo il sì compiuto per la sua vita. La promessa è stata chiara: non abbiate paura, io sarò con voi. La parola del conforto è decisiva nel tempo della tempesta e mentre lo scafo combatte le onde, l'approdo, benché arduo da acchiappare, non è lontano se il nocchiero è Cristo Signore. La fede non cancella le prove, le orienta, non nega il turbinio degli avvenimenti dolorosi, non nasconde l'ingiustizia ricevuta, offre parole di speranza, compagnia in mezzo alla tormenta. Offre la luce dell'arrivo a chi lontano spera di toccare terra e quella luce, a volte fioca, a volte più chiara, se resta accesa sussurra all'orecchio: non avere paura, io sono con te, ritornerai a casa, il dolore sarà vinto. La tempesta sarà sedata, il vento contrario sarà sgridato e così le braccia dell'incontro con chi ci ha preceduto tracceranno nuovi e meravigliosi eventi. Questo, a noi che possediamo le primizie dello Spirito, permette di gridare l'assurdo che allo sprovveduto sembra follia: è tanto il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 25 novembre 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » ven nov 27, 2009 11:00 am


  • Dire il vero al tempo
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«Anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo». (Rom 8,23)

È tanto il bene che mi aspetto che le sofferenze del tempo presente non possono essere paragonate alla gioia futura, bloccate nel tempo fisso del proprio dolore, senza proiettarle verso un futuro di redenzione. Il dolore resta dolore, guai a dimenticarsene. Anche Gesù sul legno della croce ha gridato il suo tormento e dopo la resurrezione a eterna memoria non ha mostrato solo il suo corpo glorioso, ma i segni stampati sulla carne del suo martirio. Il futuro che salva il presente non fugge la verità, anche la più cocente. I piedi piantati ben solidi in terra permettono al credente di dire il vero al tempo, ma lo sguardo proteso dinanzi incide un solco che supera la fissità e la muta in dinamica corsa. Lo Spirito, dono che il Padre e il Figlio hanno posto dentro di noi, smuove le macerie che vorrebbero seppellire l'esistere sotto il pianto, sveste il dominio della rassegnazione e orienta la rivolta: mai più, mai più l'oscurità del dolore muto e sordo, presto un corpo diverso, il nostro corpo redento, risorto con il risuscitato dai morti, perché nella speranza noi siamo stati salvati.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 26 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 30, 2009 11:12 am


  • Come in uno specchio
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«Ora, ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza». (Rom 8,24-25)

Presto arriveremo a casa e le parole del Maestro ci fanno immaginare cosa ci attenderà. Immagine che non è illusione, è visione nel segno, è anticipazione nel sogno. Sappiamo che saremo felici, ne siamo certi, è una felicità così grande, indescrivibile che solo chi l'ha vissuta potrebbe raccontarcela. Ce l'ha raccontata Gesù, provarla per intero è altra cosa. Verrà il giorno in cui faremo la festa definitiva, riabbracceremo i nostri cari e finalmente potremo dire come l'Apostolo: com'è bello stare qui. Oggi vediamo come in uno specchio e questo già ci mette nella condizione di avere il centuplo, ma quando vedremo faccia a faccia il centuplo si moltiplicherà all'infinito e sarà incontenibile il grido di esultanza. Noi speriamo che presto la visione si apra dinanzi ai nostri occhi, sappiamo che speranza è attesa, ma l'attesa cristiana è un'attesa di sicuro avvento. Sperare è insieme attendere, forse impazienti, anzi, certamente impazienti, ma lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza e chi resisterà fino alla fine vedrà il principio del giorno.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 28 novembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun nov 30, 2009 11:13 am


  • Umiltà e coraggio
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«Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza». (Rom 8,26)

Non abbiate paura se lungo il cammino il piede inciampa, non abbiate timore se lungo la strada la fatica obbliga alla sosta. È del viandante l'umiltà del passo e se in giorni di festa si concilia la corsa, in quelli di lutto la tentazione è fermarsi, peggio, tornare indietro. Non abbiate paura se qualche volta vi è sembrato di camminare tanto e a conti fatti restare allo stesso posto, è dell'umano assaporare sconfitte e delusioni, è dell'umano provare le ore del tradimento e della solitudine. A ogni giorno basta la sua pena, ma a ogni giorno serve la carezza dello Spirito che soffia, ora impetuoso a sgridare i rinunciatari, ora leggero a sussurrare conforto, ora baldanzoso a spostare montagne di diniego. La nostra debolezza quantunque abbondante diventa forza nel soffio dello Spirito. Spirito di fortezza e di coraggio, Spirito di scienza e conoscenza, Spirito di sapienza, giustizia e pietà, mai abbandona chi a Lui si rivolge e, fuoco inestinguibile, arde come fiaccola dinanzi ai viandanti della speranza perché non siano vinti dalla notte. Coraggio, piccolo gregge, non vi lascerò da soli, fino alla fine del mondo sentirete il mio alito sul vostro collo.
  • Gennaro Matino, in Avvenire 29 novembre 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mar dic 01, 2009 8:57 am


  • Opera e sigillo
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«Non sono forse libero, io? Non sono forse un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore? Anche se non sono apostolo per altri, almeno per voi lo sono; voi siete nel Signore il sigillo del mio apostolato». (1Cor 9,1-2)

Al termine di una camminata in montagna, giunti alla vetta, ci si ferma a guardare il panorama e il percorso fatto. Anche al termine di un anno dedicato in questi spazi alla meditazione sulle lettere di san Paolo, vogliamo soffermarci, per questo mese, in uno sguardo ricapitolativo del percorso fatto e di alcune delle sue più importanti coordinate di senso. A partire dalla consapevolezza che Paolo ha scritto le sue lettere in quanto apostolo, non nel senso generico di «inviato», ma di beneficiario personale della rivelazione del Signore Risorto nell'evento di Damasco, abilitato per questo al suo annuncio e alla fondazione di comunità di credenti in Lui. La comunità di Corinto, al pari delle altre da lui fondate, è «opera» e «sigillo», ossia contrassegno di autenticazione dell'opera evangelizzatrice dell'apostolo. Tutto ciò avviene «nel Signore» (ripetuto due volte), a indicare come il Signore Risorto garantisca con la sua presenza vigorosa l'opera di Paolo, quale sorgente autentica della sua efficacia.
  • Stefano Romanello, in Avvenire 1 dicembre 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mer dic 02, 2009 3:39 pm


  • Grazia e senso
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«Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto». (1Cor 15,9-11)

Dopo aver ricordato il kerygma, ossia l'annuncio del Cristo morto e risorto (vv.3-5), Paolo sottolinea qui come questo annuncio accomuni lui e gli altri apostoli, pur potendo la loro missione svolgersi in contesti e modalità differenziati. Siamo a contatto con l'evento fondante della nostra fede, trasmesso dalla generazione dei suoi testimoni storici, su cui ogni successiva testimonianza ecclesiale si fonda (DV 8). Come è stato reso partecipe Paolo di tale evento? Per «grazia», per un atto incondizionatamente gratuito, benevolente di Dio, che rivela il Figlio Risorto al persecutore. Ciò comporta uno stravolgimento nel suo sistema di valori; egli capisce che rivelatore definitivo di Dio e della sua volontà è Cristo, e non quelle «tradizioni dei padri» (Gal 1,14) in forza delle quali egli dapprima era persecutore. La portata di questo è tale da rendere subito Paolo annunciatore infaticabile di quell'evento che costituisce il senso stesso della storia dell'umanità.
  • Stefano Romanello, in Avvenire 2 dicembre 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » gio dic 03, 2009 4:25 pm


  • Poi e già ora
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«Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre». (1Cor 15,22-24a)

La resurrezione di Cristo non è limitata alla sua persona, ma riguarda «tutti». Come infatti l'umanità è coinvolta nel destino di morte causato dal suo capostipite, così è resa partecipe della vittoria sulla morte di Colui che è capostipite di un'umanità nuova, primizia che inaugura in sé una pienezza di vita di cui rende partecipi coloro che ha fatto divenire suoi fratelli e sorelle. Questa comprensione della resurrezione come autentica svolta escatologica della storia rende necessariamente Paolo apostolo, annunciatore di una novità che, per sua stessa natura, attiene l'intera vicenda umana e richiede di essere ad essa trasmessa. Se però per Cristo la resurrezione è un fatto compiuto, per noi ciò avverrà con la sua venuta (parousia). La «fine» della storia coincide con la venuta di Cristo, poiché il «poi» che ne introduce la menzione ha senso logico, non temporale. Al momento, però, Cristo regna già sulla storia, esercita su essa una benefica signoria. Noi siamo così in attesa del pieno compimento di quella realtà di vita di cui già da ora siamo resi da lui partecipi.
  • Stefano Romanello, in Avvenire 3 dicembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven dic 04, 2009 4:31 pm


  • Esistenza/trasparenza
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«Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio-». (Rm 1,1)

L'essere apostolo non è stato, per Paolo, un'iniziativa propria. Anzi, essendo lui persecutore, non si preparava affatto a divenirlo! Ciò è dovuto a una chiamata gratuita di Dio, che gli ha rivelato il Figlio risorto costituendolo suo annunciatore tra le genti. Tale chiamata costituisce una sorta di dimensione sorgiva permanente della vita dell'apostolo. Egli si definisce «servo», ossia «schiavo», termine che indica il legame obbligante con il Signore apparsogli sulla via di Damasco. Egli si qualifica così proprietà del suo Signore. Egli non si appartiene più, ma appartiene al suo Signore. A partire dalla seconda metà dell'800, è invalso in un certo indirizzo l'abitudine di qualificare Paolo come «secondo» o «autentico» fondatore del cristianesimo, definizione che riecheggia ancor oggi in certa pubblicistica divulgativa. Si può subito cogliere come essa sia assolutamente impropria per uno che si definisce «schiavo» di Cristo! Paolo non si presenta come fondatore di nulla, né come divulgatore di una qualche speculazione personale. Al contrario, presenta la sua esistenza in una relazione obbedienziale con il suo Signore, rendendo la propria esistenza trasparenza di Colui che è venuto a costituire la sua unica ragione.
  • Stefano Romanello, in Avvenire 4 dicembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » sab dic 05, 2009 8:12 am


  • Il fondamento
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«A vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: "Io sono di Paolo", "Io invece sono di Apollo", "Io invece di Cefa", "E io di Cristo"». (1Cor 1,11-12)

L'apostolo trova il senso della sua esistenza in Cristo, e nel suo stile d'annuncio dovrebbe farlo trasparire. Non succede sempre così se, scrivendo alla comunità di Corinto, Paolo vi individua delle fazioni determinate da un attaccamento esclusivo dei suoi membri a determinati missionari. Questo è plasticamente espresso con il genitivo di appartenenza «io sono di-». Il pericolo praticamente necessario in tale situazione consiste nella competizione reciproca e nelle discordie, vocabolo che ritorna costantemente negli elenchi di vizi. Più radicalmente, nell'offuscare la portata stessa della persona di Cristo, attraverso una sopravvalutazione del suo mediatore umano. Per rispondere a tale situazione, pertanto, Paolo dovrà riporre Cristo ad adeguato fondamento sia della fede dei corinti, sia dello stile missionario degli apostoli, che non devono indurre legami con la propria persona tali da far perdere di vista l'autentico fondamento. È ritrovando tale comun denominatore che verrà riscoperta la motivazione e la forza per superare le divisioni.
  • Stefano Romanello, in Avvenire 5 dicembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » mer dic 09, 2009 9:07 am


  • Diversità non divisioni
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«È forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo?». (1Cor 1,11)

Con brevi e taglienti domande retoriche, Paolo anticipa l'argomentazione seguente, che ripropone la valenza salvifica centrale della persona e dell'opera di Cristo, dalla quale anche gli apostoli dipendono essenzialmente. Determinante la seconda domanda, che ricorda il significato salvifico della croce. La locuzione «per voi» ricorda quella «per i vostri peccati» di 1Cor 15,3, il kerygma che già intende la morte di Cristo quale efficace per il perdono dei peccati. Paolo, in più, "personalizza" tale formula, intendendo la morte di Cristo quale dono fatto ad individui, a loro vantaggio. E tale dono è drammatico: avviene in una croce, supplizio crudelissimo, riservato a schiavi. La resurrezione non annulla lo scandalo della croce, ma lo rende dicibile, poiché la vita che trionfa è quella che si è fatta dono sino all'estremo della spoliazione in croce. I corinti, con queste considerazioni, ritroveranno l'autentica ragione del loro essere chiesa e la motivazione per superare le rivalità. Così dovrebbe essere per ogni comunità cristiana, quando celebra unita la memoria eucaristica della morte e resurrezione del Signore, trovando lì la forza di comunione per rendere le diversità ricchezze reciproche e non divisioni.
  • Stefano Romanello, in Avvenire 6 dicembre 2009
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Messaggio da miriam bolfissimo » mer dic 09, 2009 9:08 am


  • Radicale gratuità
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«...è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio». (1Cor 1,21b-24)

Dio si rivela nel gesto estremo di una morte in croce, non preventivabile dalle categorie umane. Ma proprio lì, dove umanamente si scorge solo impotenza e insensatezza, Dio si manifesta in un radicale gesto di amore per salvare l'umanità. I missionari cristiani annunciano allora «Cristo crocifisso», ove il tempo perfetto del participio indica la perdurante dimensione di significato della croce. Essa non è un «incidente di percorso», cui Dio avrebbe posto rimedio con la resurrezione. È la dimostrazione di un amore che giunge sino a lasciarsi scarnificare, e così diviene offerta di perdono, possibilità di una relazione con Dio che si fonda nella gratuità del suo amore. E se l'amore incondizionato è il contenuto dell'annuncio, anche il suo stile sarà conseguentemente conformato. Sarà animato dalla gratuità radicale, anche se essa può risultare stoltezza per le categorie umane.
  • Stefano Romanello, in Avvenire 8 dicembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » mer dic 09, 2009 9:09 am


  • Basta la croce
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«Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo». (1Cor 1,17)

Sulla base di versetti commentati nei giorni scorsi, si comprende la ragione del profilo ideale dello stile di annuncio qui delineato da Paolo. La «sapienza di parola» è, in realtà, una qualità che egli dimostra nelle sue lettere. Tuttavia non assurge a criterio prioritario, poiché il tal caso immetterebbe l'apostolo e i suoi interlocutori in una dinamica di rilievo delle qualità, di ricerca di prestigio e successo personale, con l'esito di fondare l'adesione di fede di questi su ciò e non sull'efficacia della paradossale manifestazione salvifica nella croce. L'annunciatore del vangelo espone tutta la sua persona al paradosso ivi contenuto, quello della croce. Rivendica la sua veridicità, anche e soprattutto quando è rifiutata dalla logica mondana. L'essere apostolo/annunciatore richiede un'autoimplicazione personale in ciò che si annuncia, un profilo testimoniale. Se invece l'annuncio divenisse preteso per la ricerca di un successo personale, tale condotta costituirebbe una sua smentita di fatto. Il contenuto del vangelo determina lo stile del suo annuncio.
  • Stefano Romanello, in Avvenire 9 dicembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven dic 11, 2009 10:46 am


  • Azione continua
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«Ma che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere». (1Cor 3,5-7)

Ecco tratteggiate le due referenze costitutive dell'apostolo. La prima, fondativa, a monte: quella con Dio, origine dalla sua vocazione. L'apostolo è il suo diakonos, servitore, vive il ministero in una continua dinamica obbedienziale, relaziona necessariamente il suo agire alla volontà di colui che lo ha costituito tale e che deve far trasparire con le sue scelte e la sua vita. La seconda è con la comunità, beneficiaria del suo ministero, grazie al quale giunge alla fede. Un qualsiasi annunciatore cristiano che mettesse al centro la sua persona, dimenticandosi tale suo ruolo strumentale, sarebbe una contraddizione in termini. Da rilevare anche come Dio accompagni continuamente l'opera dei suoi ministri, quando così intesa. Essi sono soggetti responsabili di molte importante azioni, ma è Dio che fa crescere ciò che da loro è iniziato. Ai tempi verbali aoristi, impiegati per le azioni puntuali dei missionari, fa così riscontro il tempo verbale imperfetto «faceva crescere», per indicare l'azione continua da parte di Dio.
  • Stefano Romanello, in Avvenire 10 dicembre 2009
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Messaggio da miriam bolfissimo » ven dic 11, 2009 10:48 am


  • Sapersi difendere
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«Se il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi, o se ricevete uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo. Ora, io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi "superapostoli"!». (2Cor 11,4-5)

Nell'argomentazione su cui ci soffermeremo in questi giorni, Paolo si difende da motivi di discredito sul suo apostolato sollevati da altri missionari, sarcasticamente bollati come «superapostoli». Questi erano sopraggiunti a Corinto con un annuncio evangelico in parte differente dal suo, e lo suffragavano con una pretesa superiorità personale rispetto all'apostolo. La tagliente causticità di queste righe potrebbe indurre nei lettori odierni un certo sospetto. O, al contrario, divenire pretesto per un atteggiamento gratuitamente polemico verso chi, a vario titolo, non condividesse nostre prospettive. In realtà, esse sono motivate dalla cultura del tempo che, in situazioni del genere, richiede che l'accusato sappia difendere la propria credibilità (ethos), per salvaguardare allo stesso tempo quella del suo messaggio. Vale a dire, Paolo non è polemico, bensì testimone. Rivendica la fondatezza del proprio insegnamento attraverso la bontà del proprio comportamento: i due fattori non possono essere disgiunti.
  • Stefano Romanello, in Avvenire 11 dicembre 2009
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