Il Mistero della Santissima Trinità

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Don Armando Maria
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Il Mistero della Santissima Trinità

Messaggio da Don Armando Maria » mar dic 30, 2014 3:52 pm

“ Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e della vita cristiana. È il mistero di Dio in se stesso. È quindi la sorgente di tutti gli altri misteri della fede; è la luce che li illumina. È l'insegnamento fondamentale ed essenziale nella "gerarchia delle verità" di fede.[1] "Tutta la storia della salvezza è la storia del rivelarsi del Dio vero e unico: Padre, Figlio e Spirito Santo, il quale riconcilia e unisce a sé coloro che sono separati dal peccato".[2]

(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 234)


Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore. In tal modo, nelle tre Persone divine, coaeternae sibi et coaequales[3], sovrabbondano e si consumano, nella sovreccellenza e nella gloria proprie dell'Essere increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e sempre "deve essere venerata l'Unità nella Trinità e la Trinità nell'Unità"[3].

(PAOLO VI, Credo del Popolo di Dio, proclamato nell'omelia a conclusione dell'Anno della Fede 1967-68, 30 giugno 1968)


Il termine Trinità indica quanto la rivelazione portata da Cristo ha fatto conoscere del mistero di Dio: in lui, pur essendo Uno e Unico (una sola natura o sostanza divina), sussistono tre persone uguali e distinte.
Le tre persone (o, secondo il linguaggio mutuato dalla tradizione greca, ipostasi), sono conosciute come:
• Dio Padre: l'origine prima della vita trinitaria e il creatore dell'universo;
• il Figlio: generato dal Padre prima della creazione del mondo, è colui per mezzo del quale tutto è stato creato; fatto uomo nel seno della Vergine Maria nella persona di Gesù Cristo, è il redentore degli uomini;
• lo Spirito Santo: procede dal Padre e dal Figlio, ed è inviato dal Padre nel nome di Cristo.
Il termine Trinità è ignoto alla Scrittura e non appartiene al primitivo kerigma, ed è stato coniato alla fine del II secolo a partire dalla radice greca trias, "triade", a cui corrisponde il latino trinitas[4].
Insieme a quello dell'unicità di Dio, quello della Trinità è un dogma fondamentale della religione cristiana, al punto che né la Chiesa Cattolica né le altre Chiese e comunità ecclesiali che professano tale mistero, chiamano cristiani quanti non lo professano.
Nell'Antico Testamento
Nell'Antico Testamento il mistero della Trinità è soltanto prefigurato e non ancora rivelato apertamente, forse per non dare al popolo ebraico, circondato da idolatri, occasione di cadere nel politeismo[5].
Tutto l'Antico Testamento è convinto della vitalità e della pienezza della vita di Dio. Perciò esso parla già dello spirito di Dio per indicare l'interiorità divina e la sua manifestazione quale dono per gli uomini (cfr. Ez 36,27).[6].
La luce della rivelazione del Nuovo Testamento aiuta a intravedere nell'Antico tracce di una distinzione di termini in Dio, specialmente nei Libri Sapienziali:
• nella figura della Sapienza, descritta come assistente e cooperatrice di Dio (cfr. Pr 8,22-31), "uscita dalla bocca dell'Altissimo" (Sir 24,3), "riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell'attività di Dio e immagine della sua bontà" (Sap 7,26); essa prepara la rivelazione della persona del Figlio;
• nei cenni alla Parola-Logos di Dio, divinamente operante (Sap 9,1; Sir 42,15).
Altri testi sono interpretati nel Nuovo Testamento in relazione al Messia-Figlio di Dio:
• Sal 2,7, ripreso in At 13,33; Eb 1,5; 5,5;
• Sal 110[109], ripreso in At 2,34-35; 1Cor 15,25; Eb 5,49; 7,11-21);
• Dn 7,13, ripreso in Mt 24,30; Mc 14,62; Ap 1,7; 14,16.
Altre prefigurazioni con minore consistenza teologica possono essere viste:
• nel plurale maiestatis "facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza" di Gen 1,26;
• nei tre angeli che fanno visita ad Abramo alle querce di Mamre (Gen 18);
• nell'immagine dello Spirito di Dio (cfr. Gen 1,1-2; Is 11,2; Gl 3,1), annuncio della persona dello Spirito Santo.
Nel Nuovo Testamento
La rivelazione vera e propria della Trinità è lo specifico del Nuovo Testamento, il quale annuncia che "il Verbo" si fa "carne" in Gesù di Nazaret (Gv 1,14) e che questi, in qualità di Signore risorto e gloriaglorificato, invia lo Spirito Santo.
Tuttavia nel Nuovo Testamento non trova lo sviluppo di una dottrina teologica della Trinità[6]: esso insegna piuttosto che i discepoli di Gesù vengono inseriti nella vita di Dio attraverso la vita, l'opera, la morte e la risurrezione del Signore, nonché attraverso lo Spirito da lui inviato.
Gesù e il Padre
Il Nuovo Testamento mette in chiaro l'unità e la contemporanea distinzione fra Gesù e suo Padre (Gv 10,30; 14,9): Gesù non è il Padre, ma ha ricevuto completamente se stesso, ivi inclusa la propria figliolanza, da lui. Tale rapporto rispecchia la vita intradivina.
Centro e motore propulsore dell'annuncio di Gesù e della sua prassi è il suo rapporto con Dio come Padre[7], con il quale vive un'intimità di autocomunicazione piena e permanente. Il loghion di Mt 11,25-27, che "risale certamente nella sua sostanza al Gesù pre-pasquale"[7], fa vedere che il cuore dell'esperienza di Gesù è il suo rapporto col Padre.
È fondamentale poi il dato della forma aramaica con cui Gesù si rivolge al Padre, con la parola che i bambini usavano per rivolgersi al loro padre, Abbà (Mc 14,36)[8]. Tale termine dice gratitudine assoluta verso di lui, totale e fiducioso abbandono al suo volere e, insieme, libertà di un rapporto fatto di intima comunione[9].
La relazione di Gesù con il Padre è poi illuminata dai racconti del suo Battesimo (Mc 1,9-11; Mt 3,13-17; Lc 3,21-22; Gv 1,29-34), dai quali traspare che l'opera che egli inizierà da lì a poco con l'inizio della sua predicazione ha la sua radice nell'adesione profonda al volere del Padre, nella linea del Servo del Signore di Isaia (42,1-9; 49,1-7; 50,4-9; 52,13-53,12); da parte sua il Padre lo proclama suo figlio amato (cfr. Gen 22,2), nel quale ha posto la sua compiacenza (cfr. Is 42,1); lo Spirito di Dio, che già aveva consacrato i profeti (cfr. Is 61,1) e che era stato promesso in sovrabbondante pienezza per i tempi messianici (Gl 3,1-2) lo spinge e lo consacra.
Nella sua trasfigurazione (17,1-9; Mc 9,2-10; Lc 9,28-36), Gesù cambia d'aspetto mentre prega, ed è trasfigurato in gloria; nell'orientamento verso la sua passione (cfr. l'esodo di cui parla con Mosè ed Elia in Lc 9,31), una voce, dalla nube, proclama la figliolanza di Gesù.
Mediante la glorificazione pasquale di Gesù i suoi discepoli sono inseriti nella relazione tra Gesù e il Padre attraverso il dono dello Spirito Santo, che è annunciato come portatore misterioso dell'amore tra Padre e Figlio giunto al suo compimento (Gv 7,37-39; 14,1-16,15).
La rivelazione della Persona dello Spirito
Per approfondire, vedi la voce Spirito Santo (Nuovo Testamento).

La Persona dello Spirito Santo è meno definita di quella di Gesù, ma non mancano testi che ne asseriscono la condizione divina: Rm 8,11; 1Cor 3,16 (cfr. Ef 6,19).
In Tt 3,5 si dice che lo Spirito è mandato a noi dal Padre per mezzo del Figlio. La mutua relazione delle tre Persone divine è espressa in Gal 4,4-6.
Le formule trinitarie
Alcuni passi del Nuovo Testamento menzionano in maniera esplicita e in successione le tre persone divine:
• nel comando di Gesù di battezzare tutte le nazioni "nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19), nella quale la presenza della congiunzione "e" fra le tre Persone dà risalto alla loro uguaglianza pur nella loro distinzione reale;
• nel riferimento paolino alle tre persone come fondamento della diversità dei ministeri nella Chiesa, pur nell'unità di Dio (1Cor 12,4-6);
• nella formula di saluto trinitaria che si trova al termine della seconda lettera ai Corinzi (13,13).
Nella vita della Chiesa dei primi secoli
Fin dall'inizio della vita della Chiesa la coscienza trinitaria fu presente in modo esplicito in essa grazie alla realtà del Battesimo, della liturgia in generale e delle orazioni. Si vedano, ad esempio, i Simboli della fede[10] e gli Atti dei Martiri. La professione di fede in Cristo fu subito percepita come inseparabile dalla confessione del mistero intimo di Dio, cioè della sua Paternità. Parlare di Cristo vuol dire affermare che in Dio esistono Paternità e Filiazione.[11]
La riflessione dei primi secoli precisa che Dio è un unico processo vitale; ciò che diciamo Dio può essere solo un'unica qualità, che viene indicata coi nomi di "essenza", "natura", "sostanza". Ma, secondo la rivelazione biblica, l'essenza più intima di Dio è un intreccio fatto di dare, ricevere e essere una cosa sola, che va qualificato come evento dell'amore divino.
La professione della Trinità nella liturgia battesimale
Le prime testimonianze della fede trinitaria richiamano il mistero pasquale e la sua applicazione alla salvezza di ogni uomo nella liturgia battesimale, in conformità al mandato di Gesù stesso in Mt 28,19.
I simboli stessi servivano per il Battesimo, mediante il quale si entrava a far parte della Chiesa. La Didaché (ca. 90-100) afferma che solo coloro che sono stati battezzati possono avvicinarsi alla mensa eucaristica[12], e prescrive per la liturgia battesimale una formula esplicitamente trinitaria, con tre immersioni o con l'effusione di acqua per tre volte sul capo. Il richiamo è alla risurrezione ed alla salvezza operata in Cristo dalla Trinità; nel II secolo è perciò chiaro che il Battesimo debba essere amministrato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo[13]. Anche nei pochi casi in cui nei primi secoli si attesta che il Battesimo veniva amministrato nel nome di Gesù, la professione di fede espressa nel simbolo assicurava la dimensione trinitaria del rito. Lo stesso dicono Giustino († 163-167) e Ireneo († 202). Importante soprattutto la testimonianza di quest'ultimo, che nella Dimostrazione della fede apostolica attribuisce un ruolo specifico ad ogni Persona della Trinità:
« Per questa ragione, la nostra nuova nascita – il Battesimo – ha luogo grazie a questi tre articoli, che ci portano la grazia della nuova nascita in Dio Padre, per mezzo di Dio Figlio nello Spirito Santo. Poiché coloro che portano lo Spirito di Dio sono condotti al Verbo, cioè al Figlio, ma il Figlio li presenta al Padre, ed il Padre dona la incorruttibilità. Così, dunque, senza lo Spirito non è possibile vedere il Figlio di Dio, e senza il Figlio nessuno può avvicinarsi al Padre, in quanto il Figlio è la conoscenza del Padre, e la conoscenza del Figlio avviene mediante lo Spirito Santo. » (n. 7)
Si tratta, dunque, di una dottrina indiscussa nella Chiesa, come è provato dal fatto che Ireneo cita questa dottrina senza ulteriori commenti.
Il nome del Padre, del Figlio e dello Spirito servivano anche per distinguere il battesimo cristiano dagli altri battesimi giudaici.
Le professioni di fede trinitarie
L'esistenza di simboli di fede è attestata già nel Nuovo Testamento (cfr. At 8,37; Rm 10,9; Ef 1,13; 1Tim 6,12; Eb 4,14), e da ciò risulta che essi erano diffusi già nel I secolo. Si tratta di brevi formule liturgiche che servivano anche per la catechesi e per favorire la memorizzazione della dottrina, grazie anche alla struttura a domande e risposte. Come si è visto, esse avevano struttura trinitaria. Sant'Ireneo parla esplicitamente di tre articoli del simbolo, uno per ciascuna Persona[14]. Con Ippolito di Roma († 235) già le domande si sono convertite in un credo completo, con struttura tripartita[15]. A partire da questo momento, le formule si moltiplicano.
Tertulliano († 222) fa appello alla professione di fede nella lotta contro le eresie, autentico giuramento che costituisce con il Battesimo propriamente detto un unico sacramentum fidei:
« A chi si manifesta la verità senza Dio? Chi conosce Dio senza Cristo? Chi vive di Cristo senza lo Spirito? A chi si comunica lo Spirito senza il sacramento della fede? » (De Anima, 1: PL 2, 688.)

Già agli inizi del IV secolo è poi chiaramente testimoniato il Simbolo degli Apostoli.
La professione della Trinità nella liturgia eucaristica
Anche la liturgia eucaristica è legata al mistero trinitario fin da subito. Scrive Giustino:
« Poi, a colui che presiede l'assemblea dei fratelli, si portano un pane e un calice d'acqua e di vino, che questi prende in mano, rendendo gloria e lode al Padre dell'universo, nel nome del Figlio e dello Spirito Santo, e compiendo a lungo un ringraziamento (eucharistian) per questi beni che Lui, per Sua grazia, ci ha donato; quando ha terminato le preghiere e il ringraziamento, tutto il popolo presente acclama, rispondendo: Amen » (Prima Apologia, 65[16])

Lo stesso schema è presente nella Traditio Apostolica (metà del III secolo):
« Ti ringraziamo Signore, per Gesù Cristo tuo Figlio amatissimo, che hai inviato negli ultimi tempi come salvatore, redentore e messaggero della tua volontà, che è il Tuo Verbo inseparabile per mezzo del quale hai creato ogni cosa, che per la tua benevolenza hai inviato dal cielo al seno di una Vergine e che fu concepito e si incarnò e si è manifestato come tuo Figlio, nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Santa [..]. Ti preghiamo che tu faccia scendere il tuo Santo Spirito sul sacrificio della santa Chiesa, che porti all'unità tutti coloro che si comunicano e che li riempia con lo Spirito Santo, per rafforzare la loro fede nella verità. Così ti lodiamo e ti glorifichiamo per tuo Figlio Gesù Cristo. Per Lui ti sia resa gloria ed onore a te, Padre e Figlio, con lo Spirito Santo, nella Chiesa santa, ora e nei secoli dei secoli. Amen. » (n. 4[17])

Si può notare l'epiclesi, cioè l'invocazione allo Spirito Santo perché santifichi i doni, e la dossologia finale.
Il fenomeno è generale: la confessione trinitaria è presente nella liturgia eucaristica perché la dimensione trinitaria è essenziale nella salvezza cristiana e quindi nella vita sacramentale. In quest'ultima è essenziale il ruolo dello Spirito Santo, "donatore della presenza Trinitaria"[18].
Il carattere trinitario dell'orazione cristiana
In generale la dimensione trinitaria è essenziale per tutta l'orazione cristiana, che è in continuità con quella giudaica, ma si differenzia sostanzialmente da essa perché si rivolge al Padre attraverso Cristo, con il quale possiamo essere in comunione per l'azione dello Spirito Santo.
Origene dice che i cristiani assunsero la tradizione giudaica di iniziare ogni orazione con una lode a Dio, che adesso però è la Trinità[19], come appare in maniera evidente nel Segno della Croce.
La dossologia trinitaria nell'inno Phos hilarón
« Gioioso splendor,
della gloria del Padre eterno celeste
santo beato, O Cristo Gesù,
giunti al tramonto e ammirando la luce vespertina,
inneggiamo al Padre ed al Figlio,
e al Santo Spirito Dio.
È giusto lodarti in ogni tempo, con voci sante,
O Figlio di Dio, datore di vita,
per questo il mondo ti dà gloria. »


La dossologia "Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo" diventa comune nel IV secolo nell'ambito della lotta contro l'arianesimo, ma risale al II/III secolo, perché appare nell'inno Phos hilarón appartenente alla liturgia dei vespri orientale:[20]
Presto questa dossologia sarà recitata alla fine di ogni salmo, ed i Padri concluderanno non solo le loro orazioni, ma anche i loro scritti con questa invocazione[21].
La confessione della fede trinitaria investe, così, tutta la vita dell'uomo, segnandone i momenti più importanti, dall'inizio fino al suo compimento, come avviene,significativamente, con l'estrema confessione dei martiri, quando la liturgia si traduce in vita e la vita in liturgia, poiché queste formule suggellano l'estremo sacrificio e la suprema testimonianza dei cristiani. Significative sono le ultime parole di San Policarpo:
« Padre del tuo amato e benedetto Figlio (τοῦ ἀγαπητοῦ καὶ εὐλογητοῦ παιδός σου) Gesù Cristo, per mezzo del quale ti abbiamo conosciuto, Dio degli angeli e delle potestà, ti benedico per avermi ritenuto degno di questo giorno e di questo momento, rendendomi partecipe, nel numero dei martiri, del calice del tuo Cristo per la risurrezione dell'anima e del corpo nella vita eterna e nell'incorruttibilità dello Spirito Santo. Possa io oggi essere accolto fra loro innanzi a te in un sacrificio pingue e gradito, quale tu stesso mi hai preparato e manifestato e porti ora a compimento, Dio verace e leale. Perciò io ti lodo anche per tutte le cose, ti benedico, ti rendo gloria per mezzo dell'eterno gran sacerdote Gesù Cristo tuo Figlio diletto (ἀγαπητοῦ σου παιδός), e per mezzo suo sia gloria a te in unione con Lui nello Spirito Santo ora e sempre nei secoli venturi, Amen. »
(Martirio di Policarpo, 14[22])

L'uso di παῖς, paîs al posto di υἱός, yhiós per indicare Gesù rivela l'antichità del testo, in quanto la letteratura cristiana più antica indicava il Signore con il primo termine, che racchiude in sé sia il significato di servo (l'umanità), che quello di Figlio (divinità). L'aggettivo ἀγαπητός, agapetós equivale poi a indicare Cristo come il Figlio Unigenito.
Gli inizi della riflessione teologica
La riflessione trinitaria dei primi autori ecclesiastici è frutto della loro conversione e della loro fedeltà fino al martirio. Essi mostrarono la profondità della dottrina della creazione e la sua connessione con la dottrina trinitaria attraverso l'approfondimento della categoria del Logos e l'affermazione della libertà di Dio nel creare. A questo scopo si appoggiarono alla filosofia del loro tempo, rettificandola alla luce della Rivelazione.
L'importanza del passaggio dal giudecristianesimo all'ellenismo
I primi sviluppi della dottrina trinitaria avvengono nell'ambito del passaggio dall'ambito giudaico a quello ellenico.
La dottrina cristiana nasce in un contesto semitico: Gesù è ebreo e chiama Abbà il Padre; la sua storia è l'Antico Testamento, i suoi discepoli sono ebrei e si esprimono in un modo tipicamente semita. Il giudeocristianesimo ha un'importanza fondamentale nella storia del pensiero cristiano, essendo il primo anello della catena che dagli eventi di salvezza giunge ai giorni nostri.
I giudeocristiani esprimevano la loro fede cristiana nello schema di pensiero giudaico[23]. Alcune componenti del giudeocristianesimo furono eterodosse, spesso in continuità con movimenti eterodossi del giudaismo stesso: ne sono un esempio gli ebioniti, che consideravano Cristo come il più grande dei profeti, ma non lo confessavano come Dio, perché non riuscivano a conciliare tale visione con il monotesimo. In generale non si può comprendere la teologia del II secolo senza tener presente il giudeocristianesimo[24]
Sul versante opposto, la filosofia greca vedeva Dio come l'ordinatore del cosmo[25]. Nella filosofia greca è presente anche il panteismo, come nel caso degli stoici[26][27]. Nonostante ciò, i risultati ed i concetti elaborati dal pensiero greco furono essenziali per il pensiero cristiano, in quanto fornirono ai primi pensatori cristiani il linguaggio per iniziare la loro opera di comprensione del messaggio rivelato.
I Padri apostolici
Il messaggio fondamentale dei Padri Apostolici è la confessione dell'unico Dio Padre e creatore di tutto l'universo; in tal senso prendono posizione forte contro il politeismo pagano, contro l'emanazionismo gnostico e contro il dualismo marcionita[28]. Per i Padri Apostolici l'affermazione della divinità di Cristo non intacca il monoteismo: il Dio creatore dell'Antico Testamento, il Dio dell'Alleanza, è il Padre di Gesù Cristo. Il fondamento della vita cristiana è "credere che Dio è Uno, che ha creato e stabilito ogni cosa, portandola all'esistenza a partire dalla non esistenza"[29]. Tutta la bellezza dell'universo ha la sua origine nella sapienza e potenza di Dio[30].
Senza speculazione alcuna, ma solo riportando la predicazione cristiana, i Padri Apostolici testimoniano l'iniziativa del Padre, realizzata mediante il Figlio e lo Spirito Santo, per la salvezza dell'uomo. Le affermazioni trinitarie sono inserite nel contesto della storia della salvezza, particolarmente segnato dall'influsso della liturgia, come nel caso di San Clemente di Roma e Sant'Ignazio di Antiochia. L'Antico Testamento è letto alla luce dell'affermazione della Filiazione divina di Cristo, come nel seguente testo di Clemente: "Di suo Figlio disse il Signore: Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato (Sal 2,7)"[31]. Abbiamo un solo Dio, ed un solo Cristo ed un solo Spirito di grazia, effusi su di noi in modo tale che siamo partecipi della vita intima del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo[32].
Sant'Ignazio di Antiochia ricorre ad espressioni simili, riprendendo la teologia giovannea del Verbo: "Non c'è che un unico Dio che si è manifestato in Gesù Cristo, suo Figlio che è il suo Verbo, uscito dal silenzio, che in ogni cosa è stato di compiacimento a Colui che lo ha inviato"[33].
Infine, lo Spirito Santo è presentato nella sua relazione con la Chiesa: "Voi siete pietre del tempio del Padre preparate per la costruzione di Dio Padre, elevate con l'argano di Gesù Cristo che è la croce, usando come corda lo Spirito Santo."[34] In generale, il luogo privilegiato per la considerazione della teologia trinitaria nei Padri Apostolici è la Chiesa, che in numerosi testi appare come amata dal Padre, edificata dal Figlio e vivificata dallo Spirito[35].
Gesù e la Mamma Celeste vi amano assai e vi benedicono; e anche io, nel loro Santissimo Amore vi voglio bene e vi benedico per intercessione del Cuore Immacolato di Maria: nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Don Armando Maria

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